L'eternità consente di tentare ancora
J537-F631
Me prove it now - Whoever doubt Me stop to prove it - now - Make haste - the Scruple! Death be scant For Opportunity -The River reaches to my feet - As yet - my Heart be dry - Oh Lover - Life could not convince - Might Death - enable Thee - The River reaches to my Breast - Still - still - my Hands above Proclaim with their remaining Might - Dost recognize the Love? The River reaches to my Mouth - Remember - when the Sea Swept by my searching eyes - the last - Themselves were quick - with Thee! |
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A me metterlo alla prova ora - Chiunque dubiti Mi trattenga dal metterlo alla prova - ora - Affretti - lo Scrupolo! La Morte è scarsa Di Opportunità -Il Fiume raggiunge i miei piedi - Ma ancora - il mio Cuore è asciutto - Oh Amante - la Vita non poté convincere - Possa la Morte - consentirtelo - Il Fiume raggiunge il mio Petto - Eppure - eppure - le mie Mani più in alto Proclamano con la Forza che resta - Riconosci l'Amore? Il Fiume raggiunge la mia Bocca - Ricorda - quando il Mare Lambì i miei occhi che cercavano - fino all'ultimo - Essi restarono vividi - per Te! |
Un delle poesie "epiche" di ED, che qui si sottopone a una sorta di iniziazione per mettere alla prova il suo amore. Un mettere alla prova un qualcosa che ha due facce: l'amore come sentimento dell'io narrante, e l'amore come persona amata. Chiunque dubiti della mia forza, della mia capacità di amare, mi fermi ora, perché poi la morte non lascerà spazi. Per percorrere i tre gradi in cui si sviluppa questo percorso iniziatico ED sceglie la metafora del fiume, l'acqua che nasce dalla sorgente, scorre e muore nel mare, una sorta di metafora della vita e, insieme, dell'amore. Il fiume è appena nato, raggiunge appena i miei piedi, il cuore è ancora asciutto, non è ancora capace di convincere l'amante; saprà farlo solo alla fine, con la morte. Il fiume continua a scorrere, raggiunge il mio petto, lo sommerge, ma le mie mani si levano in alto a proclamare il mio amore, riesci ora a riconoscerlo? Il fiume ha ormai raggiunto il mio volto, la mia bocca, mi rende muta, ma ormai ha esaurito il suo compito, sfocia nel mare, e ora è quest'ultimo che lambisce più in alto, arriva ai miei occhi, che fino alla fine non si arrendono, restano vividi per raccogliere ogni barlume di te. La conclusione vera è quella anticipata nell'ottavo e dodicesimo verso: possa la morte consentirti di riconoscere il mio amore.
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J564-F525
My period had come for Prayer - No other Art - would do - My Tactics missed a rudiment - Creator - Was it you?God grows above - so those who pray Horizons - must ascend - And so I stepped upon the North To see this Curious Friend - His House was not - no sign had He - By Chimney - nor by Door - Could I infer his Residence - Vast Prairies of Air Unbroken by a Settler - Were all that I could see - Infinitude - Had'st Thou no Face That I might look on Thee? The Silence condescended - Creation stopped - for me - But awed beyond my errand - I worshipped - did not "pray" - |
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Il mio periodo di Preghiera era giunto - Nessun'altra Arte - possibile - Ai miei Metodi mancava un rudimento - Creatore - Eri tu?Dio cresce là in alto - così coloro che pregano Orizzonti - devono ascendere - E così io risalii il Nord Per vedere questo Curioso Amico - La Sua Casa non c'era - nessun segno di Lui - Né da un Comignolo - né da una Porta - Potevo arguire la sua Residenza - Vaste Praterie d'Aria Non interrotte da un Colono - Erano tutto ciò che potevo vedere - Infinità - Non avresti Tu un Volto Affinché io possa guardarti? Il Silenzio acconsentì - La Creazione si fermò - per me - Ma sgomenta dall'enormità della mia richiesta - Adorai - non "pregai" - |
Sono arrivata a un momento della vita in cui mi rimane solo il pregare, ogni altra cosa è diventata inutile. Mi accingo a farlo, ma mi accorgo che mi manca la cosa essenziale, il rudimento della preghiera: non è, caro dio, che sei proprio tu quello che manca? Ma forse sei solo lontano, in fin dei conti abiti là in alto, non sei facilmente raggiungibile, tanto che chi decide di pregare deve faticosamente ascendere orizzonti lontani. E allora anch'io mi accingo all'impresa, mi incammino verso l'alto, verso un simbolico nord, per incontrare questo strano, curioso amico. Ecco, sono arrivata. Ma non c'è nessun segno che mi indichi dove sei. Non c'è un comignolo, una porta, qualsiasi altra cosa che mi permetta di supporre dove sia la tua residenza. Posso vedere solo enormi praterie d'aria, non interrotte da niente, nemmeno da un colono a cui possa chiedere informazioni. Non è, caro dio, che potresti gentilmente fornirti di un volto, affinché sia possibile per me guardarti? Non posso crederci! Il silenzio che mi circonda sembra quasi assentire, sembra dirmi: d'accordo, fermo tutto e mi faccio vedere. Ma, come capita di solito quando si fa una richiesta convinti che non avrà seguito e invece si viene esauditi, rimango