FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 27
luglio/settembre 2012

Attese & Risvegli

 

ROBERTO DEIDIER
Gabbie per nuvole

di Alberto Toni



Gabbie per nuvole di Roberto Deidier (Empirìa, 2011) non è un semplice quaderno di traduzioni. La poesia che vi scorre ha i connotati dell’autore, segna l’acquisizione di uno status poetico, definisce una lingua. “Questo libro è la mia personale mappa di amicizie e spaesamenti”, scrive l’autore.
Il lavoro della traduzione si definisce, sempre a detta dell’autore, tra l’essere ospiti e esuli. Si tratta, insomma, sempre di un avvicinamento nell’evolversi della propria storia, anzi dentro la storia in una sorta di carta di navigazione. Mancano i testi originali a fronte e la disposizione degli autori presentati è tematica, non cronologica, come a dire che stabilisce un flusso interiore di consonanze, affinità, incontri, a volte duraturi, a volte fugaci, come nella vita.
“Sono i testi a scegliere noi, e non il contrario”. In fondo è lo stesso procedimento della scrittura poetica in proprio. Ecco allora che la lingua che definisce la traduzione è la stessa lingua di Deidier poeta. Lingua piana e colloquiale, ma densa.

Gli autori scelti (si va da Keats, Stevenson, Auden, Hardy, fino ad Apollinaire). La maggior parte è anglofona, a Auden in particolare è dedicato ampio spazio, ma quel che più conta è la selezione, la scelta, compresa quella dei titoli di sezione.
Si entra in un laboratorio, ma si legge il libro come accostandosi alle tessere di un puzzle. Da lontano ciò che si vede è la visione di insieme. Appare un disegno di poetica. Non che questo stravolga l’originale, no. Semplicemente disegna il confine tra inclusione ed esclusione, in base a un criterio soggettivo e linguistico.

Questo “secondo, importante modo d’esser poeti”, come dice in quarta di copertina Enrico Testa, è in fondo il risvolto di un arazzo, la tramatura nascosta, eppure equivalente dell’opera. Non si sceglie, ma si è scelti per incantamento, per un sottile quanto potentissimo richiamo. Tutto questo perché la storia è un dipanarsi di eventi concatenati che ci definiscono. “Siamo svolti ed educati dal tempo” e c’è una distanza da raggiungere, che è poi la scelta di una propria disarmonia da educare, da crescere nei giorni come un segno voluto”.


Roberto Deidier, Gabbie per nuvole, Empirìa, 2011, pagg. 103, euro 14,00.




CINQUE POESIE DA
Gabbie per nuvole


*

Sono come chi si è seduto solo
Tutto il giorno nella landa,
La testa piegata, le braccia ciondoloni
In una pioggia a dirotto –

La testa piegata, le braccia senza nerbo
Sulla brughiera piatta e grigia,
Finché le nuvole si sono presto aperte
Verso la fine del giorno;

E una luce di porpora
S’è alzata sull’ovest scarlatto,
E gli uccelli hanno cantato sulla ginestra bagnata,
E il cuore m’ha cantato in petto.

(Stevenson)


FESTA NOTTURNA

Questa festa lega gli stagni
Al folgorante carreggio degli astri
Con le sue cornucopie dove cadono
I nostri pensieri brillanti.

In qualche parte fra terra e cielo
Vuota questi residui d’anime
Che alcuni nella notte in fiamme
Prendono per cigni in volo

E noi compiaciuti astanti
Alla trasfusione dei nostri midolli
Vediamo sciogliersi anche le stelle
Dei nostri sogni esilaranti.

(Artaud)


IN TEMPO DI GUERRA

XIII.

Fu inviato lontano dalla cultura:
Abbandonato dal generale e dai pidocchi,
Ghiacciò sotto un’imbottita e scomparve.
Non ci faranno caso quando

Questa campagna finirà nei libri:
Nulla d’importante svanì in quel teschio:
Vecchie le battute, ottuso come la guerra
Persi per sempre nome e aspetto.

Per quanto incolto, agli ordini ufficiali
Aggiunse una virgola di senso
Quando divenne terra di Cina:

Che restino intatte le figlie, non più
Svergognate davanti ai cani, e siano gli uomini
Dove sono acque, montagne, case.

(Auden)


*

Templari in fiamme io brucio tra voi
Profetizziamo insieme o gran maestro io sono
Il fuoco desiderabile che per voi si consacra
E la girandola ruota o bella, bella notte

Legami sciolti da una libera fiamma Ardore
Che il mio soffio spegnerà O Morti in quarantena
Miro della mia morte la gloria e la sventura
Come vedendo l’uccello della quintana

Incertezza finto uccello dipinto cadendo
Nel villaggio sole e amore danzavano
E i tuoi figli galanti bene o male vestiti
Innalzarono il rogo nido del mio coraggio

(Apollinaire)


LA CASA È COSÌ TRISTE

La casa è così triste. Resta come fu lasciata,
Adattata ai bisogni di chi per ultimo partì,
Come volesse richiamarlo. Invece, senza
Qualcuno a cui piacere, appassisce
E non ha cuore di scordarsi il furto,

Di tornare come al suo principio,
Tiro gioioso alla vita che vorremmo,
Caduto fuori centro. Guarda com’era:
Osserva le foto e le posate;
La musica nel panchetto del piano. Quel vaso.

(Larkin)




Roberto Deidier
(Roma, 1965) ha pubblicato Il passo del giorno (1995, Premio Mondello opera prima), Libro naturale (1999), poi confluiti in Una stagione continua (peQuod, 2002). Sempre nel 2002 è apparso Il primo orizzonte (San Marco dei Giustiniani). Nel 2011 ha congedato Gabbie per nuvole (Empirìa), un insolito quaderno di traduzioni e imitazioni.
È presente in molte riviste italiane e straniere («Poesia», «Paragone», «Nuovi argomenti», «Nouvelle revue française») e nell’Almanacco dello Specchio 2007. È redattore della rivista «Poeti e poesia», su cui tiene la rubrica «Periscopio». È inoltre autore di numerosi studi sulla modernità letteraria. Tra i suoi ultimi lavori si ricordano: Le parole nascoste. Le carte ritrovate di Sandro Penna (Sellerio, 2008), Da un luogo anteriore. Poeti italiani del Novecento e oltre (peQuod, 2008), Persefone (Marsilio 2010), Il lampo e la notte. Per una poetica del moderno (Sellerio 2012). Insegna Letterature comparate nell’università di Palermo.


atoni@fastwebnet.it




Vedi anche, su questo numero,
Attese
silloge poetica di Roberto Deidier