FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 69
marzo 2025

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JUAN CARLOS ABRIL: “LA VIGILANCIA” E ALTRE POESIE

di Gianni Darconza



Vi presentiamo una selezione di testi del poeta spagnolo Juan Carlos Abril tratte dalla raccolta Un intruso nos somete (1997) che come inedito ha vinto il Premio Garcia Lorca 1996. Le poesie di Abril sono pervase da un senso di incertezza e smarrimento, di fronte a una natura arcana e misteriosa che pare indecifrabile. Per Abril la scrittura poetica acquista la funzione di costruire un cammino in mezzo a quella “ampia terra di nessuno” che ci circonda, di trovare un confine alle tenebre che ci avvolgono, di cercare in mezzo al caos e all’indeterminazione che caratterizzano il nostro incerto presente valide risposte a questioni metafisiche ed esistenziali, rivolgendo talvolta uno sguardo nostalgico al territorio mitico di un’infanzia “troppo perfetta” (“Tradimento”). Non vi sono punti fermi o certezze nei suoi versi, poiché il poeta può offrire solo i suoi dubbi. Eppure è in quei dubbi che il lettore deve riuscire a riconoscere una parte di se stesso, alla ricerca, continua e mai conclusa, della propria identità. Perché la poesia costituisce anche la parte più autentica dell’essere, è un mezzo privilegiato di introspezione e conoscenza, che ci permette di entrare in contatto con la parte più profonda di noi stessi (“chi parla da solo spera di parlare con Dio un giorno”, recita un celebre verso di Antonio Machado).

Al di là della tradizione della cosiddetta “poesia dell’esperienza” tanto in voga in Spagna, quella di Abril si configura come una ricerca diversa, che si spinge al di là di ciò che i sensi restituiscono. Si tratta piuttosto di un’indagine portata avanti nell’oscurità (“è più notte all’improvviso” dice uno dei versi della poesia che apre questa silloge). E non può non tornare alla mente un celebre racconto della tradizione orientale, in cui ritroviamo Nasrudin, personaggio sancio-chisciottesco, che è intento a ispezionare il terreno sotto un faro. Un passante gli chiede “Che cosa fai, Nasrudin?”. “Sto cercando la chiave di casa”, egli risponde. “Ma sei sicuro che ti sia caduta qui?” insiste la voce. “No, l’ho persa là dentro – dice segnalando la sua stanza buia –, però qui c’è più luce”.

Cercando di seguire quella “terza via” più volte evocata nei suoi saggi sulla poesia attuale, Abril cerca la sua chiave lontano dai riflettori e dalle luci della moderna società, perché solo nell’oscurità e nella solitudine è possibile ritrovare la chiave di accesso per il nostro io più autentico.


Un intruso ci sottomette [Un intruso nos somete] verrà pubblicato da Edizioni Fili d’Aquilone entro il 2025.




POESIE DI JUAN CARLOS ABRIL
da Un intruso nos somete
Universidad de Granada, Spagna, 1997


LA VIGILANCIA

Es fría y azul la noche.

Desconoce su causa
pero se entrega al dar su aroma dulce.
Después, arrebatada y retenida,
es más noche de pronto
cuanto más entretiene
el brillo de sus filos.

Ella cierra el presente.

Estimula su engaño
y se alumbra detrás de cada objeto
igual que si al principio
aquello que creías delicado
fuera una red de espino
y terminara inverso.

Inventarás
nuevas razones, puede que otra historia.

Ancha tierra de nadie, todo huye,
todo se escapa en esta noche sola.


LA VIGILANZA

È fredda e azzurra la notte.

Ignora la sua causa
però si dedica a dare il suo aroma dolce.
In seguito, frenata e trattenuta,
è più notte all’improvviso
quanto più trattiene
la luminosità dei suoi fili.

Lei chiude il presente.

Stimola il suo inganno
e si illumina dietro a ogni oggetto
come se al principio
ciò che credevi delicato
fosse un filo spinato
e terminasse a rovescio.

Inventerai
nuove ragioni, magari un’altra storia.

Ampia terra di nessuno, tutto fugge,
tutto si dilegua in questa notte sola.


TRAICIÓN

Este mundo de enfrente se encarama
donde puede y es tuyo sin saberlo,
a tu vida traiciona sin buscarlo
y no tienes la culpa.

