FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 10 aprile/giugno 2008 Identità & Conflitto |
BEIRUT: LA LUNGA E TORTUOSA di Marco Testi |
Nel recente libro di Riccardo Cristiano uno spaccato della situazione del Libano, dove identità spesso significa conflitto ma dove ancora molti sognano la convivenza tra eguali.
Il problema posto dai fatti raccontati nel libro di Riccardo Cristiano, Beirut, Libano. Tra assassini, missionari e grands cafés (Utet, 2008) non è solo dei luoghi raccontati. È del pianeta, dell'uomo nella sua globalità. Esso recita grosso modo così: può un mosaico di popolazioni diverse, di religioni diverse, di economie diverse diventare spazio pacifico e capace di sviluppo?
Riccardo Cristiano conosce bene gli elementi che precipitano nella soluzione-Libano, per essere stato dal 1990 al 2000 corrispondente Rai in Medio oriente, e questo suo recentissimo Beirut, Libano rappresenta per questo molto più di un saggio sociologico, politico, storico su quel martoriato paese: è sì una storia, ma vissuta in prima persona guardando, ascoltando, cercando di capire.
Dunque un libro dall'interno, che ci mette in guardia contro le tentazioni tipiche dell'intellettualità occidentale, che è - come afferma il sociologo e storico Ahmed Beydoun qui citato - autoreferenziale, incapace di staccarsi dalla propria vita per vedere a fondo quella degli altri. Perché, dice ancora questo studioso, le libertà in Libano "non sono libertà democratiche, bensì sono il prodotto dell'assenza dello Stato".
In questo libro si parla di molte cose: della rivoluzione dei Giovani Turchi che ben presto però è divenuta una imposizione autoritaria e che ha causato non pochi fraintendimenti nell'area; la sensazione, anzi la certezza che in Libano le parti in causa rappresentino tutt'altro che i propri interessi; e che alcuni luoghi comuni assai datati debbano essere rivisti, perché come nota lo stesso Cristiano, in questi luoghi il rapporto tra arabi e cristiani non è stato quello descritto da alcuni libri: " i primi teorici del nazionalismo arabo sono stati in buona parte cristiani e lo hanno pensato come un nazionalismo liberale, portatore di una cittadinanza laica". Ma è questa diversità di prospettiva, che diviene anche ideologica, che fa pensare, soprattutto quando Walid Jumblatt, il capo della minoranza drusa, afferma durante un'intervista che tutto è preferibile a quel "sistema di piccoli tiranni e grandi mafie", certamente la democrazia, ma se questa fosse irrealizzabile, allora la dittatura, come quella di Stalin, effigiato nei ritratti presenti a casa del leader druso.
Eppure qualcosa si è mosso. Anche da parte della Chiesa, come ricorda Cristiano, nella persona dell'allora Pontefice Giovanni Paolo II, che nel 1997 si era recato in Libano, denunciando apertamente, uno per uno, i problemi sul tappeto: "la minacciosa occupazione del sud del Libano, la congiuntura economica del Paese, la presenza di forze armate non libanesi sul territorio, il fatto che non sia stato ancora totalmente risolto il problema dei profughi, come pure il pericolo dell'estremismo e l'impressione di alcuni di essere frustrati nei loro diritti".
Il libro di Cristiano ha il merito di portarci all'interno, non delle teorie politologiche, ma della vita quotidiana di Beirut senza perdere di vista i grandi problemi, in modo diretto e ovviamente documentato grazie ad una presenza decennale.
Riccardo Cristiano, Beirut, Libano. Tra assassini, missionari e grands cafés (Utet, 2008, pagg. 229, euro 15) |
Il Libano è un paese tanto piccolo (10.452 Km quadrati, più piccolo dell'Abruzzo, con poco meno di 4 milioni di abitanti) quanto sfortunato e dalla storia sofferta e disastrata. |