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Forse il tempo non è che la dose Di quanto c’è dato, se con tale leggerezza Senza accorgerti ne tieni il respiro E lo affretti a un presente assoluto Così che non so più dove voltarmi, Su quale paesaggio posare lo sguardo, Le macerie delle vite attraversate O la nebbia innocente che pervade il domani E lo allontana in questo sonno Frenetico, in quest’abbraccio pieno Che più stringe e più chiude la mente E fa di me il pozzo colmo, buio Desiderio dove il tempo annega, Mani senza età, e di te il passeggero In attesa a una fermata abolita, Nella tasca una lettera mai aperta E sempre viva.
1943
Forse le bombe cadranno, forse no, L’allarme è suonato già da un pezzo. E tu in sottana balli senza ritmo Un ballo che non t’appartiene. O forse sì. I figli con la giovane sartina T’accompagnano, incredula cornice. Restano di te poche tracce infinite. Quello che hai sognato s’è avverato. Sono qui, dall’altra parte del millennio.
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Questo è il lungo, il solo viaggio Verso nonso, dov’è l’aria dei giusti E il vento spinge a una meta Naturale e se il cielo s’oscura I bambini ancora giocano per strada. Questo è il verso inatteso, la riga Tracciata dritta sopra la lavagna O la lettera infine spedita Dopo il coraggio d’una finestra, Sola a brillare come stella urbana. Altrove qualcuno sta muovendo E senza ormeggi, resistenze O timore di stalli viene a te E mentre naviga su uno schermo d’asfalto Ti chiedi cosa mai potrà portarti, Se un’arida tempesta o un tesoro Di dolore, una corsa libera oppure Un contrasto di colori, una terra Per resistere, nuove scarpe e a notte tarda La pietà d’una mano che spegne la luce.
SOTTO IL TENDONE
Questo cielo di plastica, e le stelle Così uniformi non ingannano nessuno E pure è un cielo e qui sotto un’arena Come le mura basse di una città In miniatura. Solo che è sempre notte E migliaia di watt su circuiti colorati Sospendono il tempo – Quelle stelle sono più posticce – Qui o fuori non importa, se oltre il nero Gli anni luce vibrano galassie – Stesse acrobazie nei volti. E se ognuno è una notte nella notte Io sono stato una finestra aperta Su fuochi d’artificio. Restano intorno Carrozzoni, gabbie. Fate attenzione, Orsi e leoni, anche ammaestrati, Mandano ombre troppo lunghe Sui riflessi dell’alba.
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Gli ultimi giorni nella casa che dovrò lasciare. Sotto un cielo di nuvole basse Come non ho visto mai da queste parti, Pare crollare in un istante Ma non crolla e quasi mi delude. Giro gli occhi altrove Ed ecco scoppiare i vetri al tuono Che fa virare la stagione, Forse un segnale giunto troppo tardi. Quanto è stato inutile aspettarla, Questa pioggia. Avrei voluto prima Che il cielo si squarciasse, s’abbattesse Il libeccio, quando la tempesta Giunge come una liberazione. Questo cielo non mi ha accontentato mai. Di questo freddo, ora, non m’importa.
ALBA
Non dorme, si rigira, le serrande Filtrano il latte oscuro dei lampioni, Prematerico silenzio uniforme. Non dorme, si rigira, passa l’alba, Ridisegna le stanze dove scorre E il mondo fuori, la buia cornice, Ora al centro ha di nuovo l’araucaria. Io sono stato il primo che ha cantato Può dire dio o chi per lui spezzava Quel silenzio musicando le forme. Nel pulviscolo di questa penombra Sale un fruscìo di ruote dalla strada. Sono i ciclisti ad annunciare il giorno, Un cane abbaia verso la statale.
UNA NOTTE INFORMALE
Pensavo di non avere più memoria, Come un peso invisibile sul collo. Apparsi da uno sfondo senza tempo Mio padre e mia madre sono chiusi In una vettura rossa. Dietro gli anabbaglianti Riconosco a malapena i loro sguardi, Sul parabrezza Si riflette la luce dei lampioni. Ma non possono essere altri: Le labbra mimano la disperazione A lungo custodita al posto loro. Le mie vene sono le strade percorse Da quell’auto. Li ho sentiti sbandare nel mio corpo Quante volte, come un’agonia. Mi svegliavo con il pudore d’un bambino Che ha appena scritto la sua prima poesia.
AUDEN
La direzione è quella che avresti amato. M’immetto sulla corsia, è agosto, Ma l’autostrada è un cantiere di tristizie, Villeggianti di cemento come pilastri armati Immobili in un domino perverso. Così li vedo mentre tu, alle mie spalle, Resti come una scia mentale. E adesso dovresti ritornare Un’ombra: non ho più realtà Di questo autogrill sperso in un deserto. Avevo ancora negli occhi le tue foto, Una vita intera: un residuo di sigaretta Tra labbra giovani e i primi compagni; Una camminata a New York sotto la neve, Infine il viso come un lenzuolo sfatto Dove qualcuno ha riposato male. Adesso eri lì davanti al banco, La studiata sciatteria di chi non ha rimorsi. Mi guardai nel tuo stesso sguardo, Il circolo vizioso della solitudine: Eri senza bagaglio. Questa è la legge, avevi scritto, Soltanto questa. E non so più Con certezza a quale nome risponda La città che m’abbraccia ogni mattino.
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