FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 51
gennaio/aprile 2019

Ostacoli

 

LUIS ARMENTA MALPICA, CHIAMATEMI ISMAELE

di Alessio Brandolini



Chiamatemi Ismaele [Llámenme Ismael] del poeta messicano Luis Armenta Malpica (1961) è uscito in Messico nel 2014 dopo aver vinto, l’anno precedente e come inedito, il prestigioso premio “Sor Juana Inés de la Cruz” e recentemente è stato pubblicato, in mia traduzione, da Edizioni Fili d’Aquilone. Un libro dove l’avventura e il viaggio (“Questa sì ch’è vita!”) si intrecciano alla rievocazione poetica, alle frenetiche letture dell’autore e, oltre a Herman Melville e al suo imprescindibile Moby Dick e Billy Budd, qui si convocano tanti altri scrittori: Mallarmé, il conte di Lautréamont, Baudelaire col suo albatros che incespica i suoi passi con la lingua e il poeta esule sulla terra, Charles Bukowski che invita a dare la caccia a ciò che si ama (per poi lasciarsene uccidere) e il peruviano Antonio Cisneros, i messicani Guillermo Fernández e Eduardo Lizalde con la sua tigre…

L’autore agita le acque di due secoli di letteratura e stende, da esperto marinaio, le sue reti su un’ampia superficie oceanica: alla ricerca della sua mostruosa balena bianca e del suo canto, di un linguaggio innovatore, “ardente” che da quello passato (dai maestri che sono i fantasmi che accompagno nel viaggio e nell’assalto alla parola, alla poesia) sappia trarre ricchezza e sostanza. L’io lirico qui si muove su diversi piani, rammenda citazioni, pensieri, versi ed esplora il fondo della scrittura, naufraga per poi risorgere e fluttuare in alto mare: libero, in solitaria, in silenzio tra le onde che sbattono sull’anima e sul corpo, dove “la solitudine è una superficie / immune agli arponi”. Tra fiaba, mito, follia e asettiche sale operatorie. Si nuota anche all’interno di sé stessi alla ricerca del proprio io provvisorio, accompagnati dal capitano Achab senza una gamba, tra cetacei e mostri, anche quelli di pietra sparsi nel bosco di Bomarzo voluti dal principe Pier Francesco Orsini e il suo Orco di pietra che morde l’aria.

Chiamatemi Ismaele è un libro musicale e contundente, un lungo poema diviso in 60 parti, più un’apertura (“Embestida/Assalto”) e una chiusura (“Coletazo/Colpo di coda”). Scrive Eduardo Milán nell’introduzione all’edizione italiana: “Luis Armenta Malpica carica letteralmente i naufragi dell’io poetico e, staccatosi dalla vertigine che ha vissuto nell’atto della creazione, ci consegna uno dei libri di poesia più belli, lucidi e coniugati (molti i poeti qui riuniti e citati in modo originale) della poesia messicana attuale. Ed ora anche il lettore italiano potrà immergersi nel limpido oceano di Chiamatemi Ismaele: per nuotarvi, scoprirlo e amarlo”.

Sì, la lettura di questo libro è appassionante, una immersione nel profondo ma con qualcosa di leggero che suscita euforia, con un raro misticismo gioioso dove il candore è già un miracolo come nuotando con ali di angelo in acque trasparenti che via via si trasformano in liquido amniotico, materno, in luce divina: “Chiamatemi Ismaele, ma / in silenzio, il mio vero nome / è bianco”.




POESIE DI LUIS MALPICA
da Chiamatemi Ismaele
Edizioni Fili d’Aquilone, 2019


*

Le decían Moby-Dick
y engullía a los pacientes
como el ogro de piedra (del bosque) de Bomarzo.

Pero llámenlo (Ismael)
con esa lengua ardiente
del desesperanzado (Billy Budd).

Arpones
que le atinan a ese mar
(de azulejos)
sin final ni respuesta.

Con la (indómita) luz media de los ojos
lejos del puerto
una lengua británica y hospitalaria
(el espigón más largo)
como un ahogado

comulga.


*

Lo chiamavano Moby Dick
e inghiottiva i pazienti
come l’orco di pietra (del bosco) di Bomarzo.

Ma chiamatelo (Ismaele)
con la lingua ardente
di quello senza speranze (Billy Budd).

Arponi
che colpiscono quel mare
(di piastrelle azzurre)
senza finale né risposta.

Con la (indomita) luce mediana degli occhi
lontani dal porto
una lingua britannica e accogliente
(il pontile più lungo)
come un affogato

che fa la comunione.


*

De las olas más quietas
(tan humanas)
emerge Moby-Dick.

Este dios imponente
camina por las aguas
con total displicencia.

Lo que tiene de mito
(entre los muelles)
de sagrado (en el bosque)

termina

por hundirlo.


*

Dalle onde più quiete
(così umane)
emerge Moby Dick.

Questo dio imponente
cammina sull’acqua
del tutto indifferente.

Quel che ha di mito
(tra i moli)
di sacro (nel bosco)

finisce

per affondarlo.


