FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 49
maggio/agosto 2018

Consenso & Dissenso

 

IL DISCONNESSO (PAPÀ, SEI OUT)

di Armando Santarelli



Credetemi, è triste, mi fa star male. Sono rimasto uno dei pochi italiani a non saper usare gli aggeggi (vocabolo inappropriato e obsoleto, ahimè) che questa maledetta tecnologia sforna a getto continuo. C’iò solo un telefonino (che sembra più una vecchia ricetrasmittente della Polizia e che i miei figli chiamano er dinosauro), e lo metto in funzione quando supero Napoli (se vado al sud) e Firenze (viaggiando verso nord). Ovviamente, se proprio devo usarlo mi nascondo, perché mi è già successo di vedere gente che mi fulmina con occhiate di scherno e smorfie di riprovazione, o che inizia a sghignazzare senza ritegno.

Disgraziatamente, siamo più esposti alla tecnologia di un deserto al sole. E dunque, pur non essendo interessato a pubblicazioni, articoli o semplici informazioni riguardanti i gadget tecnologici (si dirà così?) è impossibile non leggere o ascoltare di continuo quali siano i miracoli possibili con Instagram, o con l’utilizzo delle piattaforme di streaming video come Netflix, o con il Digital Lifestyle Manager, ovvero “un moderno concierge che si occupa di gestire on line, tra una app e l’altra, le nostre esigenze pratiche, incluse quelle finanziarie, e persino di ottimizzare il nostro tempo libero”.

Ecco, quando leggo queste cose preferirei spaccarmi il cervello sul Tractatus Logico-Philosophicus di Wittgenstein o la Teoria della relatività di Einstein, e mi sento un organismo rettiloide, antenato persino dell’Homo Erectus e dell’Australopiteco, spaesato, tonto, minacciato tra le stesse pareti di casa mia. E ogni tanto, preso dalla disperazione, vagheggio di farmi anticipare i soldi della liquidazione e pagare profumatamente chi possa insegnarmi, nell’arco di qualche settimana, a diventare un drago del web e del cellulare.

L’alternativa a tutto ciò sarebbe l’isola più remota e deserta del mondo. Ma è una possibilità che non esiste, perché il novello Robinson Crusoe, ricercato avidamente dai famelici e spietati familiari, e che per arrivare nella sua oasi ha dovuto pur lasciare qualche traccia, verrebbe sgamato da un satellite nel giro di qualche secondo e forse arrestato e tradotto in un’asfissiante prigione dei Tropici per abbandono del tetto coniugale e violenza psicologica nei confronti dei figli, peraltro vergognosissimi di avere un padre tanto retrivo e ottuso.

Perché poi ho un difetto che non fa che peggiorare la situazione: sono (o perlomeno cerco di essere) una persona obiettiva. Pur avendo un’invincibile idiosincrasia per la tecnica, io ne critico solo gli eccessi, perché non posso certo negarne gli aspetti positivi. Un tempo, se cercavi notizie relative a un letterato finlandese, o romeno, o cipriota, dovevi prendere l’aereo per Helsinki, Bucarest o Nicosia, e una volta individuata la libreria e il testo che ne parlava, cercare di farlo tradurre in italiano (o magari in inglese) da uno del posto. Adesso, vai su Wikipedia (operazione elementare che riesco a compiere anch’io), e trovi apparecchiato il primo, il secondo, il contorno e il dolce di un qualsiasi scrittore, fuegino, jacuto o papuasico che sia. E non è più necessario neppure avere il computer con sé: ahò, ‘sti ragazzi con una carezza al cellulare scelgono un viaggio, comprano i biglietti dell’aereo, fanno il check-in on-line e prenotano una macchina all’aeroporto d’arrivo, il tutto mentre, stravaccati e contenti, si scolano una birra!

Che poi, ti fanno pure scoppiare d’invidia. Se li vedi messaggiare per tutta la giornata (dei veri e propri moderni epistolari, quindi degni anche di un certo rispetto) o stare col telefonino incollato all’orecchio per 12 ore filate, e chiedi loro: ma quanto spendete? la risposta è stupefacente: niente, è gratis, è un’offerta. Ma come, io col telefono fisso parlo solo co’ mi zia – che dopo due minuti è già stanca e vuole riattacca’ – e spendo centottanta euro al mese, e voi partite da Adamo ed Eva e non spendete un cavolo? Ma allora è vero che io in fronte c’iò scritto Jo Condor! (nota pubblicità della Nutella degli anni ’70, ovvero un’era fa).

Sempre per essere onesto, devo ammettere che la maggior parte della gente, mentre sfiora il cellulare o digita sui tasti, sorride. È comprensibile, stanno comunicando col coniuge, coi figli, con gli amici, con l’amante, insomma con persone con cui condividi cose belle, no? Io invece, quando cammino per strada, o mangio al ristorante, o aspetto l’autobus, rimango con lo sguardo di un ebete a spiare un mondo di cui non faccio parte.

Allora mi atteggio a essere superiore, orgoglioso della sua diversità. Gregge di omologati, penso, tornate all’abc dei rapporti umani, a parlare guardandovi negli occhi, a stupirvi della bellezza di un paesaggio, di un tramonto, di una meraviglia architettonica! Non sapete che alcuni dei più grandi sociologi e persino creatori di innovazioni tecnologiche stanno tuonando contro l’utilizzo smodato dei social, al grido di “Disconnettetevi!?”.

Non vi rendete conto che state azzerando la vostra privacy, perché facebook, per esempio – come apprendo dal saggio (un libro!) The four - I padroni, dedicato all’invadenza dei Colossi tecnologici nelle nostre vite – riesce a individuare i nostri interessi più nascosti, sa per chi votiamo, chi amiamo in modo scoperto o segretamente, conosce i nostri umori quotidiani, le malattie che vorremmo nascondere, le persone che ci sono simpatiche e quelle che detestiamo? Vi sta bene che tutte le vostre conversazioni al cellulare possano, volendo, essere ascoltate?

Ma l’orgoglio dura un attimo: loro, guardando il cellulare, parlano, ridono, scattano foto, danno di gomito all’amico, che replica mostrandogli come si diverte sua sorella, in gita a migliaia di chilometri di distanza. Il pensiero, allora, corre automaticamente ai miei figli: per interesse, temo. Perché quando, fra qualche anno, si farà tutto tramite il cellulare, chi mi aiuterà a pagare le bollette, a prenotare una visita medica, un viaggetto, una serata al teatro o la visita di un museo? Altro che sostegno fisico e morale! Io avrò bisogno del loro sostegno tecnologico!

Papà, te l’avevamo detto: così sei out… Ancor più confuso e vergognoso, il cavernicolo che è in me prende lentamente la via di casa, anzi della sua grotta, e nella penombra che dovrebbe rassicurarlo getta un mesto sguardo sulla scrivania, dove giacciono, inerti, un vecchio pc e il telefonino-ricetrasmittente. Lo accendo un secondo: nessun nuovo messaggio, neppure quelli delle aziende che propongono offerte e pacchetti gratuiti. L’hanno capito pure loro che a Bill Gates, a Zuckerberg e compagnia bella io gli faccio un mazzo così!


Questo articolo, che qui appare in versione integrale, è stato selezionato come migliore della settimana nella rubrica “Settebello” di 7, il settimanale allegato il giovedì al Corriere della Sera e pubblicato 17 maggio 2018.


armando.santarelli@inwind.it