FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 10
aprile/giugno 2008

Identità & Conflitto

LA POESIA SENZA TEMPO DI IACYR ANDERSON FREITAS

di Vera Lúcia de Oliveira



Iacyr Anderson Freitas, nato nel 1963, si è laureato in ingegneria civile, ma si è dedicato con passione alla letteratura, pubblicando più di dieci libri, fra poesia e saggistica, e ricevendo premi in patria e all'estero. Come Adélia Prado, l'autrice presentata nel precedente numero di "Fili d'aquilone", viene anche lui dalla verde Minas Gerais, cuore del Brasile e culla di notevoli poeti, dagli arcadi Cláudio Manuel da Costa e Basílio da Gama ai modernisti Murilo Mendes e Drummond de Andrade.
Considerato uno degli autori più singolari della nuova generazione, inizia a pubblicare i primi versi alla fine degli anni '80 in esigue edizioni circolate fra gli amici e ammiratori e solo più recentemente un pubblico più vasto di lettori ha potuto accedere alla sua opera, con le raccolte Oceano coligido, antologia poetica uscita nel 2000, che riunisce testi dal 1980 al 2000, e A soleira e o século, del 2002.

Poeta fecondo e viscerale, la sua materia è la memoria. I versi più intensi e belli sono quelli in cui recupera momenti vissuti nelle piccole città dell'interno e le figure di questa geografia apparentemente anonima, che amorosamente egli convoca e alle quali riattribuisce un'identità; sono momenti sospesi nel tempo ed esseri che, come Jezebel e Tatão, nelle omonime poesie, sembrano vagare per le antiche strade delle città coloniali, come anime in pena a piangere il loro dolore, a lamentarsi delle loro perdite, a desiderare di nuovo la vita. Lasciano segni ovunque, impronte nella pietra, macchie nei tessuti e ombre dietro i mobili, mentre il poeta intona il canto che richiama di nuovo al mondo chi non ha smesso di vivere.

Iacyr è poeta di un fluire ininterrotto, come se tutti i versi fossero parte di un unico libro che segna e recupera attimi dell'esistenza e piccole epifanie. È poeta commosso e commovente, torrenziale e allo stesso tempo contenuto nelle forme, sia quando la materia lirica fluisce in versi liberi sia quando viene scandita e misurata, come nei sonetti della raccolta Mirante, del 1999. L'autore sa conciliare, come afferma Lêdo Ivo, la dizione colloquiale con il linguaggio più elevato in cui la poesia, oltre ad essere melodia e immagine, si fa pensiero e riflessione sui grandi temi dell'esistenza.

Questi poeti di Minas Gerais hanno un dialogo ininterrotto con la storia e a certi avanguardismi di facciata ancora riproposti come modelli oppongono una parola densa capace di scavare il mondo e di sondarne il mistero. Ha tanto da dire Iacyr e lo fa con riservatezza, in modo gentile, senza urlare e, forse proprio per questo, le sue parole entrano piano nell'anima e lasciano un solco. Le sue parole sono filtrate dalle esperienze, frequentate e vissute con tanta intensità da diventare pezzi di cose, frammenti di case, parti di muri e strade, limo d'acqua. Se la sua è una poesia malinconica, essa è anche nostalgia e ricordo di un tempo in cui il poeta, come Orfeo, non solo nominava le cose del mondo, ma le ridestava dal sonno e dalla morte.

Le poesie che seguono sono tratte dalle raccolte Oceano coligido (Editora Viramundo, 2000) e A soleira e o século (Nankin Editorial, 2002).




POESIE DI IACYR ANDERSON FREITAS



No jardim (XXII)

sempre a noite na escada
sempre o quarto a
luminária
o disco de sempre
essa toada sem graça
esse asco profundo
esse medo de sacrificar-se

esse sempre


Nel giardino (XXII)

sempre la notte sulle scale
sempre la camera il
lampadario
il disco di sempre
questa canzone senza senso
questa nausea profonda
questa paura di immolarsi

questo sempre


E sobre o deserto

condenação primeira: carregar
os despojos dessa tarde, arrastá-la
para fora do tempo,
enterrá-la onde não haja escape.

como os que buscam no alforje,
entre serpes, o alimento de seus mortos,
também ofertarei meu corpo
às figurações da chuva e do trópico,
também poderei ungir
as cartilagens nulas de seu nome.

e sobre o deserto
e sobre os despojos de tudo
o que restou da tarde em seu transporte
permanece a mesma busca,
incessante, de uma terra mais
profunda e gasta, cada dia mais distante.


