FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 36
ottobre/dicembre 2014

Mare

 

L'ANGOLO DI ED

a cura di Giuseppe Ierolli



Su questo mare meraviglioso


J4-F3

On this wondrous sea
Sailing silently,
Ho! Pilot, ho!
Knowest thou the shore
Where no breakers roar -
Where the storm is o'er?

In the peaceful west
Many the sails at rest -
The anchors fast -
Thither I pilot thee -
Land Ho! Eternity!
Ashore at last!

    Su questo mare meraviglioso
Navigando in silenzio,
Ohé! Pilota, ohé!
Conosci tu la riva
Dove non urlano i marosi -
Dove la tempesta è oltre?

Nel tranquillo ponente
Molte le vele a riposo -
Le ancore salde -
Laggiù ti conduco -
Terra Ohé! Eternità!
A riva finalmente!

L'occidente, il luogo del tramonto, come meta finale del viaggio della vita; un approdo tranquillo, dove i marosi dell'esistenza terrena tacciono, dove troveremo molte vele ormai a riposo. Una volta avvistata la riva dell'eternità potremo gettare l'ancora e fissarla saldamente in quel porto immune da qualsiasi tempesta.

 

J76-F143

Exultation is the going
Of an inland soul to sea,
Past the houses - past the headlands,
Into deep Eternity -

Bred as we, among the mountains,
Can the sailor understand
The divine intoxication
Of the first league out from land?

    Esultanza è l'andare
Di un'anima di terra verso il mare,
Via da case - via da promontori,
Nella profonda Eternità -

Come noi, cresciuti fra le montagne,
Può il marinaio comprendere
La divina ebbrezza
Della prima lega al largo dalla terra?

Il misterioso e affascinante viaggio verso il mare dell'eternità, lontano dalle costrizioni della vita mortale, di chi non ha mai visto altro che terra.

 

J520-F656

I started Early - Took my Dog -
And visited the Sea -
The Mermaids in the Basement
Came out to look at me -

And Frigates - in the Upper Floor
Extended Hempen Hands -
Presuming Me to be a Mouse -
Aground - upon the Sands -

But no Man moved Me - till the Tide
Went past my simple Shoe -
And past my Apron - and my Belt
And past my Boddice - too -

And made as He would eat me up -
As wholly as a Dew
Upon a Dandelion's Sleeve -
And then - I started - too -

And He - He followed - close behind -
I felt his Silver Heel
Upon my Ancle - Then My Shoes
Would overflow with Pearl -

Until We met the Solid Town -
No One He seemed to know -
And bowing - with a Mighty look -
At me - The Sea withdrew -

    Mi avviai di Buon'ora - Presi il mio Cane -
E feci visita al Mare -
Le Sirene dello Scantinato
Uscirono per guardarmi -

E le Fregate - del Piano più Alto
Stesero Mani di Canapa -
Presumendo ch'Io fossi un Topo -
Arenato - sulla Sabbia -

Ma Nessuno Mi smosse - finché la Marea
Andò oltre le mie semplici Scarpe -
E oltre il Grembiule - e la Cintura
E oltre il Corsetto - anche -

E fece come se volesse divorarmi -
Per intero come una Rugiada
Sulla Manica di un Dente di Leone -
E allora - mi avviai - anch'io -

E Lui - Lui seguiva - dappresso -
Sentivo il suo Argenteo Tallone
Sulle Caviglie - Poi le Mie Scarpe
Traboccarono di Perle -

Finché incontrammo la Solida Città -
Lui sembrava non conoscere Nessuno -
E inchinandosi - con un Possente sguardo -
A me - Il Mare si ritirò -