En el pasado
fuiste feliz con la tranquilidad
de aquellos sueños, todas las promesas:
habitaba en tu mente un bosque inmenso
y siempre te asombrabas
con el murmullo de las caracolas.
Te sentías seguro en sus manos, protegido
por la mirada noble y bondadosa del padre.
Detrás de su existencia sólo había
una debilidad única: tú.

Nunca
más brillarán los ojos como entonces,
víctima de una infancia
demasiado perfecta.


TRADIMENTO

Questo mondo di fronte si arrampica
dove può ed è tuo senza saperlo,
la tua vita tradisce senza volerlo
e non ne hai colpa.

In passato
sei stato felice con la tranquillità
di quei sogni, tutte le promesse:
abitava nella tua mente un bosco immenso
e ti meravigliava sempre
con il mormorio delle conchiglie.
Ti sentivi sicuro nelle sue mani, protetto
dallo sguardo nobile e benevolo del padre.
Dietro la sua esistenza c’era solo
una debolezza unica: tu.

Mai
più brilleranno gli occhi come allora,
vittima di un’infanzia
troppo perfetta.


TIEMPO

Fíjate en el injerto de la vida
pues dentro de unos años, este olivo
débil se encumbrará vigoroso, alto
y dará buena sombra.

Al calor de la siesta en los veranos
regábamos los árboles con agua
limpia y fresca del pozo.

Luego mueren los padres
y quedan en los campos signos suyos
como restos después de una batalla
que la evidencia nos devuelve
por todo lo que hubo.

El riesgo,
más acecha y amenaza
cuanto más quieres mantenerte a salvo.


TEMPO

Presta attenzione all’innesto della vita
poiché tra alcuni anni questo ulivo
debole si innalzerà vigoroso, alto
e farà buona ombra.

Nel caldo della siesta dell’estate
innaffiavamo gli alberi con acqua
pulita e fresca del pozzo.

Poi muoiono i padri
e restano nei campi i loro segni
come resti dopo una battaglia
che ci restituiscono le prove
di tutto ciò che fu.

Il rischio,
tanto più sta in agguato e minaccia
quanto più vuoi mantenerti in salvo.


EL CLAVO

Todo lo revivido se estremece.

Repites las historias muy despacio
con los nombres del mundo interpretado
pues lo bello, al final, resulta triste.

Las huidas sin carrera son la imagen
grotesca de los sueños, el agua que se escapa
entre las manos y, por eso, prefieres
cambiar aquellos nombres y lugares, dejar
sólo los hechos con los sentimientos
que arrastran.
Puede ser una señal
y casi te deslumbra.

En el dolor, no obstante,
el abrazo es más rápido que un cepo.

Ser uno mismo, sí, pero antes ser de otros.


IL CHIODO

Tutto ciò che si rivive trema.

Ripeti le storie molto lentamente
con i nomi del mondo interpretato
poiché il bello alla fine risulta triste.

Le fughe senza corsa sono l’immagine
grottesca dei sogni, l’acqua che scappa
tra le mani e, per questo, preferisci
cambiare quei nomi e luoghi, lasciare
solo i fatti con i sentimenti
che si trascinano.
Può essere un segnale
e quasi ti abbaglia.

Nel dolore, ciò nonostante,
l’abbraccio è più rapido di un ceppo.

Essere se stesso, sì, ma prima essere di altri.


DRUNKEN BUTTERFLY

          Para Antonia Martínez Torres

También yo guardaré este atardecer
y el débil roce de los dedos ya sin fuerza
sobre las hojas muertas por las más lentas horas
como una destrucción que no cesa, insistiendo.

Tiempo es pecado.
Así las horas nuevas
serán viejas rompiendo sobre sí
el poder concedido.
Nunca se acabará
la caída, parece que algo
es más alto o más grande,
que el vértigo no impide
mirar lo que los ojos entorpecen
detrás del pensamiento.

La brisa fresca
entretiene tu pelo alegremente
como la recompensa
al más triste paseo
de este bello paisaje que se extiende
y que hemos merecido.

También yo estoy solo y sin nadie,
pero la canción suena
por todo, para siempre.


DRUNKEN BUTTERFLY

          Ad Antonia Martínez Torres

Conserverò anch’io questo tramonto
e il debole sfioramento delle dita ormai senza forza
sulle foglie morte per le più lente ore
come una distruzione che non cessa, insistendo.

Tempo è peccato.
Così le ore nuove
saranno vecchie rompendo su di sé
il potere concesso.
Non cesserà mai
la caduta, sembra che qualcosa
sia più alto o più grande,
che la vertigine non impedisca
di guardare quello che gli occhi intorpidiscono
dietro al pensiero.

