FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 50
settembre/dicembre 2018

Aurora

 

L’OGGETTO DEL DESIDERIO
Nove testi per trasformarsi in un’aurora

di Mario Fresa



*

La ragione è una polvere buccia
ed è a un passo da me.
La uso come timpano gentile
e la do tutta ai doganieri: Sabato, Bruno, la Betti;
perfino i due Cirillo; anche a sua figlia Chiara.
Precisi animali; sempre mancanti,
lamentosi. D’istinto si camuffano,
allora, e fanno i dimostranti; il viso
si chiama Chiara camminante.
E tu sei troppo carica, le dico! Anzi, al confronto,
sembri un attacco feroce alla democrazia.
Tu mosca di classe, da fine degli studi;
amica reazionaria e
fretta mutazione. Così fumo davvero, in questi
giorni, cento pacchetti di meraviglia:
per non essere te, mosca o ragione,
con le mani affogate in un’ombra
leggera di memoria.


*

Si sdraia come una foto e chiama
addosso te, nel mezzo della malaria amore.
Allora Garinei, contro Luisa,
dice di essere, all’Ispettore, più un uomo vivo
che l’ultimo arrivato.
Ma un uomo vivo, protesto io, casca sempre
nelle parole altrui; e muore ogni minuto
ad ogni nuovo nome decifrato:
Garinei, Luisa, Pio.
E questa firma, caduta
in una crepa, ti fa davvero un occhio
quasi glaciale; è un gigante da lavoro, da biglietto
di auguri; e non so leggerlo più.
Ha un odore narice
che nessuno lo capisce, a parte me…

… e infine un’esplosione s’alza,
facendo ribollire, confusamente
insieme, respiro e verità…


*

Qui c’è un’altezza liquida, confusa nella camera zitta
e sincera come poche: nodo legato subito al sonno.
Luigi, al primo posto, dice di avere
qualche ramo di anarchia.
Non gli va molto di studiare. Solleva piano
qualche risposta: magra balbuzie
di vero drago. Ma la gente non vuole
questi regali da lingua assurda: vuole carne,
esperienza, solidità; contare prima e poi
capire. Così, tutti d’accordo,
riaprono il film: nel primo tempo, il diavolo
getta la borsa al fiume
e continua a estrarre rubli sonanti: Uno ne togli
e un altro, come vedi, è sempre lì.

Spedisce a fondo ogni preghiera
e ride tutta, lei, come una fabbrica di povera
salita; il male attaccato alla parete spegne
la luce, e non risponde più.


*

Tutti anneghiamo alle nostre spalle come
una lingua sottile da caviglia:
un po’ di magro territorio che non ci fa
sparire come vogliamo. Smisto i santi in pacchetti
da mille, e li divoro come vengono, così, sotto le dita,
visto che – a conti fatti – lo spirito sconcerta
e parla fino al limite preciso della pelle.
Allora buonanotte, mi dice lui – sottile
come un dito: su questa terra,
dunque, non è rimasto più nessuno?


*

Quindi, è più importante stare, in pochi attimi, davanti al sole che dura finché prende la tua nuca addormentata e mai risale come te, ora già tanto familiare e soffice-gentile; oppure nobile, bifronte, con una certa vista quasi all’aperto: e più veloce, dicono, di te. Gianni non esce; protezione speciale da nera pubblicità (e aggiunge pure: che schermo grande! ma la pelle, così, non ti fa male?). Anche i disturbi degli altri ci fanno dunque l’orma di un attacco, proprio a noi due; adesso basta sfiorare il punto, ripete l’abile attrice del Corso: e poi, sospira, se mi riuscisse! Come un fiume stanco che si volta in temporale. Gli diamo un volto breve e azzurro. Quand’è che siamo entrati così, come fogli pacati, tipici di chi non vuole ragionare più? Tutto ha paura del mondo e arriva il fiato a scatti, come l’ombra finita dei miracoli che dice zitto, e che sta lì a smentire finché può, fingendosi un po’ madre e un po’ docile ossigeno di scorta….


*

Il nonno l’ha trovata unita al nome del mittente, senza nessuna
spiegazione per la bocca andata quasi in pezzi, solo per lei;
e appena la sua amica se n’è andata, biascica il nonno sulla via,
si tira le ginocchia fino al petto e si fa tutto indietro,
come ha detto sua sorella Leonora (smascherata solo alla fine):
ma che succede? Si sveglierà con un feroce mal di testa e
ricadrà nel fumo dell’intera scolaresca; e intanto trema tutta,
così, mentre il motivo lo invade e prende le distanze solo due giorni
prima della scelta: finale da stanza-padre. Rimorso e questo
inverno. Il fatto è che non ha davvero altro, nella sua testa:
pensa alla sua faccia di animale appeso al gancio.
L’infanzia è un parlatorio interpretato da lui: piano, sedute
memorabili, con tutti i segni dello sfacelo - da dormire proprio
a lungo, fino a creare quell’imprevisto, selvaggio sorriso:
facciamo che alla fine ci trovano di notte, e noi ce ne fuggiamo
come nel sonno, correndo a perdifiato,
con l’illusione di non muoverci mai più?


*

Anche tu sembri ammalato. Oh sì, l’ho visto.
Facevo la ronda, battendo il fiammifero sopra le porte.
Se temi l’umidità, noi gli vorremo bene lo stesso.
C’è pane in abbondanza e vino aspro.

Ma lascia che ti dia qualcosa da metterti addosso.
E intanto, vorresti che ti avesse tenuta prigioniera…
come il primo motore in disaccordo col secondo,
o come due fratelli atterriti: e il mare-serpente
le sfiora il piede e tutti i suoi amici continuano
a descriverla da viva, per non dimenticarla così presto…


*

Alcuni gli vogliono bene quanto basta, felice purgatorio
senza vele – e lui così, turbante sulle gambe; occhio sparito
fin dal principio; si sposerà? –. Eppure adesso gli sale
tra le gote un vento leggerissimo che resta
senza pace. Poi lascia la nostra roba all’aria,
e nel silenzio messo presto in discussione (gridare
dalla finestra fino a volersi rovinare proprio il mento,
le gambe, la prossima stagione…).

Più centrale, più acuta. Se ne ricorderà.
Ecco la luce che fa più uguale, adesso,
il tuo veloce sguardo al mio.
I nomi precipitati giù dall’ascensore, o semiaperti,
dimenticati; confusi soprattutto per il caldo innaturale.
Un accidenti che vuole proprio me, anche se dice
di non sapere amare.

Se qualcuno, cioè, gli vuole bene,
non lo dirà proprio a nessuno.
Mai rendere pubblico un disastro.


*

Un luogo esiste almeno cinque volte.
I successivi due anni nessuno ne sa niente e lo teniamo
a bada, giusto ai confini della guerra. Per essere felici,
apriamo i nervi ottici e stacchiamo l’ombra netta
alla radice: un modo di spezzare il tuo cervello
quasi perfettamente in due.
Accade, allora, che lui – nel centro del dolore –
torni ogni giorno al mio indirizzo.
Riprovano a lasciarci sulla rotta,
senza mutare o restando con una certa età;
viene da dentro, come se lui non fosse un mostro
che ha un solo desiderio: passare dal fatto alla certezza pura.

Facciamo il tutto esaurito.
Se non ti volti nemmeno adesso – è tutta qui la mia
speranza – tu dormirai nel nulla,

come salvato dall’attesa.


I testi sono tratti da Svenimenti a distanza, il melangolo, 2018.


mario748@virgilio.it