Il racconto di un sogno, un sogno vero, notturno, ma anche il sogno di fondersi con la natura. Una natura forte, possente, simboleggiata dal mare, ma allo stesso tempo familiare. È un mare che tendiamo a confondere con i posti in cui viviamo, che conosciamo bene, dove le sirene abitano nello scantinato e le fregate ai piani superiori. A un certo punto però la natura si riprende il suo carattere selvaggio, ci inonda, ci sommerge, di acqua ma anche di perle. Noi resistiamo, ma quando il mare ci arriva al corsetto siamo costretti a indietreggiare, a rifugiarci nella "solida" città (contrapposta al liquido e mutevole mare). Qui la situazione si rovescia; ora è lui che si trova in un ambiente che non conosce, che gli è estraneo, ed è costretto a indietreggiare, non senza un ultimo guizzo "umano": un inchino e uno sguardo (sia pure possente) agli umani che lo amano e lo temono allo stesso tempo.
Marisa Bulgheroni (nelle note nel Meridiano) afferma che il testo "è ricco di allusioni sessuali tradotte in metafore fantastiche". A me sembra che i significati possibili siano diversi, probabilmente non in contrasto uno con l'altro ma complementari. Provo a indicarne qualcuno:
sessuali: il mare-uomo a cui la timida fanciulla si avvicina vogliosa di incontrarlo; poi è impaurita dalle sue avances sempre più stringenti, ed è costretta a fuggire, rifugiandosi nelle solide convenzioni sociali;
filosofico-teologici: il mare-ragione ci attrae perché lo sentiamo vicino alla nostra parte razionale, ma che ci impaurisce con la marea di dubbi con cui ci inonda; e allora preferiamo rifugiarci nella solida fede, con poche domande e molte risposte;
libertari: il mare-libertà, così bello, immenso, infinito, dove in un primo momento ci troviamo a nostro agio, ma che poi rivela i pericoli a cui si va incontro quando si lascia la noiosa ma sicura e confortevole casa avita, per avventurarsi, liberi ma sradicati, nel mondo.
Insomma, la poesia è ricchissima di spunti, ma io credo che il senso più vero sia quello più semplice. Amare la natura, cercarla, andargli incontro vedendola come parte della nostra vita, di noi stessi, ma, nello stesso tempo, essere consapevoli che anch'essa, come quasi tutto ciò che esiste nel mondo, ha sempre due facce, una possente, bella, che attira; l'altra minacciosa, tremenda, pericolosa, anche se il pericolo talvolta si nasconde in un perlaceo scintillio. In altre parole, la natura va amata, ma anche temuta e, per questo, rispettata. È un significato che non elimina gli altri, ma in un certo senso li contiene.

 

J695-F720

As if the Sea should part
And show a further Sea -
And that - a further - and the Three
But a Presumption be -

Of Periods of Seas -
Unvisited of Shores -
Themselves the Verge of Seas to be -
Eternity - is Those -

    Come se il Mare si spartisse
E mostrasse un altro Mare -
E quello - un altro - e i Tre
Solo un Presagio fossero -

Di una Serie di Mari -
Non frequentati da Rive -
Loro stessi essendo di Mari il Limite -
Eternità - è Questo -

ED cerca di rendere concreta l'eternità, di darne una definizione che riesca quasi a farcela vedere. Prende il mare, un qualcosa che già al nostro occhio limitato ha un qualche carattere infinito, e lo scompone, lo apre quasi fosse una matrioska, facendone emergere ogni volta un altro e un altro ancora, e dando a questi mari una caratteristica che ne accentua l'infinità: sono privi di rive, perché sono loro il limite di se stessi e, come l'eternità, la loro esistenza basta a se stessa.
La scelta di ED di definire un concetto temporale (l'eternità) con un'immagine spaziale (il mare) mi ha fatto venire in mente un libro di Lucio Lombardo Radice (L'infinito, Editori Riuniti, Roma, 1981, pagg. 9-10), in cui viene citato Leopardi (il titolo del libro si riferisce al concetto di infinito e non alla poesia di Leopardi):

L'infinito di cui parla Giacomo Leopardi all'inizio della poesia, è un infinito potenziale spaziale:

Sempre caro mi fu quest'ermo colle
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella...
......io nel pensier mi fingo.

Nella parte finale della breve composizione dallo spazio potenzialmente infinito, che nessuna "siepe" chiude (se non allo sguardo), Leopardi passa alla riflessione sul tempo potenzialmente infinito, del quale non si riesce a pensare un'ultima "stagione":

...mi sovvien l'eterno
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei...


La poesia di Leopardi è del 1820. Nel New England del 1863, a una distanza temporale di più di quarant'anni e spaziale di qualche migliaio di chilometri, si incontrano i "mari senza rive" con gli "interminati spazi" e "eternità è questo" con "mi sovvien l'eterno".

 

J739-F737

I many times thought Peace had come
When Peace was far away -
As Wrecked Men - deem they sight the Land -
At Centre of the Sea -

And struggle slacker - but to prove
As hopelessly as I -
How many the fictitious Shores -
Or any Harbor be -

    Molte volte pensai che la Pace fosse arrivata
Quando la Pace era tanto lontana -
Come i Naufraghi - che credono di avvistare la Terra -
Al Centro del Mare -

E lottano stremati - solo per scoprire
Tanto disperatamente come me -
Quanto illusorie le Rive -
O un qualsiasi Porto siano -

Poesia venata di profondo pessimismo. La vita sembra donarci talvolta la pace, la serenità, ma poi ci accorgiamo sempre che non è altro che un'illusione, come quella del naufrago, lontano da ogni terra, che sembra scorgere ovunque rive che esistono soltanto nella sua immaginazione.
Nel manoscritto c'è un'alternativa per l'ultimo verso: "Before the Harbor be -" che sembra modificare sensibilmente il senso del finale della poesia. La sostituzione di "Quanto illusorie le Rive - / O un qualsiasi Porto siano -" con "Quanto illusorie le Rive - / Prima del (o "di fronte al") Porto siano -" potrebbe infatti trasformare il totale pessimismo della prima stesura (le rive sono illusorie e non c'è nessun porto ad accoglierci) in una sorta di viaggio con molte illusioni/delusioni, ma anche con un approdo finale. Se però interpretiamo quel "Porto" come metafora dell'approdo finale della vita, ovvero la morte, l'apparente guizzo di speranza svanisce.

