FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 10 aprile/giugno 2008 Identità & Conflitto |
LETTERATURA SLOVENA PER L'INFANZIA (1) a cura di Jolka Milič |
Ajataj
Dietro tre verdi stagni, in una vasta foresta vive il gigante Ajataj. Ajataj ha una chioma fluente come tutti gli uomini acquatici e una folta barba grigia che tocca terra. Il suo viso è pieno di piccole rughe. Gli si sono formate perché è un tipo gioviale che ride volentieri. Sorride agli uccelli e alle formiche, agli scoiattoli e alle farfalle, alle fate e agli gnomi. Inoltre ai bambini e talvolta anche agli adulti. Ajataj ha un letto di soffice muschio e non ha bisogno di una casa. Sopra il suo letto si intrecciano i rami con larghe foglie e lo riparano dal vento e dalla pioggia. Per tavolo ha scelto un ceppo liscio e rotondo. Gli scoiattoli glielo puliscono ogni giorno con la coda, le farfalle lo ricoprono con le loro ali di seta. Ajataj dorme di giorno. Riposa all'ombra di una vecchia quercia. Con essa ha stretto amicizia da lungo tempo. Tutti gli animali selvatici del luogo sono invece la sua famiglia. Gli insetti gli ronzano intorno come dei piccoli elicotteri. l battiti dei picchi sui tronchi echeggiano cupamente. Le gazze quasi sempre litigano svolazzando rabbiose di ramo in ramo. La ghiandaia siede ogni mattina su un cespuglio e nella scuola degli uccelli insegna ai passeri, ammaestra le cinciallegre, gli storni e i fringuelli. Anche lo scoiattolo, smanioso di imparare, ogni tanto scende in aula lungo un fusto scivoloso e persino la vecchia volpe sorniona tende un orecchio. Ma il nostro gigante continua a dormire saporitamente. Qualche volta russa nel sonno e sotto gli alberi pare il sospiro di una montagna. Ma quando arriva la notte in punta di piedi, all'improvviso tutto si rianima. Le civette, stridendo da ogni dove, si augurano il buon giorno e dai rifugi del bosco sbuca l'armata di Ajataj, gli allegri folletti Dormi-dormi. Si chiamano a colpi di fischietto e corrono sotto la vecchia quercia. Quando sono tutti riuniti siedono intorno al ceppo e Ajataj comincia a parlare: "Tutti qui? Stanotte ci sarà un gran daffare, perché fa molto caldo. I bambini stenteranno di addormentarsi. Andiamo?". "Andiamo?" rispondono in coro i folletti e si alzano. Ajataj tira verso di sé una grande gerla e i folletti uno dopo l'altro, salendo prima sul ceppo, vi saltano dentro. Quando è piena il gigante se la carica sulle spalle e riprende la strada di ogni notte. Passando oltre i tre verdi stagni, arriva su una radura dove il tasso dormiglione gli fa un cenno di saluto, le lepri invece si affacciano solo alla soglia e si voltano sonnacchiose dall'altra parte. Ajataj le saluta e scende sul sentiero che biancheggia tra i campi. Sotto la scura montagna serpeggia un fiume limpido. I prati tacciono sotto il chiaro di luna. Quando Ajataj scorge davanti a sé i bianchi muri e i tetti lucenti della città si ferma. Posa la gerla sul marciapiede. I folletti saltano fuori. Nel frattempo hanno fatto un sonnellino e adesso si stiracchiano tutti contenti. "Su, svelti, filate!" dice Ajataj. "E badate di non spaventare i lattanti che dormono sodo già da un pezzo." I folletti pullulano per le vie come formiche. Silenziosi come topolini entrano di soppiatto in tutte le case. Danno una occhiata ad ogni lettino dove i bambini già dormono, e regalano loro dei bei sogni. Ma in vari luoghi i marmocchi vegliano ancora. Sdraiati sul dorso si divertono un mondo a scalciare e a buttare le coperte per terra. Oppure si tirano i cuscini e saltano vispi come capretti. In queste case i folletti sostano di più. Fanno un cerchio, si prendono per mano e si mettono a cantare:
ogni gioco dura un po'. Se dormire Chiudi gli occhi Ninna-ò, Ninna-ò, Anche in queste case si fa presto silenzio. I bambini respirano profondamente. Le palpebre diventano così pesanti che tra qualche istante gli occhi già socchiusi si chiuderanno definitivamente. Nella ragnatela sotto il soffitto si è intrappolata una mosca e cerca invano di liberarsi. Il ragno invece continua a tessere la sua tela e tesse, tesse senza posa... I folletti chiudono silenziosamente le porte alle loro spalle. Ballando e cantando a lungo, vanno di casa in casa, finché non si addormenta tutta la città. Solo allora ritornano da Ajataj. Cadono stanchi morti nella sua cesta e lui li riporta indietro attraverso i prati sotto la scura montagna, per il bianco sentiero, oltre la radura e i tre verdi stagni. Laggiù, nella vasta foresta, li scarica. I folletti si separano andandosene ognuno per conto proprio ed anche Ajataj si distende sul suo soffice muschio. Gli uccelli tra i rami si stanno svegliando, gli alberi scuotono le fronde intorpidite, la rugiada imperla le foglie. L'alba pian piano risplende sulla città, sulla campagna e sul bosco immenso.
Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič
Il gatto Muri
Muri, il gatto senza fretta apre gli occhi e guarda intorno per vedere il nuovo giorno. Ecco, subito si spiccia a pulirsi la pelliccia e rassetta il suo lettino, le lenzuola ed il piumino. Esce e va nella locanda dove sta gatta Fernanda. Là lo aspetta un tavolino riservato allo spuntino: dolce latte spumeggiante, pane morbido e fragrante. Mentre mangia, il bel gattino legge i fogli del mattino, legge tutto senza posa, punti, virgole e ogni cosa. Alla fine paga il conto, ad uscire adesso è pronto: la "Gattopoli" lo attende con le strade sue stupende. A Gattopoli, tranne i gatti e gli articoli per gatti, non c'è proprio niente, neanche un cane. Se per caso passa di lì qualche cucciolo sprovveduto, deve portare la museruola. Dato che i cani detestano questi arnesi, evitano la città. Per questo, lungo il Corso gli unici passanti sono i gatti di ambo i sessi. Si dirigono a frotte verso piazza Gattapelata dal baffutissimo gatto Marco per rifornirsi di pesce fresco. In mezzo alla piazza c'è il Municipio. Vi esercita le sue alte funzioni il sindaco Micione, soprannominato Micio il Grande. Quando appare sul balcone, tutti i gatti in piazza lo salutano in coro. Micione, d'altra parte, allieta sempre i suoi concittadini con qualche piacevole notizia. Talvolta li avverte: "Domenica pomeriggio, nel parco Miagolì-Miagolà, si farà il gioco della tombola. Il primo premio sarà per tutti - psst, gatta ci cova - una grande sorpresa." Oppure annuncia: "Oggi alle tre, in viale dei Gattici, avrà luogo la gara motociclistica dei sorci. Il pubblico è pregato di non divorare i concorrenti."
E così i giorni a Gattopoli trascorrono allegramente secondo i gusti di questi felini. Il gatto Muri vive in via degli Orticelli, all'estrema periferia della vivace città, in una vecchia bicocca. Momentaneamente non è in casa, perché si sta avviando per il Corso verso piazza Gattapelata. Prima aveva pensato di comperarsi del pesce, ma strada facendo aveva abbandonato questo progetto decidendo di mangiare all'osteria AL GATTO NERO. Anzi, per non annoiarsi. da solo, gli era balenata la felice idea di invitare a pranzo la sua amica del cuore, la micetta Federica. La gattina però abita dall'altro capo della città, Muri quindi deve telefonarle.