sgomenta, muta, dall'enormità di quanto sta accadendo, che va al di là della mia capacità di reazione. E allora sono solo capace di adorare, non di pregare. Perché si può adorare in silenzio ma per pregare bisogna essere lucidi e saper parlare, ma anche perché davanti ad una tale rivelazione, alla consapevolezza dell'effettiva esistenza di dio, la futile preghiera, in fin dei conti sempre connessa a qualche richiesta più o meno implicita, deve cedere il passo al sentimento più completo e disinteressato: l'adorazione. Per il penultimo verso: "Errand" significa letteralmente "commissione, messaggio da recapitare verbalmente" e, per estensione, può essere tradotto con "richiesta". "Beyond" significa "al di là, oltre", ma anche "Above; in a degree exceeding or surpassing", ovvero qualcosa che eccede, che va al di là di ogni immaginazione. Perciò il verso lo leggo come "Ma sgomenta, spaventata, dalla mia richiesta, fatta con semplicità ma che a pensarci bene va al di là di qualsiasi altra cosa, e del pari sgomenta dal fatto che la richiesta sia stata esaudita", e ho cercato di renderlo il più sinteticamente possibile traducendo "beyond" con "enormità", che mi sembra renda abbastanza fedelmente il significato che ho citato prima. Silvio Raffo (nel Meridiano) traduce il verso con: "ma atterrita al di là della mia impresa"; Errante (1959): "Ma il terrore fu più vasto dell'impresa"; Dyna Mc Arthur Rebucci: "Il mio terrore superò l'impresa"; Bruna Dell'Agnese: "... ma con / Sacro timore - ben oltre il mio fine"; Claire Malroux: "Mais dans mon effroi - [j'adorai]"; Manuel Villar Raso: "Pero aterrada por algo más allá de mi misión".
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J680-F724
Each Life converges to some Centre - Expressed - or still - Exists in every Human Nature A Goal -Admitted scarcely to itself - it may be - Too fair For Credibility's temerity To dare - Adored with caution - as a Brittle Heaven - To reach Were hopeless, as the Rainbow's [Raiment To touch -Yet persevered toward - surer - [for the Distance - How high - Unto the Saints' slow diligence - The Sky -Ungained - it may be - in a Life's [low Venture - But then - Eternity enable the endeavoring Again. |
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Ogni Vita converge verso qualche Centro - Espresso - o taciuto - Esiste in ogni Natura Umana Una Meta -Confessata a malapena a se stessi - può essere - Troppo bella Perché l'audacia di Crederci Si avventuri - Adorata con cautela - come un Fragile Cielo - Raggiungerla Sembrerebbe impossibile, come la Veste [dell'Arcobaleno Toccare -Eppure perseverare al traguardo - più certo - [perché Distante - Quanto alto - Sulla lenta diligenza dei Santi - Il Cielo -Inarrivabile - può essere - nell'umile Avventura
[della Vita - Ma poi - L'Eternità consente di tentare Ancora. |
Tutti nella vita convergono verso qualcosa, verso un centro che può essere concreto, visibile o inespresso, inesprimibile; è nella natura umana avere uno scopo, una meta. Questa meta talvolta non riusciamo a dirla nemmeno a noi stessi, oppure la consideriamo talmente al di là delle nostre forze che ci resta difficile avere l'audacia di crederla possibile e di avventurarci in quel cammino così avaro di certezze. La guardiamo di lontano, adorandola con cautela, come se fosse qualcosa di fragile, che si può spezzare o può svanire al solo tocco di uno sguardo. Raggiungerla ci sembra un sogno impossibile, come toccare con mano un arcobaleno, che è là, visibile, ma che sfugge al nostro bisogno di concretezza. Eppure la distanza che sembra incolmabile è come se ci sproni a questo viaggio, è come se ci renda più certi che vale la pena di credere a un traguardo che sembra aumentare di fascino con l'aumentare delle difficoltà per raggiungerlo. Non era forse il cielo tanto distante dall'umile, operosa diligenza dei santi, che pure sono riusciti a toccarne le vertiginose altezze? Allora capiamo qual è il segreto per raggiungere questo traguardo: renderci conto che potrà sì essere inarrivabile nella breve, modesta avventura che ci è concessa di vivere, ma al di là di questo esiste un'eternità che ci consentirà di tentare all'infinito, fin quando la meta sarà finalmente raggiunta. Poesia bellissima, che rivela la costruzione frammentata fin dalla prima occhiata, anche guardandola senza leggerla, con quei versi pari brevissimi contrapposti ai lunghi versi dispari, come se ED avesse voluto dare quasi una forma grafica all'alternarsi di audacia e timore, di impossibile e certo, di caducità ed eternità che pervade i versi. Potremmo continuare l'esperimento dickinsoniano, provando a leggerla come se fosse composta soltanto dai brevissimi versi pari: "Espressa o taciuta / Una Meta / Troppo bella / Per osare / Raggiungerla / Toccarla / Alta quanto / Il Cielo / Ma poi / Ancora." Al verso 5 ho scelto la variante "Admitted" al posto di "Embodied" ("Incorporata [... in se stessi]"); ai versi 7/8 "temerity / To dare" al posto di "presumption / To mar" ("la presunzione [di Crederci] / Si logori"); al verso 17 "in" al posto di "by".
