Giorgio De Simone appartiene ad una famiglia di intellettuali, è giornalista e romanziere, che ha fatto della “qualità” la cifra costitutiva della sua scrittura, rivolta generosamente e cristianamente agli altri: si potrebbe chiamarla militante.
Un giorno (così iniziano le storie) crede di aver un po’ esaurito la disponibilità verso il prossimo, comincia a pensare di “ritirarsi”, quando accade qualcosa che manda all’aria i suoi propositi. Una nascita “rivoluzionaria”, quella di un nipote, rimette in discussione la sua vita, i suoi compiti. Di nuovo “l’altro” torna a diventare necessario. È così che prende forma l’idea del libro perché creatività chiama creatività, e Giorgio De Simone dà inizio alla fase di attività e di scrittura “nonnesca”, forse la più libera e felice.
Michele tiene all’Inter ma crede in Dio nasce in questa libertà, senza schemi, dalla voglia di comunicare esperienze e speranze nel mondo complesso che abbraccia e a volte soffoca un bambino, senza nessun compito preciso, facendosi guidare per le strade della scrittura dall’affetto e dal rispetto per una giovane vita e da tutto quello che ogni giorno gli viene incontro. Un miracolo di leggerezza, una preghiera sul mondo, un continuo atto di fede.
Il titolo è quasi un riassunto dei contenuti e del “tono” che troveremo in tutto il volume, da consigliare davvero come una guida per novelli nonni. C’è un garbo e una raffinata ironia che permea la scrittura come un vento fresco, proprio come fresca e ventosa è l’infanzia, perché stando vicino allo zoppo si impara o si reimpara a zoppicare, si riscopre il bambino che è in noi, le paure e l’innocenza. Per poterlo proteggere e per farlo crescere allo stesso tempo. Si potrebbe dire che il libro è un piccolo giardino, da lasciare in eredità, così che chi lo eredita possa continuare a coltivarlo.
I protagonisti sono tre, il primo è Michele, bambino di cinque, sei anni, con le sue domande e le sue risposte sorprendenti, solo dopo, sempre un passo dietro Michele, come Dante con Virgilio (‹‹lo mio maestro, e io dopo le spalle››), c’è il nonno, che a sua volta continuamente dialoga con un terzo interlocutore, un altro se stesso davanti al foglio, allo specchio, alla coscienza, alla responsabilità di una vita nuova.
Il libro si divide in brevi capitoli, in ognuno una goccia di esperienza illuminata da una fede in Dio e nel Cristo sempre messa in discussione e sempre rinnovata e da un senso di sacralità verso il creato e le creature.
Si visitano i luoghi propri dell’infanzia come lo zoo, gli altri bambini, i personaggi delle fiabe, i genitori e i parenti, si affrontano i grandi problemi del chi siamo, del dove andiamo e da dove veniamo e della morte, lo sport, l’arte e la musica, i sogni, ma, soprattutto, il “cielo sopra di noi”. Finalmente il nonno Giorgio può raccontare al nipote dei suoi amati pianeti (erranti come noi umani), delle stelle, dello spazio, dove le ombre non sono meno importanti della luce, del suo “debole cosmico”, come lui stesso lo chiama. E si sa che la passione è il miglior veicolo per “infettare” e trasmettere il virus della conoscenza. Ogni minimo accadimento può essere metafora della vita, appiglio per riflessioni, dubbio, meditazione e domanda. Ma anche via di consolazione, incoraggiamento. Infatti il merito più grande di Giorgio De Simone è quello di essersi messo all’ascolto amoroso del nipote e, quindi, di tutti i bambini del mondo, umilmente, rispettando la sua diversità (anche quando si tratta del tifo per l’Inter, la sponda opposta a quella del nonno…) di aver compreso i suoi “annuvolamenti” e i sorrisi e di aver “costruito” tutte le stanze del libro a sua misura, con uno stile chiaro, apparentemente semplice e sempre di grande onestà. Nessun argomento è proibito o negato all’infanzia, tutto si può dire ad un bambino, usando il suo linguaggio, il gioco, la leggerezza, come dimostra questo libro.
Il dono di un nipote è il dono dell’età matura. Quando cominciano a perdersi cose come la memoria, l’elasticità, il peso delle ossa o i capelli, c’è sempre un’altra cosa che si riceve, basta saperla vedere e accogliere. E, si sa, da cosa nasce cosa.
Giorgio De Simone, Michele tiene all’Inter ma crede in Dio, Edizioni Medusa, 2012, pagg.139, euro 13
Giorgio De Simone è nato a Milano nel 1932 da genitori siciliani. Laureato in Lettere moderne, ha lavorato nella grande industria occupandosi soprattutto di giornalismo e comunicazione. Ha collaborato a varie riviste, al quotidiano “Il Giorno” e, da oltre vent’anni, scrive per “Avvenire”, dove cura una rubrica settimanale di cultura e costume sportivi.
Nel 1976 ha pubblicato Il lettore arrabbiato (Edizioni Pola) un pamphlet sul giornalismo italiano. Seguono i romanzi La gabbia di carta (Paoline, 1977), L’escluso (Mondadori, 1978), L’incisione (Rizzoli, 1981), L’Armonista (Rizzoli, 1984), Il caso Anima (Rizzoli, 1988), L’isola dei pantèi (Sellerio, 1988), Mondo Prossimo (Ares, 2004), Era un giardino di 32 ore (Sellerio, 2006).
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