*

Las ballenas
—los dragones del mar—
se extinguieron en el Bosque Sagrado de Bomarzo.

De sus piedras
hicieron basamento de otros monstruos
lápidas para la estirpe Orsini
o camino a la casa inclinada de Farnese.

En su nave central
hay unos ojos
(fósiles)
que atestiguan que no era una espada
sino el arpón en fuego de San Jorge
lo que acalló su canto.

Tiempo después un niño
se envenena con la inmortalidad
y transforma
en cetáceo.

Y por sus propias lágrimas
se alejó de los bosques.

Ni así perdió su giba.


*

Le balene
– i draghi del mare –
si estinsero nel Bosco Sacro di Bomarzo.

Delle loro pietre
fecero la base di altre colossali
lapidi per la stirpe degli Orsini
o la strada alla casa inclinata dei Farnese.

Nella sua barca centrale
ci sono degli occhi
(fossili)
che testimoniano che non era una spada
ma l’arpone di fuoco di San Giorgio
ciò che mise fine al suo canto.

Tempo dopo un bambino
si avvelena con l’immortalità
e si trasforma
in cetaceo.

E grazie alle sue lacrime
si allontanò dai boschi.

Ma neanche così perse la sua gobba.


*

Llámenme Ismael, pero
en silencio. Mi nombre real
es blanco
de burlas y de arpones.

Si lo hacen en silencio
no
me importa.

Así escucho a los ángeles. A Dios.
A quien (pacientemente) aguardo con la quijada abierta.

Aunque mi cuerpo es grande, de eslora y emociones
y pese a que hago fila (en este embarcadero)
hacia la noche (tartamuda)
yo

comulgo.


*

Chiamatemi Ismaele, ma
in silenzio. Il mio vero nome
è bianco
di burla e di arponi.

Se lo fate in silenzio
non
m’importa.

Così ascolto gli angeli. E Dio.
Che (pazientemente) aspetto con la mascella aperta.

Benché il mio corpo sia grande, di lunghezza ed emozioni
e nonostante faccia la fila (su questo imbarcadero)
verso la notte (balbuziente)
io

faccio la comunione.


*

El destino de las sombras no es
el silencio, sino la luz.
Los hombres requerimos de un recuerdo para hacernos
de palabras y decirle mundo
al mundo, respuesta
a la pregunta, suposición
al ser.

El cielo nos cobija de abandono y en las nubes
no cabe un muerto más. Son
el vivo reflejo de los hombres
en tierra. Nadie avanza
con su propia memoria. No hay impulso
gravedad en la huella
sin la raíz de todos. Acaso
algún destello que nos hace situarnos
frente a la inmensa noche de los días: adivinar
un sol en la mirada de quien amamos
tanto.


*

Il destino delle ombre non è
il silenzio, ma la luce.
A noi uomini occorre un ricordo per avere
le parole e chiamare mondo
il mondo, risposta
la domanda, supposizione
l’essere.

Il cielo ci ripara dal distacco e sulle nuvole
non c’è posto per un altro morto. Essi sono
il vivo riflesso degli uomini
in terra. Nessuno va avanti
con la propria memoria. Non c’è impulso
gravità nell’orma
senza la radice di tutti. Forse
qualche scintillio che ci spinge a rimanere
davanti all’immensa notte dei giorni: predire
un sole nello sguardo di chi amiamo
tanto.


*

Para empezar de nuevo
hay que decirlo
(como si fuera un verso): no existe
Moby-Dick.

Sólo soy
Ismael

(yo es otro).


*

Per iniziare di nuovo
occorre dirlo
(come se fosse un verso): non esiste
Moby Dick.

Sono soltanto
Ismaele

(io è un altro).


*

Cual si fueran de lejía las olas
el esqueleto de la playa se blanqueaba
parejo.

Y aparejado en sus orillas
el albatros de Baudelaire
tropezaba sus pasos con la lengua.

Colocamos su locura en unos botes plásticos
para que no flotara

inconsolable

a la deriva
ese pájaro alcanzó su altivez
al caer de la tabla.

El quirófano se quedó en santa paz.
Aséptico. Tan plástico
que cerramos los ojos para que

no doliera
(santa paz)

su blancura.


*

Come se le onde fossero candeggina
lo scheletro della spiaggia uniforme
sbiancava.

E piazzato sulle rive
l’albatros di Baudelaire
incespicava i suoi passi con la lingua.

Mettemmo la sua follia su scialuppe di plastica
affinché non galleggiasse

inconsolabile

alla deriva
quell’uccello raggiunse la sua altezzosità
nel cadere dall’asse.

La sala operatoria rimase in santa pace.
Asettica. Così plastica
che chiudemmo gli occhi affinché

non dolesse
(santa pace)

il suo candore.


*

Abro la mano para contar mis dedos
sentir lo que dejaron escapar
y agoniza en el piso.

Un pececito blanco
(apodo de su tía)
ha circunnavegado las líneas
de la mano a la voz
desde adentro
hacia afuera.

Cierro una puerta más.
Olvido que la llave
se resbala.

