FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 27
luglio/settembre 2012

Attese & Risvegli

 

L'ANGOLO DI ED

a cura di Giuseppe Ierolli


L'ora più lunga


J63-F155

If pain for peace prepares
Lo, what "Augustan" years
Our feet await!

If springs from winter rise
Can the Anemones
Be reckoned up?

If night stands first - then noon
To gird us for the sun -
What gaze!

When from a thousand skies
On our developed eyes
Noons blaze!

    Se la pena prepara la pace
Oh, quali "Augustei" anni
Attendono i nostri passi!

Se le primavere sorgono dagli inverni
Possono gli Anemoni
Essere contati?

Se prima c'è la notte - poi il mezzogiorno
Per prepararci al sole -
Che vista!

Quando da mille cieli
Sui nostri occhi dischiusi
I mezzogiorni arderanno!

Se è vero che le affannose pene della vita saranno ripagate da altrettanta pace, allora quando i nostri ciechi occhi mortali potranno finalmente aprirsi, saranno inondati dallo splendore di una luce mai vista.

 

J375-F578

The Angle of a Landscape -
That every time I wake -
Between my Curtain and the Wall
Upon an ample Crack -

Like a Venetian - waiting -
Accosts my open eye -
Is just a Bough of Apples -
Held slanting, in the Sky -

The Pattern of a Chimney -
The Forehead of a Hill -
Sometimes - a Vane's Forefinger -
But that's - Occasional -

The Seasons - shift - my Picture -
Upon my Emerald Bough,
I wake - to find no - Emeralds -
Then - Diamonds - which the Snow

From Polar Caskets - fetched me -
The Chimney - and the Hill -
And just the Steeple's finger -
These - never stir at all -

    L'Angolo di Paesaggio -
Che ad ogni risveglio -
Fra la Tenda e il Muro
Sopra un'ampia Fessura -

Come una Veneziana - in attesa -
Si accosta ai miei occhi aperti -
È solo un Ramo di Melo -
Che si staglia obliquo, nel Cielo -

La Sagoma di un Comignolo -
La Fronte di una Collina -
Talvolta - l'Indice di una Banderuola -
Ma quest'ultima è - Sporadica -

Le Stagioni - mutano - il mio Quadro -
Sul Ramo di Smeraldo,
Mi sveglio - e non trovo - Smeraldi -
Poi - Diamanti - che la Neve

Da Scrigni Polari - mi ha portato -
Il Comignolo - e la Collina -
E anche il dito del Campanile -
Questi - non si muovono affatto -

Il paesaggio che vedo a ogni risveglio è sempre lo stesso: da una sottile fessura, tra la tenda e il muro, un ramo di melo, un comignolo, una collina e, se la tenda è un po' scostata, anche la banderuola sulla cima del campanile. Queste sono le cose che restano immutate, ma i cicli della natura fanno sì che questo quadro fisso abbia comunque i suoi cambiamenti, anche se limitati al ramo: prima le mele del colore dello smeraldo, poi solo il ramo spoglio e, più in là, gli scintillanti diamanti del gelo invernale.
La descrizione di un paesaggio familiare, sempre uguale ma nello stesso tempo sempre cangiante, come se l'immobilità dello spazio fosse continuamente rinnovata dal ciclico trascorrere del tempo.

 

J635-F607

I think the longest Hour of all
Is when the Cars have come -
And we are waiting for the Coach -
It seems as though the Time -

Indignant - that the Joy was come -
Did block the Gilded Hands -
And would not let the Seconds by -
But slowest instant - ends -

The Pendulum begins to count -
Like little Scholars - loud -
The steps grow thicker - in the Hall -
The Heart begins to crowd -

Then I - my timid service done -
Tho' service 'twas, of Love -
Take up my little Violin -
And further North - remove -

    Credo che l'Ora più lunga di tutte
Sia quando le Vetture sono arrivate -
E noi siamo in attesa della Carrozza -
Sembra come se il Tempo -

Offeso - che la Gioia sia arrivata -
Blocchi le Lancette Dorate -
E non lasci passare i Secondi -
Ma l'istante più lento - si conclude -

Il Pendolo comincia a contare -
Come i piccoli Scolari - a voce alta -
I passi si fanno più fitti - nell'Atrio -
Il Cuore comincia a premere -

Allora io - compiuto il mio timido servizio -
Sebbene un servizio sia, d'Amore -
Prendo il mio piccolo Violino -
E più a Nord - mi ritiro -

Probabile che qui ED abbia preso lo spunto dai momenti in cui in casa si attendeva l'arrivo del padre, spesso fuori per ragioni politiche o di lavoro. Quei momenti che sembravano così lenti, da quando si sapeva che il treno era arrivato al momento dell'arrivo della carrozza, dei passi nell'atrio, dei saluti. E qui, negli ultimi due versi, emerge la timida, ritrosa, solitaria Emily, che mette tanto amore in quei saluti, ma subito si rifugia di sopra (più a Nord) col suo piccolo violino, con la voglia di suonare lo strumento dal quale sapeva trarre melodie poetiche così belle.

