FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 36
ottobre/dicembre 2014

Mare

 

IN MEMORIA DI KAJETAN KOVIČ

di Alessio Brandolini e Jolka Milič




(Kajetan Kovič, foto di Tone Stojko)


IL VERO NOME DELLE COSE
di Alessio Brandolini

Il 7 novembre 2014, dopo una lunga malattia, č deceduto Kajetan Kovič: poeta, romanziere, scrittore per l’infanzia, traduttore e caporedattore della casa editrice DZS, nato nel 1931 a Maribor, in Slovenia. Studia a Ljubljana dove nel 1956 si laurea in Letteratura comparata e teoria letteraria. Soggiorna, per ragioni di studio, a Parigi e a Praga. Il suo esordio come poeta risale al 1953 e avviene nel lavoro collettivo Pesmi štirih (Poesie dei quattro), insieme a Ciril Zlobec, Janez Menart e Tone Pavček. Il libro fu, nel dopoguerra, la prima raccolta intimistica e segnň il netto distacco dalla corrente imposta dal regime per celebrare i valori del realismo sociale.

Kovič č autore di otto libri in prosa, di cui quattro sono romanzi, di un libro di racconti, di una decina di libri per l’infanzia, di un libro di saggi sulla poesia slovena e di una ventina di raccolte di poesia, tra le quali segnaliamo: Prezgodnji dan (Giorno prematuro), 1956; Korenine vetra (Radici del vento), 1961; Ogenjvoda (Fuocoacqua), 1965; Vetrnice (Anemoni), 1970; Pesmi (Poesie), 1973; Labrador, 1976; Pesmi (Poesie), 1981; Dežele (Regioni), 1988; Poletje (Estate), 1990; Letni časi (Le stagioni), 1992; Sibirski ciklus (Ciclo siberiano), 1992; Lovec (Il cacciatore), 1993; Glas (La voce), 1998; Vrt (Il giardino), 2001; Kalejdoskop (Caleidoscopio), 2001; Pesmi (Poesie), nella collana libri in miniatura, 2003; Zlate ure (Ore dorate), 2006; Vse poti so (Tutte le strade sono), 2009, edizione antologica con testi inediti; Orfejeva nostalgija (La nostalgia di Orfeo), 2012.
Nella nuova e ultima raccolta Labrador, edita dalla Mladinska knjiga, Ljubljana 2014, ci sono 18 poesie aggiunte alla prima edizione del libro apparsa nel 1976, tra le quali talune inedite o pubblicate solo su qualche rivista (anche italiana).
Gli sono stati assegnati premi letterari di grande prestigio ed č stato tradotto in tantissime lingue. Nel 1999 la casa editrice Campanotto di Udine ha pubblicato la raccolta Le ore di sambuco (Bezgove ure), con testo a fronte, a cura di Jolka Milič. Nel 2000 la Hefti di Milano ha pubblicato il romanzo breve Il professore di immaginazione (Profesor domišljije), tradotto da Tomo Jurca e Paolo Bellotto.

Fili d’aquilone, nel numero 9 – gennaio/marzo 2008, ha pubblicato un’ampia scelta di sue poesie a cura di Jolka Milič, contribuendo a far conoscere il grande poeta sloveno in Italia. Quei testi mi avevano colpito molto, da subito, man mano che Jolka mi inviava i testi da lei tradotti, e piů volte avevamo parlato della possibilitŕ di pubblicare un’antologia in Italia e di presentarla, successivamente, a Roma. La malattia ha impedito la realizzazione di quel progetto ma faremo di tutto per proseguire in quella direzione. Il mio libro Nello sguardo del lupo (2014) č anche un omaggio alla poesia di Kovič e si apre, in epigrafe, con i suoi versi: “Devi essere aperto / come una ferita, / perché il vero nome delle cose / č nascosto”. Versi che poi si ripresentano all’interno del libro, come un dialogo con il grande poeta sloveno.

Kovič si č dedicato molto, e con successo, alla letteratura per l’infanzia e nel numero 10 della nostra rivista avevamo pubblicato la traduzione del famoso libretto Maček Muri – Il gatto Muri, tradotto da Jolka Milič e illustrato da Jelka Reichman (Editoriale Stampa Triestina), Trieste, 2010.





SETTE POESIE DI KAJETAN KOVIč
Scelte e tradotte da Jolka Milič


SAM

Zapiram vrata za seboj,
zapiram vrata
za mesecem, za zvezdami, za cvetjem,
zapiram vrata pticam,
vrata travam,
sam
kakor pelin
cvetem svojo žalost,
sam kakor morje
kličem žerjave hrepenenja,
sam kakor veter
pojem psalme smrti in ljubezni,
zapiram vrata,
zapiram vrata z ranjenimi usti,
z rokami prebodenimi do duše.


SOLO

Chiudo la porta alle mie spalle,
chiudo la porta
alla luna, alle stelle, ai fiori,
chiudo la porta agli uccelli,
la porta alle erbe,
solo
come l’assenzio
fiorisco la tristezza,
solo come il mare
chiamo le gru del desiderio,
solo come il vento
canto salmi di morte e d’amore,
chiudo la porta,
chiudo la porta con la bocca ferita,
con le mani trafitte fino all’anima.


