FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 69
marzo 2025

Identikit

 

GESTAZIONE DI UNA NUOVA IDENTITÀ

di Miriam Romano



RI-SPECCHIARSI AL DI LÀ

C’è chi si reinventa ogni giorno ed è capace di prendere di petto la vita come una continua sfida al cambiamento. Dal carattere vincente, se non altro sulla carta, sa trasformare in opportunità le occasioni. Possessore di quel pregio definibile con una parola che va oggi tanto di moda: resilienza. Una dote avuta alla nascita. Invidiabile dai più.
Poi c’è qualcuno che, al contrario, per poter andare oltre ha dovuto fare un unico salto, lungo e difficile al di là di un burrone, precipizio davanti al quale deve fare i conti arrivato a un punto di svolta e rottura del suo percorso esistenziale.
O si resta ancorati a un passato immobile, a un’immagine che non ci rappresenta più, oppure si sceglie di andare oltre prendendo con sé uno zaino pesante di esperienze, facendo pace con il timore che, come macigni, i dolori più grevi non permettano di saltare abbastanza in alto, abbastanza in lungo. Sicuramente aiuta lo svuotarsi da una parte di queste zavorre ancestrali prima di prendere la rincorsa, ma a quel punto bisogna dedicarsi il giusto tempo, riflettere, elaborare in modo saggio, per non correre il rischio di essere trascinati giù dopo, quando si è già in corsa, da quei pesi che non si è stati capaci di scrollarsi di dosso. Prima del salto bisogna intraprendere quindi una strada più o meno breve, fare passi spesso pesanti lungo il percorso che porta alla cima da cui si intravede il punto definitivo di rottura. L’immagine è quella di un monte faticoso da scalare, perché spesso prima si è toccato un fondo metaforico, per poi, come Dante uscendo dalla Selva Oscura, trovarsi ai piedi di un colle, dalla cui vetta si intravedono i raggi di luce, come una divina speranza, che guida alla salvezza.
Compiuto il percorso di purificazione di sé, arriva quel salto che porta alla rottura definitiva, allo strappo che separa il vecchio dal nuovo traghettandolo in un altro “al di là”. Non è una fine, ma bisogna lasciar morire qualcosa, lasciar andare definitivamente una parte di sé, insieme a quei vecchi pesi di cui è tanto importate spogliarsi prima di intraprendere il cambiamento che permette di ri-specchiarsi in una nuova e più bella immagine di sé.


TRIANGOLAZIONI NARCISISTICHE

Triangolazioni narcisistiche
Come virtuose pièces teatrali.
Sulla scena fumo negli occhi
Che rende offuscato il confine
Tra commedia e una miserabile realtà.
Chi assiste, tra gli applausi finali,
Si alza dal posto che gli è stato riservato
Con una sensazione di amaro in bocca
Che non sa ben dire da dove provenga.


LA SOLUZIONE SONO IO

Siamo sostituibili o sostituti,
Pezzi di puzzle di un colore sfumato,
Possibili soluzioni per infinite sostituzioni
O invece siamo incollati, radicati, cementati
Da catene altrui imposte,
Invisibili gabbie dai bordi dorati.
In entrambi i casi svanisce la scelta,
L’io si piega sanguinante
A un ego altro da sé.
La soluzione è riflessa in uno specchio
A cui con fatica al principio ci si aggrappa.


LUCI FATUE

Inconsapevolmente amavo
Passeggiare di notte
Beneficiando di un diffuso chiarore
Che rendeva in apparenza visibili
I contorni materici delle cose.
Più di una volta staccarono la corrente
E rimasi avvolta dall’abbraccio del Buio.
Ormai sono avvezza a riconoscere
La luce della luna da quella dei lampioni;
Ho imparato i Confini delle cose
Sbattendoci contro.


