FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 51
gennaio/aprile 2019

Ostacoli

 

GRAZIA CHE DI OSTACOLO IN OSTACOLO AVANZA

di Danila Boggiano



*

Avanzano le mie Sibille
su sentieri bianchi di luna,
attraverso valli sfocate di nebbia,
dirupi scendono
che mai passo ha sfiorato,
così dolci, dagli occhi velati,
il cuore una lampada,
la pelle un tappeto di fiori
E si gonfia la schiera,
dal Tempo trae antiche compagne,
ognuna una trama recisa.
Se guardi la sera
dove il grumo dell’aria
addensa la gola,
sillabe puoi trovare in cerca del suono,
stanze sbarrate in attesa di un volo,
le mie Sibille che danzano
su lame di fuoco.


*

Hanno finestre spalancate
ampie sul mare
le stanze estreme della mia mente
e veli ventosi appesi
alla soglia del precipizio.
Tentare il fiore tenero dello squarcio,
punto azzurro schiuso
dentro il mio sguardo,
è il segreto, tu comprendi,
che mi incanta e mi dispera.


*

E poi incontrai il mare
una possibilità,
un’eco ansiosa che mi sorprese
come, dopo un passaggio
buio segreto, la luce.
Entrai nel vento
e riconobbi il seme
del girasole intento
al suo punto sulla terra
e così di desiderio acceso
da non vedere la nuvola,
la nuvola dell’umiliazione
che già tutto lo avvolgeva
e intensamente ne soffriva.


*

Opprimeva
come corda tesa sui passi,
l’estate
scorza che soffriva esuberanze
eppure trasparente al punto della negazione,
desiderio
da arcate di pietra sotteso,
sentiero contro un muro sfinito.
E danzavamo i giorni ventosi,
la grazia della terra imbevuta,
aspettavamo un segno
che schiudesse le ore,
infiorescenza intravista o sognata.
Ci guardava un viso velato
dalla soglia socchiusa.


*

Attraversammo la pioggia,
la pioggia attraversammo
della nostra solitudine
fumosa densa sui lampioni
di novembre,
senza scampo dietro i vetri
della casa
o il mare attraversammo
a sedurre indiscreti la sponda
nera del silenzio
e non sapevamo che la vita
era il salice nel vento,
il passo velato della sera
e così ci innamorava la luna
perché lei sola comprendeva il Tempo
e non ne moriva.


*

Taci, dolce Sibilla
dalle parole piumate,
non ascolta il re
cuore nero di pietra.
Tu che sai lo stupore
dell’aquilone impigliato
tra i rami del melo la sera,
l’urlo del pesce sul vetro
dell’acquario crudele,
non piangere il cielo deluso,
il mare ingannato.
Non piangere, dolce Sibilla
la litania dei giorni
serrati nel palmo della tua mano,
presofferta polvere,
volto irrequieto e d’oro
di tutte le mie lune.


La silloge è inedita.


danila.boggiano@libero.it