FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 51
gennaio/aprile 2019

Ostacoli

 

AI PIEDI DELL’ALBERO DELL’AMBRA LIQUIDA
Sul libro di poesia di Carmen Villoro Liquidámbar

di Marco Benacci



Liquidàmbar s. m. (ant. liquidambra s. f. e liquidambro s. m.) [dallo spagn. liquidambar, comp. di líquido «liquido» e ámbar «ambra», propr. «ambra liquida»; lat. scient. Liquidambar s. f.]. – Genere di piante amamelidacee con poche specie arboree, originarie dell’Asia e dell’America del Nord.{1}

Liquidàmbar, l’albero dell’ambra liquida. Un titolo bellissimo. E dietro di esso c’è molto più che una raccolta poetica e tanto meno un libro di poesie [Liquidámbar], pubblicato in Messico da Mantis Editores di Luis Armenta Malpica nel 2017. Di alberi così in Chiapas ce ne sono tanti, ma c’è uno, a Oventic, tra le cui radici sono state sepolte parte delle ceneri del padre di Carmen, Luis Villoro (1922-2014), grande filosofo messicano che aveva sposato la causa zapatista diventando per gli indigeni un interlocutore speciale tanto da averlo voluto sepolto nella loro terra. È rovistando tra quelle radici, che sono anche le radici del rapporto padre-figlia, che l’autrice inizia un dialogo luminoso che abbraccia la perdita, il lutto, la morte, mediante un elemento di vita naturale: l’albero, anzi, l’Albero.

L’Albero, il Liquidàmbar, situato «Vicino all’auditorium / dove gli uomini pensano a voce alta / vicino alla chiesa / dove gli uomini pregano a voce bassa», diventa non solo il mausoleo in cui pregare, ma esso stesso si fonde coll’immagine del padre, in una meravigliosa combinazione tra la potenza dell’elemento naturale e il pensiero del filosofo, entrambi strettamente legati alla terra del Chiapas e ai movimenti zapatisti.
Attraverso una serie di componimenti annodati tra loro, che hanno il ritmo di una ventosa nenia, si rielabora in maniera intima la morte del padre, con echi che richiamano lo Sbarbaro di Pianissimo; ma la rielaborazione avviene anche per la figura del filosofo, dell’uomo, soprattutto grazie allo sguardo altrui, gli “altri” emarginati, quelli col volto coperto dal passamontagna, che lo avevano accolto e amato.

Liquidámbar è un’emozione continua che riporta continuamente ai temi che hanno popolato la mente degli esseri umani sin dalla loro comparsa sul pianeta Terra, ossia il rapporto tra il mondo vegetale e quello della morte, per giungere all’origine della vita.
Per questo è stato molto difficile fare una selezione di poesie da presentare ai lettori di questa rivista: estrapolare dei componimenti dall’insieme significa un po’ ucciderne completamente il senso, come strappare i rami all’albero. La scelta quindi, lo dico in maniera molto onesta, è stata fatta “a caso”, guidata solo dalla volontà di mostrare i tantissimi stili usati dall’autrice e quella chiara malinconia che si sente in sottofondo.

Per concludere, come nel libro, è necessario tornare all’inizio: che cosa c’è dietro il titolo Liquidàmbar, dietro quella copertina? Dietro c’è un universo affascinante che non arriveremo mai a comprendere, un po’ perché è un libro assolutamente personale, nato dalla necessità dell’autrice di instaurare nuovamente un dialogo col padre, e un po’ perché i temi affrontati sono così elevati che è impossibile per noi trovarvi dentro delle risposte. L’unica cosa che possiamo fare è scegliere un sentiero che ci porti ai piedi dell’albero e cercare l’origine di noi stessi, mentre veniamo cullati dalla canzone di Carmen che odora di rituale antico, di offerta alla natura, che è vita.

Liquidámbar di Carmen Villoro verrà pubblicato, in mia traduzione, a ottobre di quest’anno da Edizioni Fili d’Aquilone, con lo stesso titolo [Liquidàmbar].



{1}Treccani, Vocabolario on line, voce: Liquidàmbar, consultato il 05/03/2019.




POESIE DI CARMEN VILLORO
da Liquidámbar
Mantis Editores, Messico 2017


UN ÁRBOL

Entre todos los árboles
hay uno que me importa.

Lo alimenta la luz de la mañana
lo habitan pájaros
el viento lo sacude
la noche lo refresca
como a todos.

Pero ese árbol preciso me interesa.

Quiero que tenga el agua necesaria
abonar su terreno
cuidar sus hojas, una a una
y proteger sus brotes y sus tallos.

Ese árbol
tan viejo y tan lejano
me obsesiona:
no quiero que se muera.


UN ALBERO

Tra tutti gli alberi
ce n’è uno a cui tengo.

Lo nutre la luce del mattino
lo abitano uccelli
il vento lo scuote
la notte lo rinfresca
come a tutti.

Ma è proprio a questo albero che tengo.

Voglio che abbia l’acqua necessaria
concimare il suo terreno
curare le sue foglie, una a una
e proteggere i suoi germogli e i suoi fusti.

