Doveva essere molto attraente Abelardo se in una lettera Eloisa scrive: «le donne ti seguivano con gli occhi voltando indietro la testa quando t’incontravano per strada». Il bretone Pietro Abelardo è un famoso professore di teologia, nonché chierico, nella Parigi medievale e ha trentasette anni quando conosce l’allieva – non ancora diciassettenne – Eloisa, e se ne innamora. È l’inizio della travolgente e tragica storia d’amore divenuta famosa quanto quella di Giulietta e Romeo o di Paolo e Francesca, ma qui non si tratta d’una storia di fantasia. I due si conobbero davvero, si frequentarono, fecero scandalo e dopo l’amore avvenne il distacco.
Eloisa, colta e intelligente, vive con lo zio Fulberto ed è a questi che il celebre professore chiede di essere preso a pensione. Abelardo vuole stare vicino alla sua allieva sia a scuola che a casa: lo studio diventa godimento, erotismo. «Erano più numerosi i baci che le frasi e la sua mano correva più spesso al seno che ai libri. Il nostro desiderio non trascurò nessun aspetto dell’amore, ogni volta che la nostra passione poté inventare qualcosa d’insolito, subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi piaceri tanto più ardentemente ci dedicavamo e essi senza stancarci», così Eloisa in un’altra lettera.
Abelardo scrive poesie d’amore che subito diventano famose, Fulberto le ascolta e sentendosi tradito caccia di casa il docente. Gli innamorati fuggono in Bretagna, dove nascerà il figlio Astrolabio. Si sposano in segreto perché Abelardo è membro del clero, ma la notizia trapela ed Eloisa si rifugia in convento. Fulberto, convinto che Abelardo voglia liberarsi della moglie, gli invia dei sicari per punirlo con la castrazione e i due non si vedranno mai più. Dopo l’amore il distacco: Abelardo riprende l’insegnamento ed Eloisa si fa suora ma dopo vent’anni scrive al filosofo che il suo amore per lui resta immutato: «Il piacere che ho conosciuto è stato così forte che non posso odiarlo». Abelardo, ora eunuco e abate, la invita a dimenticare e a dedicarsi alla preghiera. Quando l’uomo muore nel 1142 Eloisa chiede di essere sepolta accanto al suo ex marito e così avverrà nel 1164.
Silvia Eugenio Castillero nel libro di poesia Eloísa, pubblicato in Messico nel 2010, ripercorre le tappe di questa celebre passione, il successivo distacco, le pungenti attese della donna. Non lo fa in modo didascalico ma intrecciandolo alla sua vita a Parigi, dove ha vissuto a lungo. Ogni poesia è un rimando a quella storia antica e, insieme, alle suggestioni provocate dal paesaggio urbano, dalle pietre, ponti e archi medievali, dal lento scorrere della Senna, ripercorrendo i luoghi dove vissero Eloisa e Abelardo. Alla fine “solo resta questo procedere di canoa / sulle nervature del tempo”.
Intarsi d’immagini passate e presenti si amalgamano con un taglio allusivo, intenso e conturbante nel continuo variare dei colori. L’amore e il distacco (la gioia e il dolore) si fondono e tracciano un percorso tra la polvere, i muri dei palazzi, le trasformazioni architettoniche. Parla Eloisa in prima persona, con i suoi tristi monologhi, la dedizione assoluta che perdura negli anni, l’attesa con il suo flusso d’instabili sensazioni. Lo sguardo si sdoppia, l’autrice cede spazio all’eroina ma i suoi occhi restano desti, così come l’evocazione del passato medievale non cancella il presente, i nostri giorni: appaiono le moderne piazze di Parigi, la Torre Eiffel e di riflesso altri amori, altri distacchi e Abelardo che torna, come un fantasma, richiamato dal canto, dalla poesia.
POESIE DI SILVIA EUGENIA CASTILLERO da Eloísa (Eloisa, 2010)
LA ESPERA
Eloísa espera. Un silencio de quilla de barco al romper las aguas atraviesa cada trazo del tiempo, allí suspendida una gota se alarga se alarga, la espera inconclusa colgando de cualquier veta. Puede ser una rama rodeada de vacío, queriendo volcarse en algo, caer por fin, romperse.
L’ATTESA
Eloisa aspetta. Un silenzio di chiglia di barca frantuma le acque e percorre ogni segno del tempo, lì sospesa una goccia si allunga si allunga, l’attesa inconclusa penzola da ogni venatura. Può essere un ramo circondato dal vuoto che vuole trasformarsi, cadere infine, spezzarsi.
DESPEDIDA
Después de esa imagen final, Abelardo alejándose, las tejas de las casas se desmoronaban, en un entrechocar de mis piernas y los muros. Las calles angostas, intensamente recorridas (entre joyas, mercaderes, limosnas), ya no existían. Sólo un cielo incendiado –lejanísimo y superficial– un espectro provisional de luces. El mundo se caía.
