FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 49
maggio/agosto 2018

Consenso & Dissenso

 

IL CIELO TRA PARENTESI
Sulla poesia di Marisa Martínez Pérsico

di Alessio Brandolini



Negli ultimi tre libri pubblicati della poetessa argentina Marisa Martínez Pérsico (1978), La única puerta era la tuya (Spagna, 2015), El cielo entre paréntesis (Spagna, 2017) e Después de la ceniza (Argentina, 2017) ci sono temi ricorrenti, snodi fondamentali che identificano la geografia poetica dell’autrice: pietre miliari di un cammino che si diversifica nel tempo ma che attraversa le stesse frontiere, si sofferma sugli identici luoghi: Belgrado, Lubiana, Sarajevo, Granada, Napoli, Firenze, Roma, Aleppo… e la bellezza si mescola alla distruzione, al tremendo impatto delle bombe a grappolo.

La globalizzazione è messa in discussione ovunque e avanza il nazionalismo, con la variante aggiornata del “sovranismo” alimentato dal timore dell’altro, eppure la poesia (che non conosce confini) propone nuovi passaggi dove le vie sono aperte a chi ama la conoscenza che riduce diversità e distanze e allora ci si confronta con l’altro, lo straniero, chi soffre.

Martínez Pérsico proviene da una famiglia spagnola fuggita in Argentina durante la dittatura fascista e lì è cresciuta e si è formata, ma da anni vive in Italia, e dedica il suo libro (uscito in Spagna) al poeta colombiano Federico Díaz-Granados (pubblicato da Edizioni Fili d’Aquilone) e nella sua poesia parla del mondo, della nostra società, di attentati, di bambini sventrati (e che seguitano a morire) in una Siria piena di memorie storiche e in loro vede il volto della figlia, di tutti i nati su questo pianeta che si restringe e in cui gli Stati nazionali elevano barriere, stendono fili spinati.

Molti i poeti argentini di riferimento, noti anche in Italia (Jorge Luis Borges, Olga Orozco, Juan Gelman) e meno noti (come Rául González Tuñón), ma anche il cileno Gonzalo Rojas e spagnoli, tra i quali Luis García Montero che sulla quarta di Il cielo tra parentesi [El cielo entre paréntesis], così come in altri scritti critici, sottolinea la bravura dell’autrice nell’abbattere frontiere e nel modellarne una personale tra sogno e concretezza, tra mondo esteriore e la propria intimità.

Esaltare l’istante del vivere quotidiano significa valorizzare ogni dettaglio del paesaggio circostante, per lo più, nella poesia di Martínez Pérsico, urbano. Per poi tornare a osservare con maggiore attenzione e non fuggire da sé stessa, dall’infanzia, lì dove sono piantate le radici di quel che siamo. La poesia deve salvare il pensiero che resta tra le macerie, meditarlo a lungo. Un pensiero filtrato, elaborato linguisticamente e poeticamente, reso essenziale e che permetta di respirare attraverso le ferite, di procedere sulla cenere del nostro passato personale, della Storia collettiva e universale.

Scrutare nei tagli del cielo, aprire quell’unica porta che possa condurci altrove: dall’altro (che non è nostro nemico), nel passato (che scompare ma resta nel ricordo, ovvero conficcato nel cuore) e spostarsi nel territorio dell’istante per vedere le cose con tutti gli occhi del corpo, accarezzarle con le palme della bocca o masticarle con i denti della mano. Mettere al posto giusto persino il vuoto (quello che ci circonda e il grande freddo di cui parla in una poesia il poeta salvadoregno Jorge Galán), di riconquistare il passato percorrendo le città del mondo (“ogni città mi osserva con gli occhi di un’altra”) e scoprire in ogni gesto qualcosa del futuro (che non si trova).

Per questo nella poesia di Martínez Pérsico vi è la costante presenza dell’infanzia che cuce al presente il tempo sottratto: una donna chiede alla madre di raccontarle ancora un’altra storia e nel frattempo, egli stessa, ne racconta una a sua figlia. È un ago che rammenda i sentimenti e li tiene uniti, fruga nella cenere, infastidisce la morte, stimola la risata che scaccia via i brutti pensieri e fa lievitare nell’allegria, riporta ai tempi in cui il mondo esterno appariva buono e disponibile, pronto ad accoglierci. L’infanzia è un’isola di purezza senza tempo e ritornare ad essa significa non perdere il sogno e l’innocenza, pur essendo coscienti di ciò che accade, delle tragedie presenti nel nostro mondo e per questo si procede in un traballante equilibrio nello spazio vacante e misterioso contenuto da una parentesi.

