(Kajetan Kovič, foto di Tone Stojko)
IL VERO NOME DELLE COSE
di Alessio Brandolini
Il 7 novembre 2014, dopo una lunga malattia, č deceduto Kajetan Kovič: poeta, romanziere, scrittore per l’infanzia, traduttore e caporedattore della casa editrice DZS, nato nel 1931 a Maribor, in Slovenia. Studia a Ljubljana dove nel 1956 si laurea in Letteratura comparata e teoria letteraria. Soggiorna, per ragioni di studio, a Parigi e a Praga. Il suo esordio come poeta risale al 1953 e avviene nel lavoro collettivo Pesmi štirih (Poesie dei quattro), insieme a Ciril Zlobec, Janez Menart e Tone Pavček. Il libro fu, nel dopoguerra, la prima raccolta intimistica e segnň il netto distacco dalla corrente imposta dal regime per celebrare i valori del realismo sociale.
Kovič č autore di otto libri in prosa, di cui quattro sono romanzi, di un libro di racconti, di una decina di libri per l’infanzia, di un libro di saggi sulla poesia slovena e di una ventina di raccolte di poesia, tra le quali segnaliamo: Prezgodnji dan (Giorno prematuro), 1956; Korenine vetra (Radici del vento), 1961; Ogenjvoda (Fuocoacqua), 1965; Vetrnice (Anemoni), 1970; Pesmi (Poesie), 1973; Labrador, 1976; Pesmi (Poesie), 1981; Dežele (Regioni), 1988; Poletje (Estate), 1990; Letni časi (Le stagioni), 1992; Sibirski ciklus (Ciclo siberiano), 1992; Lovec (Il cacciatore), 1993; Glas (La voce), 1998; Vrt (Il giardino), 2001; Kalejdoskop (Caleidoscopio), 2001; Pesmi (Poesie), nella collana libri in miniatura, 2003; Zlate ure (Ore dorate), 2006; Vse poti so (Tutte le strade sono), 2009, edizione antologica con testi inediti; Orfejeva nostalgija (La nostalgia di Orfeo), 2012.
Nella nuova e ultima raccolta Labrador, edita dalla Mladinska knjiga, Ljubljana 2014, ci sono 18 poesie aggiunte alla prima edizione del libro apparsa nel 1976, tra le quali talune inedite o pubblicate solo su qualche rivista (anche italiana).
Gli sono stati assegnati premi letterari di grande prestigio ed č stato tradotto in tantissime lingue. Nel 1999 la casa editrice Campanotto di Udine ha pubblicato la raccolta Le ore di sambuco (Bezgove ure), con testo a fronte, a cura di Jolka Milič. Nel 2000 la Hefti di Milano ha pubblicato il romanzo breve Il professore di immaginazione (Profesor domišljije), tradotto da Tomo Jurca e Paolo Bellotto.
Fili d’aquilone, nel numero 9 – gennaio/marzo 2008, ha pubblicato un’ampia scelta di sue poesie a cura di Jolka Milič, contribuendo a far conoscere il grande poeta sloveno in Italia. Quei testi mi avevano colpito molto, da subito, man mano che Jolka mi inviava i testi da lei tradotti, e piů volte avevamo parlato della possibilitŕ di pubblicare un’antologia in Italia e di presentarla, successivamente, a Roma. La malattia ha impedito la realizzazione di quel progetto ma faremo di tutto per proseguire in quella direzione. Il mio libro Nello sguardo del lupo (2014) č anche un omaggio alla poesia di Kovič e si apre, in epigrafe, con i suoi versi: “Devi essere aperto / come una ferita, / perché il vero nome delle cose / č nascosto”. Versi che poi si ripresentano all’interno del libro, come un dialogo con il grande poeta sloveno.
Kovič si č dedicato molto, e con successo, alla letteratura per l’infanzia e nel numero 10 della nostra rivista avevamo pubblicato la traduzione del famoso libretto Maček Muri – Il gatto Muri, tradotto da Jolka Milič e illustrato da Jelka Reichman (Editoriale Stampa Triestina), Trieste, 2010.
SETTE POESIE DI KAJETAN KOVIč Scelte e tradotte da Jolka Milič
SAM
Zapiram vrata za seboj, zapiram vrata za mesecem, za zvezdami, za cvetjem, zapiram vrata pticam, vrata travam, sam kakor pelin cvetem svojo žalost, sam kakor morje kličem žerjave hrepenenja, sam kakor veter pojem psalme smrti in ljubezni, zapiram vrata, zapiram vrata z ranjenimi usti, z rokami prebodenimi do duše.
