Il pomeriggio fissato per la soluzione della traversia Campolongo, l’avvocato Vincenzo Scianchilli entra nella biblioteca della casa famiglia Villa Costanza, con la sua solita tracotanza impettita.
Il piato controverso e immediato che si consuma con il direttore, Padre Crescenzo Bellincero, lo accalora; inarca la schiena, si gonfia d’aria e minaccioso sentenzia:
“Se vuei ancora li sordi cu mantieni sta ‘bbarracca”{2} e strofina la punta del pollice sull’indice tenendo le altre dita chiuse – devi fare come ti dice don Antonio Campolongo. Suo nipote è inconsapevole del braccio di ferro che si consuma tra voi due, deve sapere e basta! È figlio tuo dunque glielo devi dire”.
Scianchilli gira i tacchi e non si volta a guardare indietro; quella è l’ultima ambasciata, la definitivamente decisa. La falcata gli manca per via della zoppicatura della gamba destra imputata ad una banale distrazione. La diceria racconta invece di una pentola di ghisa cascata tra stinco e collo del piede come un pallone stoppato, impossibile da tirare.
Senza sforzo alcuno per raggiungerlo, Padre Crescenzo spertica la sua risposta:
“Il ragazzo non porterà nulla di buono in questo posto. Che può offrire con la grande tensione che gli festeggia dentro? Il tempo di una supplica e gli torna la bisogna del passato da narrare. I ragazzi crescono senza preoccuparsi delle conseguenze, data l’età, e lui non fa eccezione.”
“Coso, ti dirigi senza meta e profondità di campo. Forse non ci tieni abbastanza a questo posto!” sentenzia sbattendo lo sportello della sua auto.
“Ha parlato il grande filosofo! Coso? Come si permette quello stronzo a chiamarmi così? Oh Gesù Cristo! Queste parole non si dicono” e prende a frusciare una croce con le mani dalla fronte al petto, da quello alle clavicole, come se la celerità del gesto potesse velocizzare l’espiazione.
Catapultato in una storia che non accetta, Padre Crescenzo ha tuttavia la grande capacità di evitare la disperazione; mantiene il punto del suo rifiuto e spera in un’idea che lo conduca fuori dall’ombra di quel dannato albero genealogico che toglierebbe dalla faccia della tassonomia, motosega alla mano e tippete finale.
Resta in giardino e con passo rinforzato imbocca il viale di ghiaietto slittato ai lati esterni dal passaggio di Scianchilli; le buche più o meno ampie rendono il calpestio sconnesso e incerto.
Al rientro ha i piedi gonfi e le gambe molli come cachi maturi. In refettorio la cena è pronta e un odore di ristoro e zuppa di legumi con le cotiche lo distrae quel tanto che basta da quel pensiero ossessivo. Chiama la perpetua e quella lo sorprende alle spalle facendolo trasalire:
“Concetta me faciti pigghiare na coccia ogni fiata!{3} Portatemi la cena in camera che non vi sia di comando e scusatemi con i ragazzi se non mangio in loro compagnia. Sono molto stanco”.
La donna lo osserva come si fa con chi ha un residuo di muco verde rappreso che fuoriesce dal naso o una foglia di prezzemolo tra i denti, con quell’esitazione di chi vuole dire e non dice e lei sceglie di non pronunciarsi; si allontana per fare subito ritorno: “Eccovi il vassoio, santa notte Padre Crescenzo!”.
La ringrazia, prende la caraffa e versa del vino rosso, ne beve un sorso come fosse acqua fresca. Il corpo assorbe la minestra e il resto della brocca, poi con le guance rosse, posa la testa sul cuscino e sviene di una sonnolenza fiacca, svigorita.
Alle prime luci del giorno, l’uomo spalanca le persiane e un odore di bruciato gli indirizza lo sguardo su un covone di stoppie e foglie secche.
Buongiorno Padre dice il giardiniere in compagnia del suo falò.
A voi maestro – poi aggiunge solenne – potesse il fuoco purificare le nostre anime di peccatori!
Amen dice una bocca che sbuca da dietro le fiamme scomposte con aria di sfida e arroganza insolente.
La sola vista di Uastasignu gli procura fastidio e chiude gli occhi mentre la sua voce e il tono cinico che la accompagna gli fanno montare una rabbia incontrollata. Pensa che sia la copia di suo nonno e chiude la finestra velocemente.
In cucina chiede un caffè a Concetta che lo osserva lontano e perso in una grande tensione alimentata dall’ansia. Per rassicurarlo, la donna dice Forse vi state preoccupando troppo Padre Crescenzo mentre con le braccia sembra stendere l’aria per rassettarla.