E sul deserto

prima condanna: portare
le spoglie di questo pomeriggio, trascinarlo
fuori dal tempo,
seppellirlo dove non ci sia possibilità di fuga.

come quelli che cercano nella bisaccia,
fra serpi, l'alimento dei loro morti,
anch'io offrirò il mio corpo
alle figurazioni della pioggia e del tropico,
anch'io potrò ungere
le cartilagini nulle del suo nome.

e sul deserto
e sulle spoglie di tutto quel
che restò del pomeriggio nel suo impeto
rimane la stessa ricerca,
incessante, di una terra più
profonda e consumata, ogni giorno più distante.


Culto

o outono deixamos nessa esquina,
gesto alforriado aos linhóis
do tempo, lousa tão pura
quanto a imagem que trouxemos
ao convés da tarde, monumento
de azul e nuvem, coisa gasta
em seus engenhos.

deixamos também o ex-voto,
essas forquilhas, algumas raríssimas
estremaduras, e um mar
que escolta a paisagem
em suas seges.

alhures um silêncio traz
a mão do outono sobre as águas.
esse o batismo, fragor que move
os antiquários
para que a luz se cumpra.


Culto

lasciammo l'autunno in questo crocevia,
gesto liberato agli spaghi
del tempo, lavagna così pura
quanto l'immagine che portammo
alla tolda del pomeriggio, monumento
di azzurro e nuvola, cosa usurata
nei suoi ingranaggi.

lasciammo anche l'ex-voto,
queste forcelle, alcune rarissime
terre di frontiera, e un mare
che scorta il paesaggio
nei suoi calessi.

altrove un silenzio porta
la mano dell'autunno sulle acque.
questo il battesimo, fragore che muove
gli antiquari
affinché la luce si compia.


Circuito

era preciso tocar a terra
em cada letra.

tocar a ausência
da terra, o excremento
de meses e meses
    postos ao fogo
    qual inútil serventia.

além do que a palavra espreita
resta o assombro
    duma soleira aberta,
    o vazio de cardumes
    batidos pela febre, o inexplicado
        pulsar de muitas noites,
    essa mácula,
                     ah,
essa mácula como flores
sob o derradeiro azul
da aurora.


Circuito

era necessario toccare la terra
in ogni lettera.

toccare l'assenza
della terra, l'escremento
di mesi e mesi
    posti al fuoco
    quale inutile impiego.

oltre quello che la parola scruta
resta lo sbigottimento
    di una soglia aperta,
    il vuoto di banchi di pesci
    battuti dalla febbre, l'inesplicato
        pulsare di molte notti,
    questa macula,
                     ah,
questa macula come fiori
sotto l'ultimo azzurro
dell'aurora.


Já que todo solo é materno

leva o teu ouvido
ao chão

a dureza do mundo
te exilou há muito
do real convívio

os barulhos do mundo

escuta o tempo
que transcende
os calendários

e que te espera
em sigilo
sob o lençol de todas as idades

feito uma árvore
no porão

baixa o teu ouvido
e esquece

essa calma
que atravessa
a soleira e o século

para testemunhar
teu coração
que envelhece


Visto che ogni suolo è materno

avvicina il tuo orecchio
alla terra

la durezza del mondo
ti ha esiliato da molto
dal convivio vero

i rumori del mondo

ascolta il tempo
che trascende
i calendari

e che ti attende
in segreto
sotto il lenzuolo di tutte le età

come un albero
nel sottosuolo

abbassa il tuo orecchio
e dimentica

questa calma
che attraversa
la soglia e il secolo

per testimoniare
il tuo cuore
che invecchia


Como existir

há coisas que não tiveram
como existir

por isso ficam
sempre morrendo

por isso
são apenas um hiato
entre duas mortes

uma em processo
outra definitiva

há coisas
que quando as sonhamos
já morreram

por isso ostentam esse ar
de quem está sempre
de partida

para nenhuma vida


Come esistere

ci sono cose che non hanno avuto
modo di esistere

per questo stanno
sempre a morire

per questo
sono solo uno iato
fra due morti

una in processo
l'altra definitiva

ci sono cose
che mentre le sogniamo
già sono morte

per questo ostentano quell'aria
di chi è sempre
in partenza

per nessuna vita


Língua

não ter passado e nome.
ser ao mesmo tempo
fim e princípio.
a origem sem limites,
o limite sem geografia.

incriada
por excelência e serventia:
eternidade sempre disposta
a desaparecer um dia.

quando expirar
o que lhe serviu de medida:

a realidade da qual, sem cessar,
a cada minuto se distancia.


Lingua

non avere passato e nome.
essere allo stesso tempo
fine e principio.
l'origine senza limiti,
il limite senza geografia.

increata
per eccellenza e uso:
eternità sempre disposta
un giorno a scomparire.

quando spirerà
ciò che gli servì di misura:

la realtà dalla quale, senza tregua,
ad ogni istante si allontana.


