NOIA DI PRIMAVERA
Ossessionante ronzio di mosca stanchezza al flutto abbandonato sullo scoglio: ecco l’impossibilità di ritrovarci non un odore di mare di madre pronta al parto né la possibilità di additare l’arcobaleno d’ultima pioggia. Sorgerai, domani, Lucifero?
BALCONATA
Riversa lattice sul volto senza età e brucia la sedia al rotolare della nenia. Merlature consunte del borgo assolato poggiano sul cuore non ancora svegliato e l’oro perde il suo colore rubato al sole. Così continuerà ad essere fino a quando anziana mano frugherà lana di materasso alle soglie della scalinata di calce impastata ove trapassata annida Verità.
BRINDISI ALL’AUTUNNO
La foglia morta danza macchie che rendono in dono colori di Monet o di Seurat. Una gazzarra di bandiere o solo drappi al vento sul brulicare sordo di formiche. Il gelo nelle vene non risuona all’ultimo cin cin e vermiglia il cielo in attesa all’ora del risveglio qui il cancro non svanisce all’impedito trasumanar. Si accende il cielo: l’atteso cin cin nelle vene.
NOTTE MIOPE
Questa notte mi ritrova esausto affannato in fatui affanni e sogni oziosi. Un’altra porta si apre al bussar del giorno logoro che un segno sordo annoda. Un’altra notte si avvicina senza volto in punta di piedi ballerina: la nuova maschera al prossimo tramonto.
DEI MORTI
L’estremo silenzio ti donerei muto di profondità dove la Tomba si fa voce perché, sai, i Morti parlano. Poi ti guarderei negli occhi nell’attesa che tu solo me ne restituisca l’eco.
URBINO
Il peso dei vicoli in cerchio d’uovo a dispiegare il compasso del dubbio. La storia tesse segreta l’attesa sempre vana di un dio redentore. Per un attimo spalle alla città giusto il tempo di peccare.
RITUALE
a nonna Fiorina e alla sua presenza
Sempre pronta la camomilla nella stretta cucina ampio lo spazio del non detto fra di noi.L’universo trama uno scontro di dignità. Resta certa l’alba nei tuoi gesti di tramonto infuocato.
DISIMPARARE
Era un sogno di legno oltre la vetrata un invito a riconoscere sostanziare il respiro-gramma trattenuto come pietra nella calce. Era una voce senza coro dimenticare smemorare il segno che mi disimparava.
COME UNA POESIA
Dichiararsi: nel dire nel fare nel baciare nella lettera o testamento e testimone del detto Parole parole o sillabe di silenzio per ritrovarti stillano dalla fontana e ancora lacrima nel bicchiere insolente Nominami ora per dimenticarti e annientarti nel tempo già perso e dilegui Dire fare baciare lettera testamento una nenia uno strappo “Stella stellina la notte s’avvicina… …mi lavo le mani per fare un biscotto…” e sillabe sillabe “am ba ra ba ci cci co cco…” ancora bambino
RI-VEGLIA
Srondina l’ala sugli occhi ubriachi di grano la penombra della sera ruba oro alla campagna. Ventila nell’aria odore-marmellata ginestra mistacacia rilascia a goccia la veglia.
(da A peso d’aria, Firenze, Gazebo, 2000)
PURGATORIO IN EPISODIO
Vaga sapore vago furtivo di letto in rosa piacere morte del momento – metamorfosi del dio – Torna a sfiorire la luce spazio fagocitante spazio mentre qui si eleva un vento – un abbaio – dal mezzo al bordo l’episodio dell’eterno: solo se ti volti riconosci allo specchio il tuo spettro nascosto. Attendo il santo alla soglia dell’ora la vita tendo (a distesa) nel corpo.
(da A peso d’aria, Firenze, Gazebo, 2000)
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