VODA ŽIVLJENJA

Pride in trka
najprej tiho kot dež zgodaj zjutraj
na okna bifejev
kjer pijejo delavci hitre čaje
pride iz mlačnega zraka
iz steklene jeseni
z okusom po cvetni gori
in volčji nasladi
in se dotakne rok in nog
in kože po celem telesu
pride z omotico mlinov na veter
vijakov
in močnih motorjev
v nori
dinamični dan
v belo srce sveta
pride in reče:
jaz sem voda življenja
kam tečem
kam tečem


L’ACQUA DELLA VITA

Viene e batte
dapprima sommessa come la pioggia mattutina
sui vetri dei buffet
dove gli operai bevono tč frettolosi
viene dall’aria tiepida
dal vitreo autunno
con il gusto di una montagna in fiore
e di aviditŕ lupina
e sfiora le braccia e le gambe
e la pelle di tutto il corpo
viene con la vertigine dei mulini a vento
di eliche
e di potenti motori
nel pazzo
dinamico giorno
nel bianco cuore del mondo
viene e dice:
io sono l’acqua della vita
dove corro
dove corro


V MOJEM BIFEJU

Bodo vedeli v mojem bifeju,
ko bom umrl?
Bodo tisti večer
spili kozarec več
in bodo zato
bolj srečno otožni?
Bodo čutili
(ne da bi vedeli za izrek)
media vita in morte sumus
in jim bo šel sladek srh
po životu,
ker so še živi?
Bodo vedeli, da sem bil
eden od tistih,
ki so,
ne le za šankom,
dolgo strmeli
v lepe darove življenja?
Bodo vedeli,
kar sem jaz vedel o vinu,
ne o stotih kozarcih,
ampak o enem samem,
bodo vedeli,
kar sem jaz vedel o ženskah,
ne o neštetih,
ampak o njej,
ki je,
svetloba v avgustu,
padala v mojo kri,
ko sem slonel
za šankom tega bifeja,
ki bi brez njene
v duhu lebdeče podobe
bil le zavržen moški brlog.


NEL MIO BAR

Quando morirň
verranno a saperlo nel mio bar?
Quella sera si scoleranno
qualche bicchiere in piů
diventando perciň
piů allegramente tristi?
Avranno la sensazione che
(senza conoscere la massima)
media vita in morte sumus
e si sentiranno pervadere
da un dolce brivido
essendo ancora vivi?
Sapranno che ero
uno di quelli
che,
non solo al banco,
si estasiavano alla vista
dei bei doni della vita?
Sapranno
quello che io sapevo del vino,
non riguardo a cento bicchieri
bensě a uno solo,
sapranno
ciň che io sapevo delle donne,
non delle donne in genere,
ma di lei
che
come la luce d’agosto
filtrava nel mio sangue
mentre stavo appoggiato
al banco di questo bar
che senza la sua fluttuante
immagine sarebbe nel mio spirito
una sordida tana per soli uomini.


DEŽ

Pada
novembrski dež
skoz zadnje rumene liste,
obilno,
šumeče,
po deblih lije,
po cestnih svetilkah,
po obraslih zidovih,
bogat
kot snubec babjega leta,
ki je preskočilo oktober,
nezavrnljiv,
sebe poln, darežljiv,
neotežen, širok,
skoraj glasba,
zagotovo pa godba,
poslušam ga
skoz odprta balkonska vrata,
sam se zdim kakor on,
poln vesolja
in hkrati ves zemeljski,
kostanj si pečem,
mošt si natakam,
te verze pišem,
ah, pa ne vem,
zakaj se nenadoma
ritem bijočih kapelj
iz povabila na ples
prelevi v žalostinko.


LA PIOGGIA*

Cade
a dirotto
la pioggia di novembre,
scrosciando
attraverso le ultime foglie gialle,
č torrenziale sui fusti,
sui lampioni stradali,
sui muri ricoperti di verde,
ricca
come un’amante dell’estate di san Martino
che ha saltato ottobre,
irriducibile,
piena di se stessa, generosa,
priva di malinconia, larga,
quasi musica,
ma certamente sonora e melodiosa,
l’ascolto dalla porta aperta del balcone,
mi sembra anzi di assomigliarle,
cosě cosmica
e assieme totalmente terrena,
mi sto arrostendo le castagne,
mi verso il mosto,
scrivo questi versi,
ah, non so proprio
perché all’improvviso
il ritmico battere delle gocce
si trasforma da invito alla danza
in un funereo canto.

* In sloveno la pioggia - dež - č di genere maschile.


VRT

Nešteto drevje
nam šumi,
Nešteto cvetje
nam cveti,
nešteta ptica
nas pozna,
v nešteto krajih
smo doma,
žival nešteta
z nami grę,
nešteta voda
se odpre
in kaplje
iz neštetih let
sestavijo
edini svet,
ta nepopisni,
celi vrt,
ki v njem odraščamo
za smrt.


