FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 7 luglio/settembre 2007 Altre terre |
JORGE EDUARDO EIELSON, DI STANZA A ROMA di Andrea Santon |
Diapositive di vita, ricordi, immagini, colori, sensazioni e luci che ne riportano alla mente altri. Fotografie inedite di una Roma dei primissimi anni 50 viste attraverso l'obbiettivo singolare di questo grande artista peruviano, Jorge Eduardo Eielson, nato a Lima nel 1924 e morto a Milano nel 2006. Giochi di spazio-tempo che si sovrappongono e si confondono in un vortice con al suo centro un cardine fisso, la sedia. Un po' trono un po' galera, un po' amica un po' tiranna, sicuramente onnipresente a segnare come l'urina per i cani, il territorio, lo spazio vitale, la dimora presente e passata (di stanza a Roma / distanza a Roma)1 e a contraddistinguere l'humus di questa sua nuova poesia:
L'orizzonte dal quale sorge e attraverso cui si sviluppa Di stanza a Roma (2007, Ponte Sisto, scritto nel 1952) è, senza ombra di dubbio, un cielo caotico ma privo di polarità dove l'ambivalenza sembra essere l'unico vero equilibrio: il presente si mescola con il passato, il vissuto con i ricordi, Roma con Lima, la città classica con quella moderna, la speranza e l'amore con la sofferenza fisica e spirituale. Poesia del quotidiano, fatta di oggetti "sigaretta, posacenere, porte, finestre, lampadina, branda di ferro, cartolina...", di odori "profumo di fiori, puzzo di panni sporchi, fumo, urina...", di rumori "clacson, colpo di tamburi, voci, melodie...", posti lì, nel tentativo di delimitare e descrivere uno spazio noto ed abitato, una Lilliput da poter tenere in una mano ed osservare all'evenienza per poi conservarla con cura in una tasca.
In questo universo di materie frugali e oggetti, di emozioni e sentimenti, il corpo dell'artista fluttua tra una condizione di soggetto attivo, immerso nel mondo e una di immobilità, nella quale esso stesso diventa oggetto:
tu non hai paura della morte quando ti lavi i denti quando sorridi è possibile che tu non pianga quando respiri non ti fa male il cuore quando fa giorno?...4 Così come per fuggire dalla claustrofobia della stanza, delle proprie miserie e da quelle di una Roma appena violentata dalla guerra mondiale il poeta si rifugia nell'urbe romana e nella sua "straordinaria prerogativa... di accogliere senza mezzi termini"5
All'interno di questa quotidianità fatta di ricerche continue e scoperte inevitabili, di instancabili voli e terribili cadute nella realtà, troviamo e ritroviamo spesso i vestiti "scarpe, occhiali, guanti, cappello, camicia, pantaloni, mutande...", che sembrano posti lì come falsi d'autore a sostituire l'opera d'arte originale.
correttamente vestite di grigio con camicia e cravatta certamente che a malapena sono persone...7 A questa maschera sociale rappresentata dagli indumenti, fa da contraltare la "nudità primordiale"8 e pura dell'individuo, l'unica realtà originale.
se veramente ho le mani se possiedo realmente una testa e due piedi e non soltanto guanti e scarpe e cappello e perché mi sento così puro più puro ancora e più prossimo alla morte quando mi tolgo i guanti il cappello e le scarpe come se mi togliessi le mani la testa e i piedi9 Così come i vestiti anche la poesia si cela al di la del foglio,
le lettere del tuo nome che contengono il segreto degli astri sono la stessa misera pallottola di carta che ora butto nel cestino?10 lì dove si nascondono la vera bellezza e la vita. Sarà anche grazie a questa stessa forza centrifuga già presente e matura in Di stanza a Roma, che Eielson deciderà da lì a breve di virare con decisione verso un'arte visiva.
Jorge Eduardo Eielson, Di stanza a Roma (a cura di Martha Canfield, Ponte Sisto, Roma 2007, pp. 141, euro 12,00) 1Ambivalenza non presente nel titolo originale Habitación (casa/camera) en Roma. Trattasi di lettura personale della versione italiana, a cura di Martha L. Canfield. 2Abelardo Oquendo: "Eielson: remontando la poesía de papel", in Hueso húmero, 10, 1981; 3Umberto Galimberti, Il Corpo, Feltrinelli, Milano, 2002, p. 132. 4J. E. Eielson, Di Stanza a Roma, Edizioni Ponte Sisto, 2007, p. 87. 5Ibid., p. 112. 6Umberto Galimberti, Il Corpo, cit., p. 124. 7J. E. Eielson, Di Stanza a Roma, cit. p. 101 8Ibid., p. 126. 9Ibid., p. 57. 10Ibid., p. 107. |
Cinque poesie da
frecuentemente
molto spesso
me pregunto
mi domando
usted no sabe cuánto pesa
lei non sa quanto pesa
¿quién ha dicho que el cielo
chi ha detto che il cielo
dime ¿en dónde está tu cuerpo
dimmi dove è il tuo corpo |
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Vedi anche: Jorge Eduardo Eielson, "Gardalis"
Jorge Eduardo Eielson: l'uomo che annodava le stelle alle parole
di Martha Canfield (numero 2, apr/giu 2006)
a cura di Martha Canfield (numero 3, lug/set 2006)