SPEZZARE LA MALEDIZIONE

Ho deciso di fare della mia vita un autoritratto,
Togliendo di mano i pennelli a chi si atteggiava,
Pretendendo di dipingermi
Nei lineamenti di un’identità dissonante.
Ero plasmata nell’altrui arte
Alla stregua di una rosa erubescente
(Dai petali caduchi) in una lucente teca di vetro
Come nelle peggiori maledizioni delle favole.


MIA SOLTANTO

Non c’è Approdo per la barca avvolta 
Da onde di tempesta,
Trascinati i legni, sbattuti su muri grigi di cielo.
Non bisogna fidarsi delle luci:
Possono essere fari, come fulmini mortiferi
Che si riversano in acqua.
Per troppo tempo ho atteso, sbattuta tra i flutti,
(Con l’acqua alla gola e la mia barca fatta a pezzi)
Che la tempesta si quietasse.
Ogni volta poi costruivo altre barche,
Con la mia sola forza
Pretendendo di portare in salvo
Tutta la ciurma della nave.

Poi un giorno ho raccolto il legno
Antico, pregiato, crepato,
Sulla spiaggia dell’ennesimo naufragio
E ho costruito una casa sulla terraferma
Mia soltanto.


KINTSUGI

Intenta a gettare pietre pesanti da un dirupo, sperando di liberarmene, altrettante, rotolando giù dal monte alle mie spalle, me ne cadevano in testa. Fui trascinata insieme a quella valanga anche io di sotto. Vidi come era fatto il fondo e risalii arrampicandomi proprio sui resti di quelle stesse cose che mi avevano trascinata nell’abisso. Mi ritrovai in frantumi sul ciglio del dirupo e ricucii i pezzi di me con sottili fili d’oro, come i resti di un vaso in un antico mito giapponese.


LA VOLPE E L’UVA

Critiche ai miei passi,
Tra scherni e sguardi di disprezzo
Nei giorni silenziosi trascinano un dolore inespresso
Che ha lo stesso sapore amaro
Di quanto io stessa ho lasciato andare.
Retaggi, illusioni, attaccamenti come ancore.

Ho incontrato molti,
Che non hanno avuto il mio stesso coraggio.
Un dito puntato: l’elsa di una lancia conficcata nel cuore.


COSA RIEMPIE LE CREPE

Si fanno spazio tra le ombre,
Spiragli di luce nuova, fresca, salvifica.

Tra l’inquietudine
Di ciò che non si afferra ancora
In un limbo di pacata attesa
Coltivo speranza acerba a grappoli.

Oltre le crepe la vita
Procede senza chiedere il permesso.


PRENDO RESPIRI TRA NUOVE PROMESSE

Aspetto le ore serali
Quali promessa di tregua dopo un giorno di fuoco.
Prendo respiri che, finalmente profondi,
Riempiono i polmoni di aria che sembra vera.

La notte sembra un quadro
Dipinto che allieta,
Le Cicale un’orchestra
Che accompagna i pensieri.
Lo sguardo fisso
Volto alla volta che mi sovrasta gentile
Tenta di leggere nelle stelle
Nuove promesse.


OMNIA PRAECLARA RARA

Lineamenti si rincorrono arrovellandosi
Come spuma di onde di mare,
Come fronde al vento si piegano,
Come puzzle di pezzi di vita
Li raccolgo, li osservo, li temo.

Lineamenti imperfetti o perfettibili con cui far pace.


NUOVA IMMAGINE

Ho squarciato il mio personale velo di Maya.
È caduta la maschera sociale,
Strappata per il gran fragore la tenda del palcoscenico
In cui recitavo un canovaccio imposto.
Sono corsa nel camerino dopo-scena e ho struccato il volto.
“Domani ne parleranno sui giornali”
Ho sentito dire a qualcuno che aveva pagato il biglietto.
Fa sempre tanto clamore ciò che spaventa i più.
Intanto sorridevo mentre guardavo i tratti riflessi nello specchio
Che finalmente riconoscevo come miei.



miriamromano.docente@gmail.com