SOLO
Chiudo la porta alle mie spalle, chiudo la porta alla luna, alle stelle, ai fiori, chiudo la porta agli uccelli, la porta alle erbe, solo come l’assenzio fiorisco la tristezza, solo come il mare chiamo le gru del desiderio, solo come il vento canto salmi di morte e d’amore, chiudo la porta, chiudo la porta con la bocca ferita, con le mani trafitte fino all’anima.
VODA ŽIVLJENJA
Pride in trka najprej tiho kot dež zgodaj zjutraj na okna bifejev kjer pijejo delavci hitre čaje pride iz mlačnega zraka iz steklene jeseni z okusom po cvetni gori in volčji nasladi in se dotakne rok in nog in kože po celem telesu pride z omotico mlinov na veter vijakov in močnih motorjev v nori dinamični dan v belo srce sveta pride in reče: jaz sem voda življenja kam tečem kam tečem
L’ACQUA DELLA VITA
Viene e batte dapprima sommessa come la pioggia mattutina sui vetri dei buffet dove gli operai bevono tč frettolosi viene dall’aria tiepida dal vitreo autunno con il gusto di una montagna in fiore e di aviditŕ lupina e sfiora le braccia e le gambe e la pelle di tutto il corpo viene con la vertigine dei mulini a vento di eliche e di potenti motori nel pazzo dinamico giorno nel bianco cuore del mondo viene e dice: io sono l’acqua della vita dove corro dove corro
V MOJEM BIFEJU
Bodo vedeli v mojem bifeju, ko bom umrl? Bodo tisti večer spili kozarec več in bodo zato bolj srečno otožni? Bodo čutili (ne da bi vedeli za izrek) media vita in morte sumus in jim bo šel sladek srh po životu, ker so še živi? Bodo vedeli, da sem bil eden od tistih, ki so, ne le za šankom, dolgo strmeli v lepe darove življenja? Bodo vedeli, kar sem jaz vedel o vinu, ne o stotih kozarcih, ampak o enem samem, bodo vedeli, kar sem jaz vedel o ženskah, ne o neštetih, ampak o njej, ki je, svetloba v avgustu, padala v mojo kri, ko sem slonel za šankom tega bifeja, ki bi brez njene v duhu lebdeče podobe bil le zavržen moški brlog.
NEL MIO BAR
Quando morirň verranno a saperlo nel mio bar? Quella sera si scoleranno qualche bicchiere in piů diventando perciň piů allegramente tristi? Avranno la sensazione che (senza conoscere la massima) media vita in morte sumus e si sentiranno pervadere da un dolce brivido essendo ancora vivi? Sapranno che ero uno di quelli che, non solo al banco, si estasiavano alla vista dei bei doni della vita? Sapranno quello che io sapevo del vino, non riguardo a cento bicchieri bensě a uno solo, sapranno ciň che io sapevo delle donne, non delle donne in genere, ma di lei che come la luce d’agosto filtrava nel mio sangue mentre stavo appoggiato al banco di questo bar che senza la sua fluttuante immagine sarebbe nel mio spirito una sordida tana per soli uomini.
DEŽ
Pada novembrski dež skoz zadnje rumene liste, obilno, šumeče, po deblih lije, po cestnih svetilkah, po obraslih zidovih, bogat kot snubec babjega leta, ki je preskočilo oktober, nezavrnljiv, sebe poln, darežljiv, neotežen, širok, skoraj glasba, zagotovo pa godba, poslušam ga skoz odprta balkonska vrata, sam se zdim kakor on, poln vesolja in hkrati ves zemeljski, kostanj si pečem, mošt si natakam, te verze pišem, ah, pa ne vem, zakaj se nenadoma ritem bijočih kapelj iz povabila na ples prelevi v žalostinko.
LA PIOGGIA*
Cade a dirotto la pioggia di novembre, scrosciando attraverso le ultime foglie gialle, č torrenziale sui fusti, sui lampioni stradali, sui muri ricoperti di verde, ricca come un’amante dell’estate di san Martino che ha saltato ottobre, irriducibile, piena di se stessa, generosa, priva di malinconia, larga, quasi musica, ma certamente sonora e melodiosa, l’ascolto dalla porta aperta del balcone, mi sembra anzi di assomigliarle, cosě cosmica e assieme totalmente terrena, mi sto arrostendo le castagne, mi verso il mosto, scrivo questi versi, ah, non so proprio perché all’improvviso il ritmico battere delle gocce si trasforma da invito alla danza in un funereo canto.
* In sloveno la pioggia - dež - č di genere maschile.
VRT
Nešteto drevje nam šumi, Nešteto cvetje nam cveti, nešteta ptica nas pozna, v nešteto krajih smo doma, žival nešteta z nami grę, nešteta voda se odpre in kaplje iz neštetih let sestavijo edini svet, ta nepopisni, celi vrt, ki v njem odraščamo za smrt.