va dal letto alla poltrona, questa gatta assai carina sembra quasi parigina. La sua casa quieta e ombrosa molto spesso è silenziosa ma il telefono squillando si fa udir di quando in quando. Federica si ridesta e risponde lesta lesta... "Qui ti parla il gatto Piero, tu stai bene per davvero?" e la gatta allora dice: "Io mi sento un po' infelice." Suona ancora l'apparecchio, parla Miki nell'orecchio, Federica non dà udienza e con lui non ha pazienza, vuole starsene tranquilla ma di nuovo il fono squilla, è Peppino, il parrucchiere per le gatte del quartiere. E poi dopo il gatto Ciombe scapestrato e tira bombe. Indi il vecchio Rigoletto, un po' gobbo poveretto... Quando arriva mezzodì, chiama Muri lì per lì e con grande decisione sa invitarla a colazione. Federica un po' confusa è felice e fa le fusa. Avendo ancora un'oretta a sua disposizione, Muri andò a passeggiare per il Corso. Andava da un marciapiede all'altro guardando di tanto in tanto le vetrine. Nella pasticceria LINGUE DI GATTO vide una serie di torte a quattro piani, ma non appartenendo alla schiera dei gattini golosi, tirò innanzi senza battere ciglio. Nella calzoleria IL GATTO CON GLI STIVALI in una vetrinetta, tra tante cose, era esposto un paio di stivaletti modernissimi. Pensò di provarseli, ma non trovò il suo numero. Nell'oreficeria LACRIME DI GATTA scorse una incantevole collana di perle vere. Era così bella e così salata che ogni gatta si scioglieva in un pianto davanti alla vetrina. Poi Muri si fermò davanti alla libreria dov'era messo ben bene in mostra un grosso libro illustrato di raffinata CUCINA GATTESCA. L'aveva scritto Dino, il capocuoco dell'osteria AL GATTO NERO. Al solo pensiero dell'imminente pranzetto, venne a Muri l'acquolina in bocca e si leccò i baffi prima del tempo. In quello stesso istante le guardie Zampetta e Musino, sul marciapiedi di fronte, portavano in gattabuia il gagliardo Ciombe. L'avevano colto in flagrante, con quattro petardi e due castagnole addosso, mentre voleva scassinare la banca. Muri proseguì il suo cammino e, attraverso la finestra del salone GATTIN SBARBATO, adocchiò il sindaco Micione. L'impareggiabile acconciatore Peppino il bullo gli stava arroncigliando i mustacchi e inanellando la coda. Infine, passo a passo, arrivò fino a un enorme edificio con la scritta: SCUOLA PER GATTONZOLI. Sul portone stava all'entrata il bidello Maramao, all'interno invece gli scolari cantavano con foga la loro filastrocca preferita:
e una capra un poco matta - e anche sorda un pochettino - stan giocando a rimpiattino. "Capra sorda, correrai ma beccarci non potrai." Mentre va la gatta a spasso i topastri fanno chiasso, ma la capra bicornuta e mattoide, all'insaputa dei festanti è sul balcone a dar fiato al suo trombone. Qua purtroppo quatta quatta c'è la coda della gatta e un topino saputello sulla torre del castello. Ma la capra che non sente non capisce un accidente. Beve latte ed acquavite, organizza viaggi e gite. Le caprette, i topi e i mici vanno in cerca di amici, al di là dell'equatore troveranno anche l'amore. Federica, nel frattempo, si vestì in fretta e prese l'autobus diretto in città. C'erano pochi passeggeri. Oltre a lei, c'era l'ormai pensionato barbiere Figaro, la studentessa di musica Pika con la sua fisarmonica ed infine la cuoca Maia e la cameriera Mara che lavoravano nelle ore pomeridiane all'ALBERGO GATTINARA. E, ovviamente, c'erano sull'autobus il conducente Tobia e il bigliettaio Silvestro. Mentre attraversavano il largo Micini, sopra il tetto dell'autobus lampeggiò e seguì un tonfo. "Dio mio!" esclamò la studentessa Pika fuori di sé. "È stato certamente un disco volante." Il conducente fermò l'autobus e scese in strada a vedere. Subito si rese conto che sul tetto non era precipitato nessun UFO ma il gatto volante Felix. Mentre si arrampicava su per un albero, aveva messo sbadatamente un piede in fallo piombando come un bolide sulla vettura. Tobia, rabbioso come un cane, chiamò immediatamente la polizia stradale. Il gatto Felix fu portato senza indugi alla stazione di polizia per aver disturbato il traffico e per caccia illecita agli uccelli. Dovette pagare una multa di cinque dugatti. L'autobus intanto continuò il suo percorso e si fermò in piazza Gattapelata. Là Muri aspettava Federica e insieme, a braccetto, entrarono nell'osteria. Si accomodarono ad un tavolo riparato dal sole in un angolino accogliente del giardino. Il cameriere venne di corsa con la lista delle vivande.
