Dal 2007, anno d’esordio con il volume Badarellasse ncle parole, abbecedario di acrostici Ombretta Ciurnelli fa il suo ingresso sulla scena poetica (non solo perugina, ché sarebbe oltremodo riduttivo), usando un registro dialettale arcaico, espressione della realtà contadina del Pian del Tevere a sud della città di Perugia, morfosintatticamente ricco e articolato, ma lessicalmente ristretto come tutte le parlate espressione di culture orali di comunità agricole (si pensi alla penuria di nomi astratti – lontani dalla materialità della cultura di cui sono manifestazione – e anche di un’articolata e variegata aggettivazione). L’autrice riesce, anche attraverso una ricerca e uno studio rigorosi, a esprimersi poeticamente in maniera compiuta e modernamente attuale. Questa cifra artistica connota tutte le sue produzioni successive: L’Arcontastorie (2008), Si curron le formiche (2010), dove si riscontra un costante sviluppo di un percorso che (ri)allinea anche la poesia nel dialetto perugino a quella corrente di autori che oggi vengono comunemente chiamati “neo-dialettali”. Ora il suo nuovo libro La città del vento, che ha come sottotitolo “Poesie in lingua perugina” (2013) ne è una piacevole, quanto oramai attesa conferma.
A una prima lettura, questa prorompente dichiarazione d’amore per la sua città, paradossalmente e volutamente, giocando con le parole, non dichiarata, sgombra definitivamente il terreno da tante dichiarazioni d’amore, oleografiche o furbesche, talora costruite in modo artificioso, e quindi inautentiche, di cui sono disseminate a piene mani tante raccolte e poesie di autori locali.
Si tratta di un amore totale, plurisensoriale, come plurisensoriale è la descrizione della città, delle sue mura, delle sue pietre, delle sue vie, borghi e vicoli, dove il vento imperversa e dinamizza cose e persone. È la narrazione poetica di una città raccontata in tutti i sensi con acutezza e sensibilità, passando attraverso il buio, i silenzi, le armonie, i colori, gli odori-profumi, i gusti e i sapori, perché “na città già da lia è puisïa” (“Una città già da sé è poesia”), come recita l’ultimo verso della lirica d’apertura.
Ma sta nelle capacità di chi scrive versi riuscire a cogliere questi tratti di poeticità quasi mai espliciti, spesso celati allo sguardo dei più, magari ritrovati nell’umiltà di oggetti d’uso quotidiano, quali, ad esempio, la tarina/zuppiera, che, in un angolo appartato di un mercatino delle pulci, si fa evocatrice muta di antichi splendori e vitalità. Oppure attraverso i racconti che il linguaggio delle pietre e dei mattoni ci consegna per il tramite di coloro, i poeti appunto, che sanno coglierne il codice e la potenza evocativo-espressiva.
È un andare senza meta, lontano dai tempi e modi del turista, ma con lo spirito curioso del viaggiatore, che nel disperdersi nei vicoli tortuosi ed erti della città-vita ne ritrova il respiro nascosto, la gente, di oggi e del passato, comunque capitinianamente com-presente.
Nel dialetto di Perugia abbiamo finalmente una raccolta di versi che chi scrive queste note aspettava da tempo, almeno tutte le volte che aveva sotto mano autori e poesie di tante altre zone d’Italia, scritte nelle innumerevoli lingue locali, per cui inevitabile diveniva il raffronto, non tanto in termini agonistico-sportivi (per i quali bastano e avanzano i concorsi letterari e l’industria culturale che li produce), quanto di autenticità, novità e ricerca.
Che dunque quest’ultimo prodotto di Ombretta Ciurnelli segni un nuovo inizio e apra una stagione ricca di fermenti poetici pronti a trovare una forma adeguata anche nella nostra parlata locale.