Nel viaggio si intersecano innocenza e realtà, fatta anche di dolore per via delle ingiustizie e della violenza. La consapevolezza riduce lo spirito di quella gioia che invita a partire senza una meta per poi tornare sempre da un posto nuovo, con una valigia carica di paesaggi, rumori, dialoghi al mercato, volti di persone che si salutano in stazione o inviano messaggi con lo smartphone.

Il cielo tra parentesi affascina coi suoi svariati registri stilistici che sembrano ricalcare il procedere del flaneur ben descritto da Walter Benjamin: a passo lento, più veloce, nervoso o calmo, o bloccato davanti a una visione, a una nuvola che si sposta nella luce. Un libro in movimento, di treni che partono, con il corpo protagonista e una sensualità vibrante che ghermisce le più lievi sfumature, immagini cariche di vita e di poesia (di anima e bellezza). Come quando, passeggiando di notte a Firenze, appare all’improvviso una luna incastrata tra le sbarre di una gru e quel pezzo di cielo (tra parentesi) è un fulgore carico di vita. Allora l’attimo dura a lungo, si proietta sul futuro e, sulla scia di Ungaretti citato nel libro, s’illumina d’immenso.




POESIE DI MARISA MARTÍNEZ PÉRSICO
da El cielo entre paréntesis
(Ediciones Valparaíso, Spagna, 2017)


EL ORIGEN DEL MUNDO

Cierra los ojos.
Viaja conmigo en el extenso
territorio del instante.

Quiero sentir las hojas que crepitan
bajo el peso ondulante de tu cuerpo.

¿Cuáles fueron
tus rutas y tus árboles?

La forma triangular de las encinas
se remonta a los ciervos
que salen a pastar por las mañanas.

Si cada libro que se abre
se parece a los muslos
de una mujer desnuda en un museo,
lo que tengo de fuente
lo he aprendido en tus labios.

Ese modo apacible de beberme.


L’ORIGINE DEL MONDO

Chiudi gli occhi.
Viaggia con me nell’esteso
territorio dell’istante.

Voglio sentire le foglie che crepitano
sotto il peso oscillante del tuo corpo.

Quali furono
le tue rotte e i tuoi alberi?

La forma triangolare delle querce
risale verso i cervi
che vanno al pascolo al mattino.

Se ogni libro che si apre
assomiglia alle cosce
di una donna nuda in un museo,
ciò ch’è la mia fonte
l’ho appreso dalle tue labbra.

Quel modo sereno di bermi.


ESTACIÓN DE CAPRANICA

        Las ideas tienes sus paisajes.
        Juan Ramón Jiménez

La ventana se frena en grafiti
Mi sposerai?
La tinta está borrosa
por la trama de lluvias sucesivas.

Qué será del presente
de aquel fuego con médula y ardor.

El tren arranca,
se apaga una pregunta.


STAZIONE DI CAPRANICA

        Le idee hanno i loro paesaggi.
        Juan Ramón Jiménez

Il finestrino si ferma sulla scritta
Mi sposerai?{*}
La vernice è sfocata
dalla trama delle piogge successive.

Che sarà del presente
di quel fuoco con midollo e ardore?

Il treno parte,
si blocca una domanda.

{*}In italiano nel testo originale.


EL CIELO ENTRE PARÉNTESIS

Que las cosas
se acomoden en su molde
no significa
que se hayan vuelto nuestras.

Tal vez quiera decir
que el árbol de la ausencia
ha echado tallos y raíces
en la tierra indicada.

Como a un comensal inesperado,
hay que aprender a dar
el sitio exacto
también al vacío.


IL CIELO TRA PARENTESI

Che le cose
si aggiustino nelle loro forme
non significa
che siano diventate nostre.

Forse vuol dire
che l’albero dell’assenza
ha messo gambi e radici
nella terra adeguata.

Come a un ospite inatteso,
occorre saper dare
il posto giusto
persino al vuoto.


RECONQUISTA DEL PASADO

Este prado del norte es el bosque de ovejas
de mi infancia en el sur.

Me lleva siempre a México un único aeropuerto,
en un vuelo de Avianca.

El vértice izquierdo de cualquier dormitorio
vio a mi padre morir.

Caminábamos vestidos de uniforme
bajo un sol sin sorpresas.

En un rincón del sueño nos dijimos adiós.

Desde allí,
cada sendero es del color de las losas
que pisamos dormidos.

Quise posar mi oreja en tu costado
por saber si latía, remiso, un corazón.
Desperté antes de tiempo.

Los buques en que hemos naufragado
van tocando mojones de memoria
al fondear otros puertos peregrinos.

Pero estas calles etruscas
no consienten piratas del asfalto.
Sin tu nombre, mis ojos
desmenuzan un orbe de jazmines.

La atmósfera respira de hoja en blanco.