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J1100-F1100
The last Night that She lived It was a Common Night Except the Dying - this to Us Made Nature differentWe noticed smallest things - Things overlooked before By this great light upon our minds Italicized - as 'twere. As We went out and in Between Her final Room And Rooms where Those to be alive Tomorrow were, a Blame That others could exist While She must finish quite A Jealousy for Her arose So nearly infinite - We waited while She passed - It was a narrow time - Too jostled were Our Souls to speak At length the notice came. She mentioned, and forgot - Then lightly as a Reed Bent to the Water, struggled scarce - Consented, and was dead - And We - We placed the Hair - And drew the Head erect - And then an awful leisure was Belief to regulate - |
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L'ultima Notte da Lei vissuta Fu una Notte Comune Eccetto il Morire - che per Noi Rese diversa la NaturaNotammo le più piccole cose - Cose trascurate prima Da questa grande luce nella nostra mente Come fossero - impresse in corsivo. Mentre andavamo avanti e indietro Fra la Sua Stanza finale E le Stanze dove Quelli destinati a esser vivi Domani erano, un senso di Colpa Che altri potessero esistere Mentre Lei doveva finire del tutto Una Gelosia per il Suo ergersi Così vicina all'infinito - Aspettammo mentre Lei attraversava - Fu un tempo esiguo - Troppo oppresse erano le Anime per parlare Infine venne l'annuncio. Nominò, e dimenticò - Poi lieve come un Giunco Curvo sull'Acqua, si agitò appena - Acconsentì, e fu morta - E Noi - Noi sistemammo i Capelli - E tirammo su la Testa - E poi un tremendo tempo vuoto fu La Fede a regolare - |
Il racconto di una morte. Stavolta ED non cerca di scavare, di cogliere quell'attimo misterioso e definitivo, ma ci racconta con estrema dolcezza quei momenti, privilegiando le sensazioni di chi resta (molto bello il contrasto fra il senso di colpa del restare vivi e la gelosia per chi finalmente può conoscere il mistero), fino alla bellissima penultima strofa, dove il trapasso è descritto come un estenuato e rassegnato piegarsi all'inevitabile.
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J1651-F1715
A Word made Flesh is seldom And tremblingly partook Nor then perhaps reported But have I not mistook Each one of us has tasted With ecstasies of stealth The very food debated To our specific strength -A Word that breathes distinctly Has not the power to die Cohesive as the Spirit It may expire if He - "Made Flesh and dwelt among us" Could condescension be Like this consent of Language This loved Philology |
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Una Parola fatta Carne è raramente E con tremore condivisa Né allora forse riferita Ma se non m'inganno Ciascuno di noi ha gustato Con estasi furtive Il giusto cibo attribuito Alla nostra specifica forza -Una Parola che respira distintamente Non ha il potere di morire Coesiva come lo Spirito Può spirare se Lui - "Si fece Carne e dimorò fra noi" Potesse essere condiscendenza Come questo consenso del Linguaggio Questa amata Filologia |
Nella prima strofa, il verbo fattosi carne del Vangelo di Giovanni (1,14) diventa la parola che si fa poesia. Una parola che raramente viene condivisa (qui ED allude probabilmente alla pubblicazione, ma anche all'atto di leggere la poesia), perché arriva direttamente dentro di noi, o meglio dentro chi è capace di gustare l'estatica pienezza di quel cibo. Nella seconda, l'identificazione diventa piena, in un'immagine che può apparire speculare, come se la parola-carne diventasse spirito: una parola che "respira" non può mai morire, perché diventa immateriale ed eterna; può svanire soltanto ove svanisse ogni cosa che va al di là della "carne" (nella prima lettera a Higginson, del 15 aprile 1862, ED scriveva: "Are you too deeply occupied to say if my Verse is alive?" - "È troppo profondamente occupato per dirmi se la mia Poesia è viva?"). Nella terza, la citazione dai vangeli precede una sorta di rimpianto, descritto bene dalla Bulgheroni nelle note al Meridiano: "... l'eretica Emily vorrebbe che l'inverificabile 'condiscendenza' del divino fosse simile al 'consenso' del linguaggio che si piega al desiderio del creatore." Al verso 12 ho lasciato inalterato il troncamento dell'originale, accogliendo la suggestiva ipotesi della Bulgheroni: "...la parola poetica... potrebbe spirare soltanto nell'ipotesi impossibile e quindi troncata (if He -) di una morte del Cristo."
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Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F").
ierolli@hotmail.com
www.emilydickinson.it
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