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Era l’ora prima della storia
con il sole e tutto il resto.
Gli ormeggi infermi in un’ansa
per timore della mareggiata
e quello zingaro sull’angolo,
la fisarmonica, un cappello
qualche spicciolo a brillare.
Così l’inseguirsi degli sguardi
scrisse la promessa in bianco
nell’ala di un maggio senza direzione.
*
Esistiamo all’imbrunire,
sul molo che si allunga
nel baleno e ci spoglia
evadendo verso la quadra
l’ipotesi della scotta.
Sei pronto per me?
cantano i fianchi
al muto idioma
ingannevole del toro,
promessa di rovina
estorta all’ampio sguardo
che prevede
un incalzare brillamenti,
mutar forma
sgretolate sillabe.
*
Al poggio degli oleandri
la sera insinua nelle ossa
un desiderio ruvido
a dragare le vene.
Affamato dei tuoi spazi
il piacere prende corpo
e dilata il lamento
per qualcosa che non c’è.
Ricominciare poi
tra le carezze
potrà rifarci complici
nel tacito preludio al risveglio.
*
Cosa dispiega questo cercarsi
nel ricamo delle labbra
se l’intravisto non ha luogo
e i vestiti restano al corpo.
Settembre dispera dentro
le vetrine per abituarmi
all’idea che la magnolia
non si spacca
nell’assenza di Persefone.
Una sigaretta lasciata
a metà sibila il non detto,
l’appuntamento mancato
per tornare all’amore.
*
Se sapremo arrenderci
all’esercito del rifiuto
i lineamenti del mattino
apriranno altre crepe
alte sul mare.
Abiteremo gli orti e logge
sorteggiati
per sbiancare tra schiaffi di vento
e raccontarci del tempo
dissipando le ore
che sottrarremo al lutto, più felici.
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