Dite Concetta? A me sembra che questo guaio sia abbastanza insormontabile… mentre prova a terminare la frase, un trambusto porta tutti e due a correre verso l’ingresso.
Uastasignu tiene il giardiniere per i piedi e intima di buttarlo nel fuoco che ormai ha raggiunto una discreta altezza.
Padre Crescenzo chiede a uno dei ragazzi irto sulla porta del refettorio di chiamare l’avvocato Scianchilli; Uastasignu ride con piglio cinico, divertito dal tentativo di dimenarsi dell’uomo che soccombe al suo metro e novanta di altezza per un centinaio di chili di peso.
Concetta prende il badile e gli assesta un colpo nell’incavo tra le cosce e i polpacci, procurandogli un dolore che lo inginocchia e gli fa mollare immediatamente la presa.
Che avete fatto Concetta? dice il prete con un sorriso dipinto di soddisfazione che a malapena riesce a nascondere.
Quello che andava fatto, no? e si volta per aiutare il giardiniere.
Con voi signora facciamo i conti dopo! dice Scianchilli appena giunto.
Lasciatela stare! – risponde Padre Crescenzo – Avete capito che ha fatto il ragazzo?
Non è questo il punto! Padre Crescenzo dobbiamo risolvere la questione adesso. Andiamo insieme, parliamo con il ragazzo. Capirà che la cosa è delicata. Stai tranquillo. Glielo dico io, l’importante è che sei presente.
Scianchilli entra in infermeria per primo, seguito da Padre Crescenzo, il ragazzo è di spalle con i pantaloni calati, le due macchie viola che coprono i legamenti poplitei pulsano e si muovono come un respiro spezzato sotto al peso di due borse piene di ghiaccio.
Stu’ntricu l’hannu teratu troppu pe’le longhe! Ca poi de sti tiempi ca’ se nde sentenu de tutti li culuri, sai che grande scandalu!{4} bruisce Concetta con le mani sui fianchi mentre Scianchilli la sospinge dietro la schiena per agevolarne l’uscita e infastidito dalle sue esternazioni le sussurra Pettegola!
La verità finalmente, così speriamo che ti dai una calmata! Ecco ti presento tuo padre dice indicando Padre Crescenzo. Tuo nonno prima di morire voleva fartelo sapere perché si fida di te e sa che non la dici a nessuno. Scianchilli, evaso il compito, si trascina fuori con un’andatura che pare più leggera, e lascia le due solitudini fronteggiarsi.
Se mo’ la sapimu a doi, immaginate poi!{5} Si dice così, no?
Non lo so, dipende da te!
Da me? Ahahahah
Ricorda solo che la svergognanza sarebbe faccenda allargata a tanti, non soltanto mia. Lo so che la notizia ti ha scioccato, io pure quando ho saputo sono rimasto di…
Merda?
Esatto vorrebbe rispondere poi con contegno prosegue Non usare questo linguaggio.
Che fai ti scandalizzi? Originale per un prete che ha un figlio!
Hai ragione ma io non sapevo nulla fino a qualche mese fa.
Allora eravamo gli unici due cretini a quanto pare! Adesso VATTENE.
Padre Crescenzo esce mentre Uastasignu fatica per raggiungere la finestra, la apre e pensa che potrebbe buttarsi di sotto, procurare un tonfo cupo, restare a terra inanimato ed essere seguito dall’urlo di tutti. Con il pollice e il medio schiacciati sulla lingua, rimedia un fischio così forte da generare l’adunanza dei ragazzi della casa famiglia.
Vi devo fare un annuncio molto importante! Con la testa alzata, battono le mani e lo incitano chiamandolo.
Il sapore guasto della vendetta nutrita dalla spavalderia gli risale in gola, agrigno e corrosivo come premuta di agrume. La sua coscienza in panne trova nello sguardo scoraggiato di Padre Crescenzo il baratro del vuoto a cui sta per consegnarsi. Il volto, scomposto dall’eccesso di tumulti, slega gli occhi fissi sull’orizzonte dalla bocca per mettersi ad urlare: Ragazzi quest’anno il Deportivo Villa Costanza partecipa al campionato dilettanti!
Un fragore rimbombante riempie l’aria e copre il tremacuore di Padre e figlio.
{1}Sfrontato, dispettoso, impertinente in dialetto leccese.
{2}Se vuoi ancora i soldi per mantenere la struttura.
{3}Concetta mi fate prendere uno spavento ogni volta!
{4}Questo intrigo lo hanno portato troppo per le lunghe! Che poi di questi tempi se ne vedono di tutti i colori, sai che grande scandalo!
{5}Se adesso lo sappiamo in due, immaginati dopo!
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