 

J781-F884

To wait an Hour - is long -
If Love be just beyond -
To wait Eternity - is short -
If Love reward the end -
    Aspettare un'Ora - è lungo -
Se l'Amore è appena al di là -
Aspettare l'Eternità - è breve -
Se l'Amore ripaga la fine -

Un aforisma sulla relatività del trascorrere del tempo. Se l'amore è là che ci aspetta, se è vicino e raggiungibile, anche una sola ora di attesa diventa molto lunga. Se sappiamo che l'unico modo per averlo è incontrarlo alla fine dei nostri giorni, allora aspettare l'eternità diventa breve.

 

J1000-F1015

The Fingers of the Light
Tapped soft upon the Town
With "I am great and cannot wait
So therefore let me in".

"You're soon", the Town replied,
"My Faces are asleep -
But swear, and I will let you by
You will not wake them up".

The easy Guest complied
But once within the Town
The transport of His Countenance
Awakened Maid and Man

The Neighbor in the Pool
Upon His Hip elate
Made loud obeisance and the Gnat
Held up His Cup for Light.

    Le Dita della Luce
Bussarono lievi alla Città
Con un "sono grande e non posso aspettare
Perciò fammi entrare."

"Sei mattiniera", replicò la Città,
"I miei Volti sono addormentati -
Ma giura, e ti farò passare
Se non li sveglierai."

La disinvolta Ospite accettò
Ma una volta dentro la Città
Lo slancio della Sua Figura
Risvegliò Fanciulle e Uomini

Il Vicino nello Stagno
Si levò su un fianco
Fece un rumoroso inchino e il Moscerino
Sollevò la Sua Coppa alla Luce.

L'alba arriva lieve e insieme prepotente. La città cerca di resistere, poi di impedire che svegli i suoi abitanti, ma la luce è troppo splendente, nulla e nessuno riesce a resistere allo slancio di quella figura che invade ogni via e ogni casa, nemmeno il moscerino nello stagno, che si sveglia arzillo e rende omaggio al nuovo giorno.
La luce può essere metafora di tutto ciò che schiarisce e risveglia, possiamo perciò leggerla come la luce della ragione, dell'amore, della poesia, ecc.

 

J1281-F1258

A Stagnant pleasure like a Pool
That lets it's Rushes grow
Until they heedless tumble in
And make the Water slow

Impeding navigation bright
Of Shadows going down
Yet even this shall rouse itself
When Freshets come along -

    Un piacere Stagnante come una Palude
Che lascia crescere i suoi Giunchi
Finché sbadati non cadono giù
E rendono lenta l'Acqua

Impedendo il limpido navigare
Delle Ombre che discendono
Eppure anch'esso si risveglierà
Una volta arrivate le Acque novelle -

Lo stagnante piacere del primo verso somiglia molto a una noia soddisfatta di sé, che si pasce del suo ozio e respinge ogni novità. Ma basterà l'arrivo di una vivace corrente primaverile per risvegliare la voglia di immergersi in quel flusso di fresca vitalità.
Interessanti alcune varianti: al verso 5 "fair" al posto di "bright" fa pensare che quest'ultimo termine sia usato più nel senso di "limpido, chiaro" che di "brillante, splendente"; al verso 6 "Ripples" ("ondulazioni, increspature") al posto di "Shadows" rende quelle ombre simili a ondulazioni che sembrano coprire e che invece celano, e preparano, il nuovo; al verso 7 "stir" ("smuovere, agitare") al posto di "rouse" accentua il senso di movimento del risveglio.
Nell'ultimo verso "Freshets" significa, oltre a "inondazione, straripamento di un fiume", anche "una corrente d'acqua fresca"; credo proprio che sia questo il senso del termine in questo verso e ho cercato di rendere la sensazione di freschezza e novità traducendo con "acque novelle".

 


Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F").


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