per i gatti le primizie: Tutto panna è il brodo bianco, si tramuta il pane stanco in crostini appetitosi dai profumi deliziosi. Poi ci sono la polenta e la pizza succulenta, il ragù con la cipolla, trote fresche e carne frolla. Pei gattini golosetti ci son gran manicaretti, per i gatti più affamati le frattaglie e gli insaccati. Capo cuoco è il gatto Dino che lavora allo spiedino, cuoce, frigge e fa bollire cibi ghiotti a non finire. Muri siede con l'amica, la gattina Federica, e si sfiorano i ginocchi e si abbuffano di gnocchi, di vitello fatto arrosto e non badano al suo costo. Sono sazi e innamorati, sono gatti fortunati, ma ahimé il tempo vola tra un bacio e una parola. Dopo il pranzo, Federica andò a trovare l'amica Teodora. Suo marito, il gatto Jumbo, era in viaggio per affari in Tigrania, e così le due amiche potevano chiacchierare indisturbate della moda, dei bambini e delle conoscenti comuni. Teodora aveva due figlioletti, Teo e Dora. Il maschietto frequentava la terza elementare e la femminuccia la prima. Tutti e due se la cavavano benissimo a scuola. Erano l'orgoglio di Teodora. All'arrivo di Federica avevano appena finito di fare i compiti ed erano andati a giocare. Teo faceva le capriole e Dora cercava di acchiapparsi la coda. Dopo, i due gattini giocarono a carte e poi a nascondino. Dora si rannicchiò in un armadio e Teo riuscì a trovarla in un istante. La facilità del gioco lo infastidiva e sbuffava annoiato, ma non troppo. Teodora suggerì ai due di recitare per la zia Rica qualche poesiola. Dora accettò con entusiasmo la proposta, fece subito un inchino e declamò prontamente:
crescerai se sei piccino. Federica la applaudì clamorosamente. Teo invece cercò di farla franca dicendo di non sapere nessuna poesia. Dopo lunghe esortazioni da parte di Teodora, riuscì a ricordarsene una. Recitò con enfasi:
noi le pulci che dan morsi. Federica rise di cuore, al contrario di Teodora che gettò un gridolino di disgusto: "Mamma mia, chi ti ha insegnato questi versi impertinenti?". "Il bidello Maramao", spiattellò Dora. "Spiona!" le rinfacciò Teo facendo le boccacce. "Smettetela!" si spazientì Teodora."Adesso mangerete alla svelta e andrete difilato e senza far storie a dormire." I due gattini ubbidirono. Dopo aver bevuto il latte, s'infilarono nel letto. Il lettino di Dora era rosa, quello di Teo invece celeste. Teodora e Federica cantarono ai frugolini la ninna nanna GATTI GATTI:
gatti neri dentro i fossi, viene l'ora di dormire perché il sole va a morire. Gatte scure, gatte chiare, questa è l'ora di sognare. Ogni sogno è una scodella dove nuota una sardella, ogni sogno sa di miele, ha il profumo delle mele. Gatti, gatti, vien la notte, uno ad uno già vi inghiotte. Ha il sapore della panna questa dolce ninnananna, sembra proprio un'altalena questa breve cantilena. Mentre Federica era da Teodora, Muri sedeva con l'amico Miao allo stadio. Era il giorno di una grande partita. In campo c'erano le squadre GATTONE e GATTINO. I Gattoni erano della città vicina, i Gattini invece giocavano in casa. Gli spettatori naturalmente tifavano per i Gattini. Anzi, si sgolavano: "Viva i Gattini! Che schifo i Gattoni!". Nonostante questo, i Gattoni avevano avuto la meglio durante l'intero primo tempo. Solo al secondo tempo avevano subìto la prima rete. Il pubblico delirava per la propria squadra, e i più scalmanati si erano messi a scandire:"Noi tifosi abbiam gridato: rete! rete! a perdifiato." Dopo ci fu una gran mischia davanti alla porta dei Gattini e più d'uno era rimasto per terra lungo disteso e ammaccato. L'arbitro Matteo Rigattieri assegnò ai fallosi un calcio di rigore. I tifosi si misero a fischiare. Il più accanito di tutti era il grande e grosso Ciombe. Poco mancava che non saltasse in campo. Ululava come un ossesso: "L'arbitro Matteo è un babbeo!". Ciombe veramente avrebbe dovuto marcire in gattabuia, ma poiché le guardie Zampetta e Musino avevano voluto vedere la partita a tutti i costi, l'avevano portato con sé. Dopo, nello stadio si fece un gran silenzio. Il centravanti dei Gattoni sferrò un colpo magistrale che il portiere dei Gattini parò con altrettanta maestria, anzi, riuscì a bloccare il pallone a un pelo dalla porta. Tutto lo stadio esplose dalla gioia; Miao abbracciò Muri promettendogli un boccale di latte frappé a fine partita. Subito i Gattini tornarono alla carica e segnarono ben presto altre tre reti. Vinsero per quattro a zero. Gli spettatori sventolavano le bandiere, la banda municipale intonò la marcia dei calciatori e i più focosi si misero a cantare e a sfottere: "Questo gatto centro-avanti / ne fa quattro in pochi istanti!". Anche Miao si unì per un po' al coro, ma a furia di spolmonarsi gli venne una sete da morire e con Muri andò a bersi il progettato frappé.