A noite, ampla de fogos

e houve um vulto
que desceu com a noite.

e houve a noite, ampla
de fogos, e em cuja fonte
as milícias vêm beber
o sumo e o pranto.

eis que um sino rompeu
a soleira do sono.

lá vêm as carregadeiras com seu rol de mortos
e o silêncio defendido
pelas armas.
e o medo.

na calma do quarto
o assombro rompe
- junto dele uma criança
com os olhos sob a treva.

e onde o gesto do irmão
sufoca a efígie
de uma nova execução.


La notte, ampia di fuochi

e ci fu una sagoma
che scese con la notte.

e ci fu una notte, ampia
di fuochi, e nella cui sorgente
le milizie vengono a bere
la linfa e il pianto.

ecco che una campana ruppe
la soglia del sonno.

ecco che arrivano le portatrici con il loro stuolo di morti
e il silenzio difeso
dalle armi.
e la paura.

nella calma della stanza
lo sbigottimento irrompe
- insieme a lui un bambino
con gli occhi sotto la tenebra.

e dove il gesto del fratello
soffoca l'effigie
di una nuova esecuzione.


Jezebel

nunca enumerei meus filhos.

de meu ventre vão rompendo
para o chão tomado
de usura e posse.

meu marido sumiu
e desde então
vou gerando os filhos
que com ele não tive.

os filhos que têm a mesma
cara de fuga, a mesma
vocação para o extermínio.
o mesmo jeito de não estar.

vou gerando, a cada minuto,
gerações que o procuram
aquém e além desses muros.

sei que um dia
deverão encontrá-lo.
sei que um dia
deverão entregá-lo a mim,
tão puro quanto esse marulho
que me ofende agora.

só então poderei descansar
meu útero em febre.

e renascer, imensa e só,
em minha fertilidade.


Gezabele

non ho contato i miei figli.

dal mio ventre irrompono
verso il suolo dominato
da usura e possesso.

mio marito è scomparso
e da allora
genero i figli
che da lui non ho avuto.

i figli che hanno lo stesso
volto di fuga, la stessa
vocazione allo sterminio.
lo stesso modo di non esserci.

genero, ogni istante,
generazioni che lo cercano
prima e oltre questi muri.

so che un giorno
lo dovranno trovare.
so che un giorno
lo dovranno consegnare a me,
così puro come questo fragore
che ora mi offende.

solo allora potrò riposare
il mio utero febbrile.

e rinascere, immensa e sola,
nella mia fertilità.


Tatão e as ruas

em certos lugares
interrogo os jardins
da minha infância.

interrogo sem resposta,
sem surpresa, sem esperança.

pois que jamais encontrei
aquela perfeição contida, sinto-me órfão.

a lição primeira de geometria
deu-se naqueles parques.

o velho jardineiro professava sem escândalo
ao sol do meio-dia.

ao povo simples
oficiava a sua matemática.

de um arbusto senil
fazia um cone invertido.
cubos estranhos de árvore
tomavam aos poucos a planura
e os muros vivos não cercavam:
          antes ofereciam aos passantes
       o espetáculo.
bordavam a cidade para o baile.

as duas filhas do jardineiro
foram estudar matemática.
de certa forma, a minha paixão pelos números
também nascera ali, intratável e física,
    naqueles parques.

mas ninguém sabia melhor
proteger sua escultura.
ninguém tinha tal viço:
a ponto de morrer sob o sol do ofício
com um golpe de vento ou de árvore.

um golpe capaz de cessar,
para sempre,
todos os jardins e parques e ruas
da minha infância.


Tatão e le strade

in alcuni luoghi
interrogo i giardini
della mia infanzia.

li interrogo senza risposta,
senza sorpresa, senza speranza.

poiché non ho più ritrovato
quella misurata perfezione, mi sento orfano.

la prima lezione di geometria
la ricevetti in quei parchi.

il vecchio giardiniere insegnava senza scandalo
al sole di mezzogiorno.

alle persone semplici
celebrava la sua matematica.

di un arbusto senile
faceva un cono invertito.
cubi strani di albero
occupavano pian piano il prato
e i muri vivi non cingevano:
        anzi offrivano ai passanti
     lo spettacolo.
orlavano la città per il ballo.

le due figlie del giardiniere
avrebbero studiato matematica.
in qualche modo, la mia passione per i numeri
era anch'essa nata lì, intrattabile e fisica,
   in quei parchi.

ma nessuno meglio di lui sapeva
proteggere la sua scultura.
nessuno aveva un tale vigore:
al punto di morire sotto il sole del mestiere
con un colpo di vento o di albero.

un colpo capace di arrestare,
per sempre,
tutti i giardini e parchi e viali
della mia infanzia.



traduzione dal portoghese di Vera Lúcia de Oliveira

velucia@tin.it