ADDIO
Dopo quell’immagine finale, Abelardo che si allontana, si sgretolavano le tegole delle case, nello sbattere dei miei piedi contro i muri. Le strade strette, intensamente percorse (tra gioielli, mercanti, elemosine), non esistevano più. Solo un cielo incendiato – lontanissimo e superficiale – uno spettro provvisorio di luce. Il mondo crollava.
RÍO SENA (añil)
Reconozco esta hora. Llegaba en amarillo a los troncos veteados, luego se inclinaba como agua en un hilado de gotas. A la piedra del puente un sol le rasguñaba esta hora, la volvía árbol, mano añosa; en sus paredes se formaban quejas, congojas, gorjeos, goznes; ninguneos de los pájaros, gritos y gárgaras, cáscaras de plumaje. Casualidades del tiempo vuelto agua. Reconozco esta hora como un relieve detrás de la neblina. La luz precisa me cerca el corazón. La hora pasa y oxida el agua, empuja los reflejos a la orilla; agua afilada vuelta fragmentos, que desde el borde buscan fondo y allí permanecen con su gesto negro: de piedra que se abre. Luz amurallada sobre el río.
FIUME SENNA (indaco)
Riconosco quest’ora. Gialla giungeva ai tronchi venati, poi s’inclinava come acqua in una filatura di gocce. Alla pietra del ponte un sole gli graffiava quest’ora, la trasformava in albero, mano vecchia; sulle pareti si formavano lamenti, singulti, gorgheggi, cerniere; assenze di uccelli, grida e gargarismi, gusci di piumaggio. Casualità del tempo divenuto acqua. Riconosco quest’ora come un rilievo oltre la foschia. La luce esatta accerchia il cuore. L’ora trascorre e ossida l’acqua, spinge i riflessi verso la sponda; acqua affilata rigira frammenti, che dal bordo cercano il fondo e lì restano con un nero gesto: di pietra che si apre. Luce murata sul fiume.
EN LA BARANDA
Elóisa desabotona su piel sin espesor, la suelta en la baranda; no transpira deseo. Ya no. Elóisa recuerda la ventana que se abría en su piel, tras una despedida y otra, de par en par bajo la intemperie ácida, para volverse a cerrar en la siguiente noche furtiva.
SULLA RINGHIERA
Eloisa sbottona la pelle senza spessore, la libera sulla ringhiera; non traspira desiderio. Ora non più. Eloisa ricorda la finestra che si apriva nella sua pelle, tra un addio e l’altro spalancata sotto l’acida tempesta, per chiudersi di nuovo nella prossima notte furtiva.
RÍO SENA (sepia)
Qué antiguas calles en las aguas lúcidas del río, de ellas brotan barcas, espejismos, diferentes formas del recuerdo. Camino y me hundo en las aguas azuladas, como piel de tigre manchada de luces, en la ciudad del río fluye. Camino y me hundo entre muros de agua, las líneas olvidadas son nervaduras de algún nicho oculto. Fosforescente el cielo se comba, la luz crecida –al borde– es piedra que gime, raíz enredada al tiempo. Camino y me hundo: los puentes alargan su desmesura, trastocan el relieve del pasado. Regreso siglos hasta mirar al agua tallar mi propria historia. Allí nace lumbre en los vitrales: tus muslos y mis senos quemándose tras el altar. Como plantas espinosas sobre los cuerpos, ahora la borrasca llega en arenoso frío. El recuerdo quebrado se hunde templo invertido. Y sólo queda este caminar de canoa sobre las nervaduras del tiempo.
FIUME SENNA (color seppia)
Che strade antiche sull’acqua lucida del fiume, da lì sgorgano barche, miraggi, differenti forme del ricordo. Cammino e affondo nell’acqua azzurrata, come pelle di tigre macchiata di luci, nella città il fiume fluisce. Cammino e sprofondo tra muri d’acqua, le linee dimenticate sono le nervature di una cavità occultata. Fosforescente il cielo si piega, la luce lievitata – al margine – è pietra che geme, radice aggrovigliata al tempo. Cammino e sprofondo: i ponti allungano la loro dismisura, mutano il rilievo del passato. Arretro di secoli fino a osservare l’acqua scolpire la mia storia. Lì sboccia fuoco alle vetrate: le tue cosce e i miei seni scottandosi dietro l’altare. Come piante spinose sui corpi, ora la burrasca arriva nel freddo sabbioso. Il ricordo spezzato sprofonda il tempio invertito. E solo resta questo procedere di canoa sulle nervature del tempo.
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Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini
Silvia Eugenia Castillero (Città del Messico, 1963) si è laureata in Lettere all’Università di Guadalajara, dove attualmente vive, e specializzata in Letteratura ispanoamericana presso la Sorbona di Parigi. Ha pubblicato i saggi Entre dos silencios, la poesía como experiencia (1992) e Aberracciones. El ocio de las formas (2008) e i libri di poesia Como si despacio la noche (1993), Nudos de luz (1995), Zooliloquios (edizione bilingue, traduzione dal francese di Claude Couffon, Parigi, 1997), Zooliloquios. Historia no natural (2003) ed Eloísa (2010). Dirige la rivista Luvina dell’Università di Guadalajara.
alexbrando@libero.it
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