IL GIARDINO

Molti alberi per noi
stormiscono,
molti fiori per noi
fioriscono,
molti uccelli
ci conoscono,
molti luoghi
ci accolgono,
molti animali
ci accompagnano,
molte acque per noi
si aprono
e le gocce
di innumerevoli anni
formano
un unico mondo,
questo indescrivibile
e intero giardino
nel quale maturiamo
per la morte.


JUŽNI OTOK

Je južni otok. Je.
Daleč v neznanem morju
je pika na obzorju.
Je lisa iz megle.

Med svitom in temo
iz bele vode vzhaja.
In neizmerno traja.
In v hipu gre na dno.

In morje od slasti
je težko in pijano.
In sol zatiska rano.
In slutnja, da ga ni.

Da so na temnem dnu
samo zasute školjke
in veje grenke oljke
in zibanje mahu.

A voda se odpre
in močna zvezda vzide
in nova ladja pride
in južni otok je.


L’ISOLA DEL SUD

Esiste l’isola del sud. Esiste.
Lontano in un mare ignoto
č un punto all’orizzonte.
Č una macchia di nebbia.

Tra aurora e crepuscolo
affiora dalle bianche acque.
E dura un’immensitŕ.
E in un istante affonda.

E il mare č pesante
ed ebbro di voluttŕ.
E il sale chiude la ferita.
E l’impressione che non esista.

Che nel buio abisso ci siano
solo conchiglie sepolte
e i rami dell’amaro ulivo
e l’ondeggiar del muschio.

Ma l’acqua si apre
e sorge un’enorme stella
e arriva una nuova nave
e l’isola del sud esiste.


MON PČRE

Mon pčre,
ne vem, zakaj te tako nagovarjam,
nisi govoril francosko,
a to bi najbrž razumel,
mogoče ti rečem po tuje
zaradi distance,
ljubila sva se lahko
edino tako:
ne preblizu.
Sedela sva
v starih gostilnah,
pila sva rizling
ali šipon
ali sploh
kakšno kislo vino
in govorila
zelo vsakdanje stvari.
Življenje je stalo
za vrati
v varni razdalji.
Zdelo se je
presilno,
da bi mu dala
ime.
Bala sva se,
mon pčre,
prevelikih besed.
Zdaj si samo še
slika na steni
in grob
na lepem pokopališču.
Prižgem ti luč,
prinesem ti rože.
Ne tebi,
tvojim kostem.
Tóliko stvari
ti rečem.
A molčiš.
Samo tvoja plošča je.
Z datumi.
Od - do.
Moj bog,
kaj vse sinovi
zdaj govorijo očetom.
Živim in mrtvim.
Mon pčre,
nobeden ni bil
kakor ti.
Tako sam,
tako moj,
tako oče,
zgubljen na tem svetu
kot jaz.


MON PČRE

Mon pčre,
non so perché ti chiamo cosě,
non parlavi francese,
ma probabilmente l’avresti capito,
forse mi esprimo in lingua straniera
per ritegno,
riuscivamo ad amarci
soltanto cosě:
non troppo da vicino.
Sedevamo
in vecchie osterie
a bere il riesling
o lo šipon *
o piů spesso
qualche vinello acre,
parlavamo
del piů e del meno
e la vita se ne stava
dietro la porta,
a debita distanza.
Ci pareva
troppo impetuosa
per darle
un nome.
Le parole troppo grandi,
mon pčre,
ci facevano paura.
Adesso sei solamente
una foto alla parete
e una tomba
in un bel cimitero.
Ti accendo un lumino,
ti porto dei fiori.
Non a te,
alle tue ossa.
Ti racconto
tante cose.
Ma tu taci.
C’č solo la tua lapide.
Con le date.
Dal - al.
Dio mio,
cosa non dicono i figli
oggigiorno ai padri.
A quelli vivi e ai morti.
Mon pčre,
nessuno era stato
come te.
Cosě solo,
cosě mio,
cosě padre,
sperduto in questo mondo
come me.

* Šipon (si pronuncia scipňn) č una qualitŕ di vino
bianco della Stiria, simile al tokaj ungherese.




La copertina di Labrador e una pagina interna con un autografo dell'autore.


Le poesie selezionate sono state scelte dalle raccolte poetiche:

  • SAM – SOLO, da Korenine vetra / Radici del vento, ed. CZ Ljubljana 1961
  • VODA ŽIVLJENJA – L’ACQUA DELLA VITA e JUŽNI OTOK – L’ISOLA DEL SUD da Labrador, ed. CZ Ljubljana 1976
  • V MOJEM BIFEJU – NEL MIO BAR e MON PČRE da Poletje / Estate, ed. Obzorja Maribor 1990
  • VRT – IL GIARDINO da Vrt / Il giardino, ed. MK Ljubljana, 2001
  • DEŽ – LA PIOGGIA dalla raccolta Le ore di sambuco / Bezgove ure, ed. Campanotto, Pasian di Prato (UD), 1999. Una sua variante in sloveno si trova nella seconda edizione di Labrador - e cioč nel ciclo aggiunto Pellegrinaggio - edito dalla MK qualche mese prima della morte del poeta, Ljubljana 2014.



alexbrando@libero.it
jolka.milic@siol.net