Marina era accanto a lei e le sorrideva timidamente. “hai voglia di uscire con me? Ti mostrerò il paese.”
“Volentieri, andiamo.” Probabilmente era stata Maria a suggerirglielo, ma non aveva importanza, pensò Fiammetta.
Camminarono affiancate e silenziose per un po’ di tempo; nella lucentezza del primo pomeriggio le casette colorate sembravano giocattoli abbandonati, tanto le viuzze erano deserte e silenziose. Il paese di giorno aveva un aspetto più rassicurante, così diverso da quello notturno, o forse era stata solo la paura a non farglielo sembrare tale.
“Non so ancora come ti chiami”, chiese ad un tratto Marina, sedendo in un angolo ombreggiato.
“È vero, io sono Fiammetta… tu invece sei Marina, me lo ha detto la tua mamma.”
“Maria non è mia madre”, la corresse sottovoce Marina con un sospiro. “Arrivò in pese tre anni fa, me lo ricordo bene perché indossava i pantaloni come un uomo e aveva una valigia piena di libri. Girava nei vicoli per ore, si fermava a fissare il mare dall’alto dello strapiombo o dall’angiporto… sai, lo chiamano la Porta Rossa. Maria ti racconterebbe volentieri perché, sa tante cose. Le sapeva fin da allora, perché leggeva sempre, e se non aveva in mano un libro, disegnava tutto ciò che vedeva in un grosso album. Quando potevo, la seguivo per guardare da vicino che cosa facesse e lei un giorno se ne accorse, e mi chiamò accanto. Restammo insieme a lungo e parlammo, poi mi accompagnò a casa, ma non volle entrare. La mamma ci aveva vedute dalla finestra e appena Maria se ne fu andata, mi rimproverò. Anche lei non si fidava della ‘forestiera’, come tutti la chiamavano in paese, invece a me piaceva e diventammo amiche. Mi raccontò che non aveva più parenti ed era partita dalla sua città per studiare e vedere cose nuove… spesso se ne andava per settimane e poi tornava, così tutti si abituarono alla sua presenza e cominciarono a salutarla e a parlarle, perché avevano capito che non c’era nulla da temere. Poi capitò tutto all’improvviso, l’anno scorso… la mamma era incinta e fu presa dalle doglie in una notte di maltempo, mio padre era in mare con gli altri uomini. Io non sapevo che cosa fare, così andai a chiamare Maria e la portai a casa, mentre un ragazzo del vicinato correva a Riomaggiore dalla levatrice.
Entrambe si presero cura della mamma, ma il parto fu difficile e mia madre stava male: la levatrice ci disse che cosa dovevamo fare e dovette lasciarci, aveva un’altra partoriente a Corniglia… benché seguissimo con attenzione le sue indicazioni, vedemmo ben presto che la mamma peggiorava, così Maria mandò il ragazzo a cercare un dottore, nei paesi vicini. Non riuscì a trovarlo, ma quando tornò ad avvertirci era oramai troppo tardi… mia madre era morta all’alba. In paese si sentivano urla e pianti, Maria mi mandò di sopra con i bambini e poi uscì a vedere. I pescatori erano tornati e raccontavano piangendo della terribile tempesta che aveva investito le loro imbarcazioni, trascinandone molte a fondo insieme con i loro equipaggi… tra di esse vi era anche quella di mio padre. Quando Maria tornò, sapevamo già tutto; non aggiunse una parola e cominciò a occuparsi di noi, della mamma e di Rosaldo… fu lei a chiamarlo così, unendo i nomi dei nostri genitori. Dopo tre giorni uscì di casa presto e quando tornò indossava un abito delle donne del paese e aveva con sé la valigia: da quel momento non ci lasciò più. Vendette a Riomaggiore la maggior parte dei suoi disegni, ma quando i pescatori seppero che cosa faceva per noi, si dettero da fare… mi trovarono il lavoro alla locanda e continuarono a pescare anche per noi, come se mio padre fosse sempre con loro. Beppe sta diventando bravo e presto li seguirà…” Marina tacque, ansimava lievemente perché non si era mai interrotta, ma soprattutto per l’emozione, pensò Fiammetta commossa.
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