FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 24
ottobre/dicembre 2011

Crisi

 

LA POESIA DI JANEZ BERNIK

di Jolka Milič



Non c'è nessuno a cena
dalla raccolta
Nikogar ni k večerji
(Nova revija, Ljubljana 2008)


1. V. 1999



1. V. 1999


Incornicio un autoritratto con la bocca aperta,
ispeziono la partenza delle bandiere, mi chiedo
da dove provengono le disgrazie, le voci,
i casi e i mal di testa.
Raggelato penso alla porta aperta,
agli amici e alle terracotte micenee,
agli impegni della settimana prossima,
di notte contemplo le parole e le sillabe
come gli scultori i monumenti dall'interno.
Le parole per se stesse sono delle bellissime unità,
quando sono in stormi sono circondate
dall'incertezza, sono protette troppo
o troppo poco dal dubbio.
Dietro attende assidua la fedeltà dell'odio, dato
che sul crocefisso d'angolo cadono le giovani luci,
taluni pensano che ci siano troppi santi.
Non dimentichiamo – gli alberi mangiano
solo la terra e l'aria.


3. VI. 1984
7.VII. 1986



3. VI. 1984
7.VII. 1986


È faticoso avere il corpo
sempre con me,
specialmente quando la fuga si accumula
e la tristezza si addensa, allora strani
simboli velano il cielo
e mi smarrisco in me stesso,
perciò disegno la pioggia,
moltiplico le acquerugiole infantili
affinché il giorno non soffochi.


20. X. 1999
9. X. 2000



20. X. 1999
9. X. 2000


Sfoglio di nascosto le pagine
della mia timidezza e dell'equilibrio
secondo la simmetria del silenzio e dell'oblio,
secondo l'inquietudine e l'incertezza delle parole,
stringo la mano alla paura, penso,
perché mai le parole si moltiplicano in
visioni – la vedo, mi guarda con
le braccia abbassate e dice,
hai la preghiera nelle tue mani,
dall'acqua traccia il volto della nascita,
misura in te il significato del nome collettivo,
guarda verso nord e ascolta attentamente
come si sbriciolano le parole in vocali.


7. II. 1983
2. V. 2007



7. II. 1983
2. V. 2007


Siedo davanti a me stesso, tra le parole,
guardo a ritroso, nel mio intimo,
nel calendario in comune, nella pioggia, nell'oblio
che mutano la febbre in preghiera
che scorre giù come acqua viva,
dalle nuvole, dalle cascate, attraverso
le porte degli angeli, fino alla scalinata
del cielo tangibile e oltre, sino alle
preziose campane – del silenzio.
Sento distintamente – qui ci sei già stato,
perché te ne sei andato, ritorna,
per non rimanere nel roveto ardente
dietro e sotto le acacie in punta di piedi.


13. XII.1981
25. VI. 2007



13. XII.1981
25. VI. 2007


Sento il pianto della terra, o Dio,
chi ha scaricato l'odio in me,
chi poserà la mano sulle mie parole,
sulla fronte madida e le rabbie, si fa sera,
i pipistrelli svolazzano nel buio,
guizzano veloci e tornano indietro,
prima dell'alba si appendono all'ultimo
lato della notte. Scompiglio e lamenti
si alternano a dismisura e le paure
strisciano su su tra le parole.


21. V. 1984



21. V. 1984


Dipingi la casa del pane, con un forno dentro,
trasforma l'angolo della porta con una parola
che lievita, metti il cappello di traverso
per spezzare le notti, parla mediante
un sorriso come le campane e
le donne, trattieni in petto la domenica,
per niente sordo, dici, per niente cieco,
com'è grande il giorno.


28. VIII.1998
15. V. 2007



28. VIII.1998
15. V. 2007


Sposta le parole ad arco verso l'alto
perché non cadano in se stesse, misura
le coltri della luce del pavimento celeste.
Durante la lettura con un dito ascolta
la musica dei passi, non scordarti del canto
di laggù, anche se le voci si rompono,
accompagnale come un osso dove
pernotteranno, traccia umilmente
le serpentine dei venti, le significative
linee dei serpenti, le tentazioni e le passioni
degli estatici. Spacca in due le diffidenze
nelle remote lontananze, guarda i contorni
rarefatti del fantasma, permetti alla pioggia
di tracciare il proprio lato nascosto.
Condensa la verbosità in una sola parola.
Nel silenzio scoprirai la fame della superbia
e il celato affanno della credibilità
che i poeti nell'amore uccidano la morte.


14. IV. 2006



14. IV. 2006


Da dove vengono
i santi e i fulmini,
da dove i diluvi di linee
e san Giorgio,
i gigli carniolani*,
le congiure e gli amori
che conservano il cielo nel paradiso.
Rivolto verso il basso,
fino alle radici e al sottosuolo
nel terriccio delle acque sospese.
Sotto le montagne dell'atelier
attendo la pioggia e l'aurora,
dove i cervi cercano
i torrenti e i contatti,
nell'acqua scorgo delle orme,
mi sono sdraiato in me stesso.

* Il nome latino di questo giglio selvatico è Lilium carniolicum.


13. I. 1979
5. VII. 2001



13. I. 1979
5. VII. 2001


Mi chiedo, perché mai la mia testa
prima dell'alba è piena di mostri.
Sappiamo che Marcel Duchamp sapeva
maneggiare bene il proprio talento,
che durante le afe di luglio dal cielo
piomba la siccità, che le argille si
rallegrano delle canicole mentre si
stanno trasformando in mattoni.
Pare che i lattanti prima della tempesta
siano fragranti come la pioggia, allora mi
cingo con la mia angoscia e mi appoggio
alle pareti paterne. È un caso - o non lo è -
che il mio paese natio abbia le radici
sopra, quindi sta sulla testa. Probabilmente
non è affatto un caso che cerco
le parole tra le pietre della via crucis,
tra le palme, sotto Beli Križ*, dietro
a Črni Kal*, in silenzio e nella tua voce,
Signore, le cerco dovunque, e tu lo sai.