POESIE DI OMBRETTA CIURNELLI da La città del vento – Poesie in lingua perugina (Edizioni Cofine, Perugia, 2013)
PUISÏA
Vigole piazze fontane murette ncol sole ‘l vento l’acqua la graníschia la cursa di rimore che mmattisce e ‘l verso dla ciuetta a ntruschià ‘l bujo... Puzzo de piscio offrore de botteghe pietre acomdate case scalcinate fenestre spalangate porton chiuse e i clor di pinturícchie a scrive i mure... Mujne e donne fatte freghe e vecchie padrone e serve e gente sficennata di sante i lumme de j’ucifre ‘l ghigno e strúppie e matte a bagajà ta ‘l monno... Na città già da lia è puisïa
POESIA
Vicoli piazze fontane muretti con il sole il vento la pioggia la grandine la corsa dei rumori che stordisce e il verso della civetta a confondere il buio... Puzzo di piscio profumi di botteghe pietre ordinate case scalcinate finestre spalancate portoni chiusi e i colori dei pinturicchi a disegnare i muri... Bambini e donne adulte giovani e anziani padroni e servi e gente sfaccendata le luci dei santi il ghigno dei malvagi e storpi e matti a gridare al mondo... Una città già da sé è poesia
NÈBBIA
'N bilimbènza nti tette sparijate sguilla lenta la nèbbia dla matina Gni torre curre 'nn aria e l’arispira ta ‘l sole che s’abigra a luccarèlla nchi coppe nco le pietre... nchi pensiere Mmezz’al biancore rado dla fumaja mucce mpettito 'l campanile aguzzo per gí a rubballo prima de quiantre
NEBBIA
In bilico sui tetti sfalsati scivola lenta la nebbia del mattino Ogni torre corre nell’aria e lo respira il sole che gioca a nascondino con i coppi con le pietre... con i pensieri Nel biancore rado della nebbiolina fugge deciso il campanile a punta per rubarlo prima degli altri
LITTANÍE
Ènn’antre sone ènn’antre littaníe a borbottà ntol fónno di tugurie ènn’antre adè anco j’offrór dentorno Urle bastigne nguídie gillusie ch’èvon piene gni pòsto i mur muffite ènno momò scialite da bompò E va a ‘rcecalle ‘n vecchio mò ‘n carrozzone che gni po’ barutla e da le buche pennuto mucce via
NENIE
Sono altri suoni sono altre nenie a borbottare nel fondo dei tuguri sono altri ora anche i profumi intorno Urla bestemmie invidie gelosie che n’eran pieni ovunque i muri ammuffiti sono ormai svaniti da tempo E va a ricercarle un vecchio come un carrozzone che ogni tanto barcolla e dalle buche piegato fugge via
ARGÍ
Ngluppata nti merlette de lo sciallo nco l’onne d’aria ch’afogono ‘l rispiro fatigo a chiappà su daccapo a l’Arco Barbaja ‘l mi fiatone ta i lampione e lento svapra ntol rimor di passe che ncol fischià del vento se confonne
TORNARE
Avvolta nei merletti dello scialle con le onde del vento che affogano il respiro fatico ad arrivare su in cima all’Arco Si illumina il mio affanno alla luce dei lampioni e lento sfuma nel rumore dei passi che con il fischiare del vento si confonde
LA TARINA
Su pi banchette dua anch’i pensiere èn borfe dla polvre di tempe de na volta pennine calamaje chiave granne - che sol portone d’aria èn bone a uprí - piatte spajate buricche arcapezzate e j’atrezze ardunate nti crine ch’ardicon de fatighe e de mischiere Nton cantarano poggiata nton cantone momò tutta tecciata ntorno ntorno - sol che n’idéa del bianco de na volta - ntra tanta mistcanza ...fanfarona! s’ n’arfà dla su grannezza na tarina quan che na volta ntla tavla lunga lunga spajava ‘nn aria ansiem ta l’alegria l’offrór del brodo fatto ncla galina
LA ZUPPIERA
Sulle bancarelle dove anche i pensieri sono pieni della polvere dei tempi di una volta pennini calamai grandi chiavi - che solo portoni d’aria sanno aprire - piatti spaiati abiti raccapezzati e gli attrezzi radunati nei cesti che raccontano di fatiche e di mestieri Sopra un comò posata in un angolo ormai tutta sbeccata intorno intorno - solo un’idea del bianco d’una volta - in mezzo a tanta mescolanza ...vanitosa! si compiace della sua bellezza una zuppiera quando una volta sulla tavola lunga lunga spandeva nell’aria insieme all’allegria il profumo del brodo fatto con la gallina
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Ombretta Ciurnelli è nata a San Martino in campo nel 1947, nella valle del Tevere, ma da mezzo secolo vive a Perugia, dove si è laureata in Lettere moderne per poi dedicarsi all’insegnamento e allo studio del dialetto di Perugia e dintorni. Ha pubblicato storie e acrostici in dialetto perugino, tra i quali Badarellasse ncle parole (2007), L’arcontastorie (2009), Si curron le formiche (2010), La città del vento (2013). Ha pubblicato il testo teatrale Dai campi di granturco ai gelsomini (2012).
pilinivalter@libero.it
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