E così la giornata di Muri a Gattopoli sta lentamente finendo. I suoi amici lo hanno lasciato, andando ognuno per la sua strada. Federica guarda Tom e Jerry alla televisione, il bidello Maramao racconta ai suoi micetti favole di gattopardi, gattimammoni e gattemorte. Miao è andato in piena notte a pesca di gattucci. Le guardie Zampetta e Musino invece giocano con Ciombe a rubamazzo e a su le mani! Insomma, tutti si divertono un mondo. Muri si incammina verso il vicolo degli Orticelli chiedendosi meditabondo cosa scriverà nel libro che sta compilando di sera in sera, già da qualche annetto. Muri, bisogna dirlo, è uno scrittore e tempo fa il sindaco gli aveva affidato l'ingrato compito di eternare tutti gli eventi degni di memoria accaduti a Gattopoli.
già le case ad una ad una si addormentano beate lungo strade abbandonate. Solo Muri è ancora desto, scrive scrive, lesto lesto il suo LIBRO DI FELINO, lo compone per benino. E non c'è nulla di meglio del caffè per stare sveglio. Muri scrive, Muri beve, la fatica si fa lieve. Mezzanotte è già battuta quando l'opera è compiuta. Ora il gatto gran scrivano può buttarsi sul divano e in men che non si dica sta sognando Federica.
Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič,
Questi sono due racconti per l'infanzia: immaginateli perciò con le illustrazioni, come erano in originale. |
Note biografiche di Gitica Jakopin e Kajetan Kovič
La traduttrice e scrittrice Gitica Jakopin nacque nel 1928 a Leskovec (Krško, in Slovenia). Nel 1942, prima ancora di completare il ginnasio, fu deportata con la famiglia in Austria e, a Bregenz, alla fine della guerra ottenne la maturità classica; in seguito fece ritorno in patria con i suoi. Dopo essersi laureata in germanistica e romanistica alla facoltà di filosofia di Ljubljana, iniziò la sua intensa carriera di traduttrice: tradusse infatti più di 70 romanzi di autori famosi, tra cui Dostojevskij, Rabelais, Carroll, London, Hohlen, Smullyan, Agata Christie, Handke, Chamisso ecc. Lavorò per ben otto anni anche nella redazione cinematografica della Radiotelevisione slovena, traducendo centinaia di film, drammi e serial. Scriveva anche in proprio, pubblicando poesia e prosa per adulti e l'infanzia su molte riviste letterarie.
(foto di Primož Jakopin)
Il poeta, romanziere, scrittore per l'infanzia e traduttore sloveno Kajetan Kovič è nato nel 1931 a Maribor in Slovenia. Si è laureato in letteratura comparata e teoria letteraria all'università di Ljubljana nel 1956. Fino al pensionamento è stato editore capo della casa editrice nazionale DZS. Per ragioni di studio ha soggiornato a Parigi e a Praga. Ha partecipato a numerosi incontri letterari nelle più svariate città europee. Membro dell'Associazione degli scrittori sloveni e del Pen club. Membro anche dell'Accademia slovena delle Scienze e delle Arti.
(foto di Tihomir Pinter)
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Vedi anche, sul n. 9
La poesia di Kajetan Kovič
a cura di Jolka Milič