Me trago las palabras
(como en una oración)
las dosifico
como si fueran píldoras
y me persigno

y duermo
sin temblores ni asfixia
entre mis puños.

Como mudo testigo un ballenero.
Su capitán, sin pierna.
Los marinos, sin voz.

Y es el mástil una imponente horca
de la que (solo) cuelgo.


*

Apro la mano per contare le mie dita
sentire quello che lasciarono sfuggire
e agonizza sul pavimento.

Un pesciolino bianco
(nomignolo di sua zia)
ha circumnavigato le linee
della mano dietro l’ordine
dall’interno
verso l’esterno.

Chiudo una porta in più.
Dimentico che la chiave
scivola.

Mi mangio le parole
(come in una preghiera)
le doso
come fossero pillole
e mi faccio il segno della croce

e dormo
senza tremori né asfissia
tra i miei pugni.

Come muto testimone un baleniere.
Il suo capitano, senza gamba.
I marinai, senza voce.

E l’albero della nave è un’imponente forca
dalla quale (solo) pendo.


*

Muerdo mi brazo
la mano que me da de comer
el dedo que me apunta.

Muerdo mis uñas
hasta probar la sangre
noble de los Orsini.

Abro la boca
para tragarme el bosque
el mundo entero.

Y para ellos no soy
sino un ogro
de piedra.


*

Mordo il mio braccio
la mano che mi dà il cibo
il dito che mi indica.

Mordo le mie unghie
fino a gustare il sangue
nobile degli Orsini.

Apro la bocca
per inghiottire il bosco
il mondo intero.

E per loro non sono
altro che un orco
di pietra.


*

La persona que firme este diagnóstico
no será la culpable de mi huida.
La enfermedad, me dicen
puede apenas mirarse
entre los sueños. La sombra
de una almohada
que Billy Budd coloca firmemente
para acallar mi cuerpo.

Le dejo a mis ausentes todo el canto.
Mi grasa, al enemigo Ahab.
El aceite, a los buitres.

Sólo pido que si baja un albatros
buscando mi grisámbar
por hermandad de bestias
lo destrocen.

Alto morir al fondo de uno mismo
lejos de puertos, buques, hospitales
ciego y loco…
¡esto sí es vida!


*

La persona che firmerà la diagnosi
non sarà colpevole della mia fuga.
La malattia, mi dicono
può solo vedersi
nei sogni. L’ombra
di un cuscino
che Billy Budd sistema con forza
per zittire il mio corpo.

Lascio ai miei assenti tutto il canto.
Il mio grasso, al nemico Achab.
L’olio, agli avvoltoi.

Chiedo solo che se planasse un albatro
in cerca della mia ambra grigia
per fratellanza tra bestie
lo distruggano.

Una morte gloriosa nel fondo di sé stessi
lontano da porti, navi, ospedali
cieco e pazzo…
Questa sì ch’è vita!


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini


Luis Armenta Malpica, Chiamatemi Ismaele, Edizioni Fili d’Aquilone, 2019, pagg. 162, euro 15




Luis Armenta Malpica
nato a Città del Messico nel 1961 è poeta, saggista e direttore di Mantis Editores. Dal 1974 vive a Guadalajara. Ha vinto diversi premi per la poesia, in patria e all’estero, tra i quali si distaccano: “Poesía Aguascalientes” (1996); “Nacional de Poesía Ramón López Velarde” (1999); “Nacional de Poesía Efraín Huerta” (1999); “Jalisco en Letras (2008); “Nacional de Poesía José Emilio Pacheco” (2011); “Internacional de Literatura Sor Juana Inés de la Cruz” (2013); “Encuentro de Poetas Enrique González León (2016) e “Jaime Sabines-Gatien Lapointe” (Canada-Messico 2017). Ha ricevuto diversi premi anche come editore.
Ha pubblicato venticinque libri di poesia, i più recenti sono: El agua recobrada (antologia, Spagna, 2011), Envés del agua (Messico, 2012), Papiro de Derveni (Messico, 2013), Llámenme Ismael (Messico, 2014), The Drunkenness of God (Usa, 2015), Götterdämmerung. Antologie minime (Canada-Messico, 2015), Götterdämmerung. Antología personal (Ecuador, 2015; Messico, 2017), Greetings to the Family (Messico, 2016), Voinţa Luminii (Romania, 2017) e Enola Gay (Messico, 2019). Suoi testi poetici sono stati tradotti in molte lingue e inseriti in antologie messicane e straniere, in Italia in: Dalla parola antica alla parola nuova. Ventidue poeti messicani d’oggi (Raffaelli, 2012, a cura di Emilio Coco). In Italia è apparsa anche la raccolta poetica, in edizione bilingue, Volontà della luce (Sentieri Meridiani, 2011, a cura di Emilio Coco).
Chiamatemi Ismaele [Llámenme Ismael] è stato pubblicato in Messico nel 2014 dal FOEM (Fondo Editorial Estado de México) dopo aver vinto come inedito, nel 2013, il “Premio Internacional de Literatura Sor Juana Inés de la Cruz”.

alexbrando@libero.it