La brezza fresca
intrattiene i tuoi capelli allegramente
come la ricompensa
alla più triste passeggiata
di questo bel paesaggio che si estende
e che abbiamo meritato.

Anch’io sono solo e non ho nessuno,
però la canzone suona
per tutto, per sempre.


FIN Y MEMORIA

Nadie sabe lo que pasa y, aun así,
atrás queda un sentido funerario,
el fin de una ceniza
que arrastras con el tiempo.
Me dices que es tu vida y te equivocas.

Todo sigue en su sitio.
Un tren recorre
muy deprisa un país
desconocido, y ese anciano tiembla
frente a una sopa fría.
Lo mira un niño
que sólo espera y aprende,
pero se desconoce.

Y si no basta con la incertidumbre
de unas manos sudadas, aquí tienes,
como para aliviarte de lo huidizo,
la llama y la memoria
con su impulso sereno,
la firme vigilancia
en ti mismo y en tu propia inexperiencia.


FINE E MEMORIA

Nessuno sa quel che succede e, anche se fosse,
dietro resta un senso funerario,
la fine di una cenere
che trascini con il tempo.
Mi dici che è tua la vita e ti sbagli.

Tutto continua al suo posto.
Un treno percorre
molto in fretta un paese
sconosciuto, e quell’anziano trema
davanti a una minestra fredda.
Lo guarda un bambino
che aspetta solo e apprende,
però non si riconosce.

E se non basta l’incertezza
di mani sudate, c’è qui,
come ad alleviarti da ciò che sfugge,
la fiamma e la memoria
col suo impulso sereno,
la ferma vigilanza
in te stesso e nella tua stessa inesperienza.


EL DIABLO EN EL OJO

Algo debe romperse: la obsesión
de la tela de araña
en el rincón oscuro
o los ojos saciados que se abrieron
al combate y así crecen
a su asombro, al vacío
de un contorno maléfico.
Una vez
hubo una casa igual que hubo una imagen
y un rostro para verla.

Entro. La luz del mundo a tientas se abre
y queda una renuncia,
una inmóvil razón que no se apiada
de aquello que descubre y reconoce.

Y soy yo, oculto tras la niebla,
quien se delata ahora
con la dicha y los nombres como un ascua
entre los restos de ceniza.

¿Eres tú acaso, tú, lo que esperaba?

Pensé que era la luz de mi pasado
y sólo fue un destello de mí mismo.


IL DIAVOLO NELL’OCCHIO

Qualcosa deve rompersi: l’ossessione
della ragnatela
nell’angolo oscuro
o gli occhi saziati che si aprirono
al combattimento e così crescono
alla loro meraviglia, al vuoto
di un contorno malefico.
Una volta
ci fu una casa così come ci fu un’immagine
e un volto per vederla.

Entro. La luce del mondo a tentoni si apre
e rimane una rinuncia,
un’immobile ragione che non si impietosisce
di quello che scopre e riconosce.

E sono io, nascosto dietro la nebbia,
quello che si tradisce adesso
con la gioia e i nomi come una brace
tra i resti di cenere.

Sei tu per caso, tu, quello che aspettavo?

Pensai che era la luce del mio passato
e fu solo uno scintillio di me stesso.


Traduzione dallo spagnolo di Gianni Darconza




Juan Carlos Abril (Spagna, 1974)
è Dottore in Letteratura Spagnola presso l’Università di Granada dove lavora come professore. Ha vissuto in Inghilterra, Francia e Italia. Ha ricevuto numerosi premi letterari. Ha pubblicato le raccolte poetiche Un intruso nos somete (1997, Premio Garcia Lorca), El laberinto azul (2001), Crisis (2007), En busca de una pausa (2018) e nel 2024 Poesía reunida (1997-2023). La sua opera è stata inserita in molti lavori sulla poesia spagnola dell’ultimo periodo, tradotta in diverse lingue e sue antologie sono apparse in vari paesi, l’ultima nel 2024 in Messico: Mi vida. Curatore di antologie e traduttore, dirige la rivista Paraíso. Ultimi libri come critico letteario: Modos de la lírica española. Perspectivas para una promoción poética (2023) e La tercera vía. La poesía española entre la tradición y la vanguardia (2024). Ha tradotto Pasolini, Marinetti, Salgari. Michaux.

(Foto di Carlos Serrano)


giovanni.darconza@uniurb.it