Quest’albero
così vecchio e così lontano
mi ossessiona:
non voglio che muoia.


RE-SIGNA-CIÓN

re-signo
otro signo al dolor
otro color:
del rojo oscuro
al ámbar.

Liquidámbar
.


RAS-SEGNA-ZIONE

ras-segno
altro segno al dolore
altro colore:
dal rosso scuro
all’ambra.

Liquidàmbar.


*

Vi tu tronco reseco desplomarse
tu corteza rugosa abrirse en grietas
para exhumar el líquido caliente
de tu vida interior.

Yo vi escurrir la sangre por tu tallo
las gotas púrpuras, aceitosas
saliendo de tu piel.

Vi caer tu dolor sobre la alfombra
dejando una pequeña, inmensa oscuridad.

Te oí crujir. Tus ramas se alargaban
angulosas, rehusando la quietud.


*

Ho visto il tuo tronco rinsecchito crollare
la corteccia rugosa aprirsi in crepe
per riesumare il liquido caldo
della tua vita interiore.

Ho visto sgocciolare il sangue dal tuo fusto
le gocce porpora, oleose
che uscivano dalla tua pelle.

Ho visto cadere il tuo dolore sul tappeto
lasciando una piccola, immensa oscurità.

Ti ho sentito scricchiolare. I tuoi rami si distendevano
angolosi, respingendo la quiete.


RE-SIGNA-CIÓN

re-signo
otro color al signo
otro dolor:
del ojo oscuro
al ámbar.

Liquidámbar.


RAS-SEGNA-ZIONE

ras-segno
altro colore al segno
altro dolore:
dall’occhio scuro
all’ambra.

Liquidàmbar.


*

Cerca del auditorio
donde los hombres piensan en voz alta
cerca de la iglesia
donde los hombres rezan en voz baja
está el Árbol.

Le llaman Liquidámbar.

Le han puesto tantas flores
que no se mira el tronco.
Sus hojas como espadas
cortan el aire y vibran
tiritan
se desperezan
hablan, se agitan
sutilmente.

Guardo silencio, escucho:
augurios de la tierra
pensamientos
latidos vegetales
agua que corre por sus ramas altas
susurros.

A sus pies
en la cuna que forma su raíz
arden las cenizas de mi padre
aunque reposan.


*

Vicino all’auditorium
dove gli uomini pensano a voce alta
vicino alla chiesa
dove gli uomini pregano a voce bassa
c’è l’Albero.

Lo chiamano Liquidàmbar.

Gli hanno messo tanti fiori
che non si vede il tronco.
Le sue foglie come spade
affettano l’aria e vibrano
tremano
si stiracchiano
parlano, si agitano
leggermente.

Faccio silenzio, ascolto:
presagi della terra
pensieri
battiti vegetali
acqua che scorre tra i suoi rami alti
sussurri.

Ai suoi piedi
nella culla formata dalle sue radici
ardono le ceneri di mio padre
benché riposino.


*

Convierte, Liquidámbar
la sangre de mi padre en miel.

Toma su polvo herido
llévalo por las grutas
de tu saber benigno hasta la luz.

Dale a su color la transparencia
de sus emanaciones
los aceites más profundos de tus ríos.

Dame a mí la resina necesaria
para entender el rito de las flores
los lutos que perduran.


*

Converti, Liquidámbar
il sangue di mio padre in miele.

Prendi la sua cenere ferita
portala tra le grotte
del tuo sapere benigno fino alla luce.

Dai al suo colore la trasparenza
delle tue emanazioni
gli olii più profondi dei tuoi fiumi.

Dai a me la resina necessaria
per comprendere il rito dei fiori
i lutti che perdurano.


*

Liquidámbar
señor de lo que fluye y está quieto.
El río de nombra
y la luz te dibuja.

Señor de los consuelos
dame la joya de la resignación.


*

Liquidámbar
signore di quello che fluisce ed è quieto.
Il fiume ti nomina
e la luce ti disegna.

Signore delle consolazioni
dammi la gemma della rassegnazione.


*

Quítale al tronco su raíz.
A la rama, el tronco.
Quita la hoja, la rama
que la sostiene
y a la flor, la hoja
y al fruto, la flor que lo parió.

Solo, sin su árbol
al fruto no le queda más remedio
que ser
árbol.


*

Stacca al tronco la sua radice.
Al ramo, il tronco.
Stacca la foglia, il ramo
che la sostiene
e al fiore, la foglia
e al frutto, il fiore che lo partorì.

Solo, senza il suo albero
al frutto non rimane altro
che essere
albero.


*

Cae en mi memoria tu rostro, papá
y comprendo tu entrega a este fragor
tu incendiada vejez
tu entusiasmo vibrante
cada vez que volvías de la montaña.

Como gotas de lluvia cae tu voz
mientras me acerco al árbol donde duermes
guiada por Moisés
cuidada por David
custodiada por todos los hermanos.

Ahora comprendo tu gratitud final.

Y como el ámbar guarda
reliquias de la tierra
yo atesoro tu voz
y pronuncio
en silencio
tu última palabra.