El mundo vuelve a ser una promesa.


RICONQUISTA DEL PASSATO

Questo prato del nord è il bosco di pecore
della mia infanzia al sud.

In Messico parto sempre da un unico aeroporto,
con un volo Avianca.{*}

Il vertice sinistro di qualsiasi camera da letto
vide mio padre morire.

Camminavamo vestiti in uniforme
sotto un sole senza sorprese.

Ci dicemmo addio in un angolo del sogno.

Da lì,
ogni sentiero è del colore del selciato
che calpestiamo dormendo.

Volli posare il mio orecchio sul tuo petto
per sapere se batteva, riluttante, un cuore.
Mi svegliai prima del tempo.

Le navi con le quali abbiamo naufragato
continuano a toccare cippi in memoria
scandagliando altri porti pellegrini.

Ma queste strade etrusche
non permettono pirati dell’asfalto.
Senza il tuo nome, i miei occhi
sminuzzano un bouquet di gelsomini.

L’atmosfera ha un respiro da foglio bianco.

Il mondo torna ad essere una promessa.

{*}Compagnia aerea colombiana con base a Bogotá.


PEQUEÑAS MUERTES PROVISORIAS

Este vagar por todas las ciudades
buscando un gesto tuyo:
un rizo, un pelo, un gajo de tela en las vitrinas,
una medusa tibia como tu alma,
entre tus muslos y miedos,
un elefante muerto.

Este cuarto alquilado en un altar de Roma,
una caricia dulce y constelada,
este ir sudando en blanco por el mundo:
carreteras, telarañas de luz, carretas mudas
con peldaños sin rumbo
al corazón.
Este ir mudándose
a otro sitio, sin saciarse,
eterna enemistad que me une
con las cosas.

Este rodar distritos como un canto
indagando, sin eco, al horizonte,
dónde puso el tejado de tus labios
o el viaducto oscilante de tus dedos.

Estas piezas de nada que te invocan,
esta nada en añicos que te nombra
y no te encuentra
y no te encuentra
y no te encuentra
yo no te encuentra

(eco)


PICCOLE MORTI PROVVISORIE

Questo vagare per ogni città
in cerca di un tuo gesto:
un ricciolo, dei capelli, uno spicchio di stoffa nelle vetrine,
una medusa tiepida come la tua anima,
tra le tue cosce e paure,
un elefante morto.

Questa stanza affittata in una navata di Roma,
una carezza dolce e disseminata,
questo continuare a sudare a vuoto per il mondo:
carrozzabili, ragnatele di luce, carrette mute
con gradini che non puntano
al cuore.
Questo continuo spostarsi
in un altro luogo, senza saziarsi,
eterna inimicizia che mi unisce
alle cose.

Questo girare per distretti come un canto
indagando, senza eco, l’orizzonte,
dove si trova il tetto delle tue labbra
o il viadotto oscillante delle tue dita.

Questi pezzi di nulla che ti invocano,
questo nulla di schegge che ti nomina
e non ti trova
e non ti trova
e non ti trova
e non ti trova

(eco)


TIEMPO CÍCLICO DESDE UNA SILLA

Mido el tiempo que pasa
por los bares que cambian.

Hay otros camareros,
han movido de sitio una nevera,
un tapizado nuevo.

Por los kilos de más del empleado
mido el tiempo que pasa.

Lo mirabas de reojo
si me abría la puerta.

En la orilla de un plato
tu rostro de otra época
pide la cuenta al dueño de un café
al que nunca hemos ido.

Mido el agua que pasa en superficie
pero el mundo es un lago
con barcos hundidos en el fondo
donde aún flotan tus restos.


TEMPO CICLICO DA UNA SEDIA

Conto il tempo che passa
nei bar che cambiano.

Ci sono altri camerieri,
hanno spostato un frigo,
messo una tappezzeria nuova.

Nei chili in più dell’impiegato
misuro il tempo che passa.

Lo guardavi di sfuggita
se mi apriva la porta.

Sul bordo d’un piatto
il tuo volto di un’altra epoca
chiede il conto al padrone di un caffè
al quale non siamo mai andati.

Calcolo l’acqua che passa in superficie
ma il mondo è un lago
con barche calate a fondo
dove ancora galleggiano i tuoi resti.


LOS SONIDOS DE ALEPO

        La sangre siempre es roja en las heridas
        Laura Scarano

        A María del Mar

Soñé que estábamos en una ciudad bombardeada.

Vi praderas, estepas y desiertos.
Vi los bosques montanos de Anatolia,
las cabriolas áereas,
el impacto de las bombas de racimo,
la argamasa de piel contra el cemento,
los escombros azules de un hotel incendiado.