 

J884-F931

An Everywhere of Silver
With Ropes of Sand
To keep it from effacing
The Track called Land -
    Un Ovunque d'Argento
Con Funi di Sabbia
Per trattenerlo dal cancellare
La Traccia chiamata Terra -

Nella prima edizione del 1891 la poesia fu pubblicata con il titolo "The Sea". Un'immagine preziosa e scintillante ("silver") del mare, visto però anche come un invasivo "ovunque" pronto a cancellare l'esigua traccia della terra, se non fosse trattenuto da quello sbarramento che ED chiama "funi di sabbia".

 

J928-F960

The Heart has narrow Banks
It measures like the Sea
In mighty - unremitting Bass
And Blue monotony

Till Hurricane bisect
And as itself discerns
It's insufficient Area
The Heart convulsive learns

That Calm is but a Wall
Of Unattempted Gauze
An instant's Push demolishes
A Questioning - dissolves.

    Il Cuore ha stretti Argini
Che misura come il Mare
In possente - ininterrotto Mormorio
E in Azzurra monotonia

Finché l'Uragano lo infrange
E come da sé discerne
Il suo Spazio insufficiente
Il Cuore convulso impara

Che la Calma è solo un Muro
D'Inaffidabile Garza
La Spinta di un istante lo demolisce
Un Dubbio - lo dissolve.

Il cuore, ovvero l'amore, la facoltà di amare, è come chiuso in argini molto stretti, ma, come il mare, pensa in grande, non ha la sensazione di questo spazio angusto che lo racchiude. Ma prima o poi viene spezzato da un uragano che lo investe e gli fa percepire che quello che aveva considerato uno spazio senza limiti (ovvero un amore infinito) è in realtà ben poca cosa, un sottile muro di impalpabile garza che non riesce certo a proteggerlo. E si accorge così, nei convulsi attimi della consapevolezza, di come, a differenza del mare, non ci sia bisogno di un uragano per demolire e dissolvere ciò che lui credeva incrollabile: per sconvolgere quella calma superficie di illusoria serenità basta la lieve spinta di un istante, o un improvviso dubbio che mette in discussione quella che sembrava una certezza.
Bella la contrapposizione di immagini contrastanti. L'argine ristretto in cui si muove il cuore paragonato all'immensità del mare, perché misura il proprio spazio con la stessa possente e monotona tranquillità (qui la "monotonia" va intesa in relazione alla "calma" del nono verso). Poi l'uragano, concreto nel caso del mare e vissuto come tale per un cuore un tumulto, che rivela d'improvviso come sia illusoria quella tranquillità, diventata un inaffidabile muro di garza in balia del più lieve soffio di vento.

 

J1210-F1275

The Sea said "Come" to the Brook -
The Brook said "Let me grow" -
The Sea said "Then you will be a Sea -
I want a Brook - Come now"!

The Sea said "Go" to the Sea -
The Sea said "I am he
You cherished" - "Learned Waters -
Wisdom is stale - to Me" -

    Il Mare disse "Vieni" al Ruscello -
Il Ruscello rispose "Lasciami crescere" -
Il Mare disse "Allora sarai un Mare -
Io voglio un Ruscello - Vieni adesso!"

Il Mare disse "Vai" al Mare -
Il Mare rispose "sono colui
Che avevi caro" - "Dotte Acque -
La Saggezza è stantia - per Me" -

Al mare serve l'ingenua e ancora fresca giovinezza del ruscello, perciò gli chiede di non crescere, perché crescendo diventerebbe un mare e perderebbe le qualità che lo rendono ora interessante. Ma il ruscello non lo ascolta e, una volta divenuto lui stesso mare, si ripresenta all'appuntamento e si sente dire "vai", il contrario del "vieni" del primo verso. L'ex ruscello, ora mare, si sorprende, dice: "ma non mi riconosci? sono quello che invitasti, che bramavi di accogliere"; ma il mare gli spiega che ormai non sa più che farsene di lui, la sua giovinezza è ormai trascorsa, è diventato dotto, e lui non ha più alcun interesse per chi ha già la saggezza, la considera un qualcosa di vecchio, stantio, in confronto alla rigogliosa giovinezza che il ruscello ha ormai perduto.
L'eterno desiderio dell'ingenua e vitale giovinezza da parte della saggia e ormai disincantata vecchiaia.

 


Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F").


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