*

Il tuo volto scende nella mia memoria, papà
e ho compreso la tua consegna a questo fragore
la tua incendiata vecchiaia
l’entusiasmo vibrante
ogni volta che tornavi dalla montagna.

Come gocce di pioggia scende la tua voce
mentre mi avvicino all’albero dove dormi
guidata da Mosè
curata da David
custodita da tutti i fratelli.

Ora comprendo la tua gratitudine finale.

E come l’ambra conserva
reliquie della terra
io faccio tesoro della tua voce
e in silenzio
pronuncio
la tua ultima parola.


*

Tú me diste la vida
y me diste la muerte.

Eres mi muerte más real.
Por ti la muerte existe.

Yo moriré completamente
de una muerte total
como la tuya.

Ahora creo en la muerte.

Es posible morirse:
tú lo hiciste muy bien.

Si tú puedes, yo puedo.

Antes de ti, la muerte era una idea
sólo palabra oscura.

Tú la hiciste presencia
la hiciste acto.

Yo te la vi vivir
de cuerpo entero.


*

Tu mi hai dato la vita
e mi hai dato la morte.

Sei la mia morte più reale.
Per colpa tua la morte esiste.

Io morirò completamente
di una morte totale
come la tua.

Ora credo nella morte.

È possibile morire:
tu lo hai fatto molto bene.

Se tu puoi, io posso.

Prima di te, la morte era un’idea
solo parola oscura.

Tu la rendesti presenza
la rendesti atto.

Io te l’ho vista vivere
con tutto il corpo.


*

Sentado en una silla
frente a la fuente esperas
mi regreso.


*

Seduto su una sedia
davanti a una fonte aspetti
il mio ritorno.


*

Ejército de Dios, los emisarios
para infundir el miedo
en el centro del músculo encendido
donde la hoguera canta su destierro

Se establecen las rutas
se estrangulan las grietas
se cavan las arterias
vena cava
subclavia poderosa
se abre la zanja honda
hendidura
dura madre
más dura y más quebrada
hasta romperse
de tanta sequedad
de tanto ardor

Es el miedo
–susurraron las aves


*

Esercito di Dio, gli emissari
per infondere la paura
nel centro del muscolo acceso
dove il focolare canta il suo esilio

Si stabiliscono le rotte
si strangolano le crepe
si scavano le arterie
vena cava
succlavia poderosa
si apre la fossa fonda
fenditura
dura madre
più dura e più rovinata
fino a rompersi
da tanta siccità
da tanto ardore

È la paura
– sussurrarono gli uccelli


*

Salimos de Etiopía.
Tuvimos otra raza y otra razón de ser.
Tuvimos otro ser en la memoria
de ser otro, nos fuimos convirtiendo
en lo que somos.

Tú lo dijiste un día
asomado al abismo de la muerte.
Fuimos dejando rastros
como generaciones a lo largo de Dios.
Le llamamos historia a ese misterio
de buscar nuestro centro.

Los confines marcaron nuestra fisionomía
con signo de palabras
y nos llamamos hija y padre
en diversos idiomas.

Pero ¿éramos tú y yo?

¿Éramos el impulso que conquistó los ríos
que hizo crecer los cauces
que derribó los diques
y levantó ciudades?

¿Éramos diferentes, papá, en ese entonces?

Tú vislumbraste, al filo de tu vida
en el límite justo, que cruzarías al fin
nuestro pasado errante.


*

Partimmo dall’Etiopia.
Avemmo un’altra razza e un’altra ragione d’essere.
Avemmo un altro essere nella memoria
di essere un altro, ci trasformammo
in quello che siamo.

Tu lo dicesti un giorno
affacciato all’abisso della morte.
Lasciammo segni
come generazioni attraverso Dio.
Lo chiamammo storia quel mistero
di cercare il nostro centro.

I confini marcarono la nostra fisionomia
con segni di parole
e ci chiamammo figlia e padre
in differenti lingue.

Ma eravamo tu e io?

Eravamo l’impulso che conquistò i fiumi
che fece crescere i canali
che abbatté le dighe
ed eresse città?

Eravamo diversi, papà, allora?

Tu scorgesti, sull’orlo della tua vita
nel limite esatto, che avresti attraversato infine
il nostro passato errante.


Traduzione dallo spagnolo di Marco Benacci e Alessio Brandolini




Carmen Villoro
psicanalista e poeta è nata a Città del Messico nel 1958 ma vive a Guadalajara dal 1985.
Ha fatto parte del Sistema Nazionale di Creatori del FONCA. Ha pubblicato libri di poesia e di prosa poetica, tra i quali El tiempo alguna vez (1990), El habitante (1998), Jugo de naranja (2000 e 2008, tradotto in francese e pubblicato in Canada nel 2017), Obra negra (2006), Espiga antes del viento (2011), Liquidámbar (Mantis editores, 2017). Ha scritto testi per cataloghi di artisti plastici e saggi sul processo creativo. Ha ricevuto il Premio Jalisco nel 2016 e il Premio Internazionale Hugo Gutiérrez Vega nel 2018.

 

marco.benacci@live.com