He despertado pensando en los sonidos
para no meditar sobre el silencio
pues los niños
no sabrían vivir en el silencio,
y en los parques de Alepo
ya no pueden cantar.

Que alguien grabe la orquesta
de un mundo que enmudece.

Las charlas del mercado,
un saludo de amor desde el alféizar,
el fragor de una taza
y el susurro de un ave bizantina
dibujada en un muro
que resiste de pie.

Todo pasa tan rápido. No hay tiempo
de llorar a los muertos.

¿Tan urgente es la ruina de los otros?
Pasamanos ajenos de la pena
para afirmarse en vertical.

La conciencia del crimen
no nos salva del crimen.

Más de cien niños murieron en Alepo
y un convoy de juguetes aguarda todavía.
Todos ellos emulan tu rostro cuando duermes,
la fogata del sol que te calienta,
la cobija en que sueñas cada noche,
ya no hay mantas ni peces ni caricias
que arropen las estepas,
serán siempre las suyas heridas que te nombran
aunque estorben a un mundo que a ti te pertenece.

Escribiré a tu lado este poema a las estrellas.

La muerte siempre es de los otros.


I SUONI DI ALEPPO

        Il sangue è sempre rosso nelle ferite
        Laura Scarano

        A María del Mar

Ho sognato che stavamo in una città bombardata.

Ho visto praterie, steppe e deserti.
Ho visto i boschi montani dell’Anatolia,
le acrobazie aeree,
l’impatto delle bombe a grappolo,
sul cemento la malta della pelle,
i rottami azzurri di un hotel incendiato.

Mi sono svegliata pensando ai suoni
per non meditare sul silenzio
perché i bambini
non saprebbero vivere nel silenzio,
e nei parchi di Aleppo
non possono più cantare.

Che qualcuno registri l’orchestra
di un mondo che tace.

I dialoghi al mercato,
un saluto amoroso dal davanzale,
il fragore di una tazza
e il sussurro di un uccello bizantino
disegnato su un muro
rimasto in piedi.

Tutto passa così rapidamente. Non c’è tempo
di piangere i morti.

Così urgente è la rovina degli altri?
Balaustre estranee alla pena
per tenersi in verticale.

La coscienza del crimine
non ci salva del crimine.

Più di cento bambini sono morti ad Aleppo
e un convoglio di giocattoli aspetta ancora.
Quando dormi ognuno di loro riproduce il tuo volto,
il falò del sole che ti riscalda,
il copriletto in cui sogni ogni notte,
ormai non ci sono coperte né pesci né carezze
ad avvolgere le steppe,
saranno sempre le loro ferite a nominarti
benché intralcino il mondo che ti appartiene.

Scriverò al tuo fianco questo poema alle stelle.

La morte è sempre degli altri.


CISNE URBANO

Esta noche, en Florencia,
hay una luna infinita
empotrada en el codo
de una grúa
con el cuello plegado.


CIGNO URBANO

Questa notte, a Firenze,
c’è una luna infinita
incastrata nel gomito
di una gru
con il collo piegato.


SI STA COME D’AUTUNNO

Me voy de tu silencio
como un soldado herido
al final de una guerra.
Cojeando de esperanza.


SI STA COME D’AUTUNNO

Me ne vado dal tuo silenzio
come un soldato ferito
alla fine di una guerra.
Zoppicando di speranza.


LA TRAPECISTA DE ESCHER

Tambalea
en la acrobática cuerda del deseo.

Langostas de papel pegadas a los muros
que rompió a arañazos para sostenerse de algo
mientras él la quería.

Amar es caer.

Se vive fingiendo el equilibrio.


LA TRAPEZISTA DI ESCHER

Vacilla
sull’acrobatica corda del desiderio.

Aragoste di carta incollate ai muri
distrutti a graffi pur di sostenersi a qualcosa
mentre lui l’amava.

Amare è cadere.

Si vive fingendo l’equilibrio.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Marisa Martínez Persico
è nata a Buenos Aires nel 1978 dove si è laureata in Filologia ispanica. Dal 2010 vive in Italia. Poeta, critico letterario e docente universitario. Ha pubblicato i libri di poesia: La voces de las hojas (1998), Poética ambulante (2003), Los pliegos obtusos (2004), La única puerta era la tuya (Spagna, 2015), Después de la ceniza (Argentina, 2017).
El cielo entre paréntesis è uscito in Spagna nel 2017 da Valparaíso Ediciones.
Ha pubblicato studi sulla letteratura argentina, spagnola, ecuadoriana e curato antologie poetiche di Leopoldo Marechal, Luis García Montero e Joan Margarit. Ha ricevuto riconoscimenti sia per la sua poesia che per la saggistica. Co-dirige la rivista “Cuadernos del hipogrifo”.


alexbrando@libero.it