IL GIARDINO
Molti alberi per noi stormiscono, molti fiori per noi fioriscono, molti uccelli ci conoscono, molti luoghi ci accolgono, molti animali ci accompagnano, molte acque per noi si aprono e le gocce di innumerevoli anni formano un unico mondo, questo indescrivibile e intero giardino nel quale maturiamo per la morte.
JUŽNI OTOK
Je južni otok. Je. Daleč v neznanem morju je pika na obzorju. Je lisa iz megle. Med svitom in temo iz bele vode vzhaja. In neizmerno traja. In v hipu gre na dno. In morje od slasti je težko in pijano. In sol zatiska rano. In slutnja, da ga ni. Da so na temnem dnu samo zasute školjke in veje grenke oljke in zibanje mahu. A voda se odpre in močna zvezda vzide in nova ladja pride in južni otok je.
L’ISOLA DEL SUD
Esiste l’isola del sud. Esiste. Lontano in un mare ignoto č un punto all’orizzonte. Č una macchia di nebbia. Tra aurora e crepuscolo affiora dalle bianche acque. E dura un’immensitŕ. E in un istante affonda. E il mare č pesante ed ebbro di voluttŕ. E il sale chiude la ferita. E l’impressione che non esista. Che nel buio abisso ci siano solo conchiglie sepolte e i rami dell’amaro ulivo e l’ondeggiar del muschio. Ma l’acqua si apre e sorge un’enorme stella e arriva una nuova nave e l’isola del sud esiste.
MON PČRE
Mon pčre, ne vem, zakaj te tako nagovarjam, nisi govoril francosko, a to bi najbrž razumel, mogoče ti rečem po tuje zaradi distance, ljubila sva se lahko edino tako: ne preblizu. Sedela sva v starih gostilnah, pila sva rizling ali šipon ali sploh kakšno kislo vino in govorila zelo vsakdanje stvari. Življenje je stalo za vrati v varni razdalji. Zdelo se je presilno, da bi mu dala ime. Bala sva se, mon pčre, prevelikih besed. Zdaj si samo še slika na steni in grob na lepem pokopališču. Prižgem ti luč, prinesem ti rože. Ne tebi, tvojim kostem. Tóliko stvari ti rečem. A molčiš. Samo tvoja plošča je. Z datumi. Od - do. Moj bog, kaj vse sinovi zdaj govorijo očetom. Živim in mrtvim. Mon pčre, nobeden ni bil kakor ti. Tako sam, tako moj, tako oče, zgubljen na tem svetu kot jaz.
MON PČRE
Mon pčre, non so perché ti chiamo cosě, non parlavi francese, ma probabilmente l’avresti capito, forse mi esprimo in lingua straniera per ritegno, riuscivamo ad amarci soltanto cosě: non troppo da vicino. Sedevamo in vecchie osterie a bere il riesling o lo šipon * o piů spesso qualche vinello acre, parlavamo del piů e del meno e la vita se ne stava dietro la porta, a debita distanza. Ci pareva troppo impetuosa per darle un nome. Le parole troppo grandi, mon pčre, ci facevano paura. Adesso sei solamente una foto alla parete e una tomba in un bel cimitero. Ti accendo un lumino, ti porto dei fiori. Non a te, alle tue ossa. Ti racconto tante cose. Ma tu taci. C’č solo la tua lapide. Con le date. Dal - al. Dio mio, cosa non dicono i figli oggigiorno ai padri. A quelli vivi e ai morti. Mon pčre, nessuno era stato come te. Cosě solo, cosě mio, cosě padre, sperduto in questo mondo come me.
* Šipon (si pronuncia scipňn) č una qualitŕ di vino bianco della Stiria, simile al tokaj ungherese.
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La copertina di Labrador e una pagina interna con un autografo dell'autore.
Le poesie selezionate sono state scelte dalle raccolte poetiche:
- SAM – SOLO, da Korenine vetra / Radici del vento, ed. CZ Ljubljana 1961
- VODA ŽIVLJENJA – L’ACQUA DELLA VITA e JUŽNI OTOK – L’ISOLA DEL SUD da Labrador, ed. CZ Ljubljana 1976
- V MOJEM BIFEJU – NEL MIO BAR e MON PČRE da Poletje / Estate, ed. Obzorja Maribor 1990
- VRT – IL GIARDINO da Vrt / Il giardino, ed. MK Ljubljana, 2001
- DEŽ – LA PIOGGIA dalla raccolta Le ore di sambuco / Bezgove ure, ed. Campanotto, Pasian di Prato (UD), 1999. Una sua variante in sloveno si trova nella seconda edizione di Labrador - e cioč nel ciclo aggiunto Pellegrinaggio - edito dalla MK qualche mese prima della morte del poeta, Ljubljana 2014.
alexbrando@libero.it jolka.milic@siol.net
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