* Due villaggi in Istria (Slovenia) che tradotti in italiano significano croce bianca e stagno (o pantano) nero; i due nomi naturalmente vanno intesi simbolicamente.


31. III. 2005
19. VII. 2006



31. III. 2005
19. VII. 2006


Negli spazi della luce,
nello splendore allo zenit
penso al perdurare e
all'istante, e stasera già annotta,
devo ritornare, nel fugace adesso,
nelle quotidiane celebrazioni del tempo,
fino ai tappeti distesi dei pastori,
tra le giovani erbe e i fontanili,
a ritroso fino al respiro dell'humus
che non è registrato nel catasto,
È possibile sorpassarci – nella morte?


5. V. 2001
9. VI. 2007



5. V. 2001
9. VI. 2007


Talvolta riesco
a scordarmi di pensare,
guardo come i sassi,
gli alberi e
gli elefanti innamorati,
allora congiungo le mani.


27. VI. 2007



27. VI. 2007


I poeti forse respirano quando, affannati,
cercano le parole, trascendono il tempo,
coltivano le nuvole della fertile pioggia
affinché le vecchie querce crescano
uniformemente su e giù negli enigmi.
Chissà che i sepolcri e le piscine non
abbiano scantinati e che il Mediterraneo
non si asciughi toppo presto. Dalle
tenebre è cominciato a piovere.
La maggioranza dei vecchi artisti
sa che le fonti dei ruscelli dissetano
l'acqua, perciò esaltano la pioggia e
la semplicità. Gli amici mi raccontano
che nelle documenta di Kassel espongono
mille e un cinese. Chi può dissuadere
il cielo che le anime durante il lavaggio
dei piedi non scappino in paradiso.



Traduzione dallo sloveno di Jolka Milič




JANEZ BERNIK
Il pittore e poeta sloveno Janez Bernik è nato nel 1933 a Gunclje nei dintorni di Ljubljana. Si è diplomato all'Accademia delle arti figurative di Ljubljana nel 1955. Poi, fino al 1957, ha frequentato con successo una scuola biennale di specializzazione pittorica, concludendo nel 1958 in Slovenia gli anni di studio e perfezionamento con un nuovo corso biennale di arti grafiche. Nel 1959, grazie a una borsa di studio del governo francese, ha avuto la possibilità di approfondire e affinare il suo sapere nell'atelier grafico di Johnny Friedlaender a Parigi. Inoltre ha viaggiato molto per ragioni di studio (Italia, Francia, Austria, Germania...). Per una decina d'anni ha potuto dedicarsi solo all'arte nei suoi vari aspetti, vita non sempre facile da condurre per molteplici motivi, quindi nel 1970 ha rinunciato alla totale libertà artistica iniziando a insegnare all'Accademia delle arti figurative di Ljubljana, in qualità di professore di disegno e pittura, dal 1979 invece come ordinario e direttore della sezione di pittura, dove è rimasto fino al suo pensionamento nel 1996.
È stato membro del Gruppo 69, partecipando attivamente a tutte le sue mostre. Nel 1989 è diventato socio straordinario dell'Accademia slovena delle scienze e arti a Ljubljana, e, nel 1993, è stato eletto a membro ordinario. Dal 1992 è anche socio corrispondente esterno dell'Accademia Nazionale di San Luca a Roma, e dal 1996 socio ordinario dell'Academiae Scientiarum et Artium Europaea di Salisburgo.
Per le sue opere Bernik ha ottenuto molti premi nazionali e internazionali. Degni di menzione i più ambiti nazionali: il premio della fondazione Prešeren per la pittura e le arti grafiche (1963), il premio Jakopič per la pittura (1971) e il grande premio Prešeren (1981). Tra i riconoscimenti internazionali ha ottenuto molte onorificenze e medaglie d'oro per la pittura e le arti grafiche.
Janez Bernik è un artista multiforme, ha raggiunto ottimi, anzi, eccellenti risultati in pittura, scultura, arti grafiche, illustrazioni, arazzi, progetti grafici e poesia.
Le sue stampe e affini si trovano in moltissime gallerie statali e collezioni private. Ha allestito più di sessanta esposizioni personali in Slovenia e per il mondo, tra l'altro in tutte le principali gallerie dell'ex Jugoslavia, a Klagenfurt, Milano, Roma, Parigi, Berlino, New York... Più volte ha esposto anche alla Biennale di Venezia, ha collaborato inoltre a molte mostre collettive, in casa e all'estero. Ha pubblicato quattro cartelle grafiche, l'ultima: Katharsis ad infinitum con 19 seriografie, edita nel 1997 dal Centro internazionale di arti grafiche a Ljubljana. Ha pubblicato anche parecchie monografie, tra cui Samote (Solitudini), 2002, Slikarjeva hiša (La casa del pittore), 2008, Nočni dnevnik 1959-2009 (Diario notturno 1959-2009), 2010 ecc. e tantissimi cataloghi, anche in inglese, francese e italiano. Inoltre quattro raccolte di poesia. La prima, inclusa nella monografia Črte (Linee), edita dalla casa editrice Mladinska knjiga nel 1977. La seconda dal titolo Triptih (Trittico) nel catalogo Razstava 1985 (Esposizione 1985), pubblicata dalla Moderna galerija, la più importante galleria per l'arte moderna in Slovenia, in occasione della bellissima mostra che gli avevano preparato. L'editrice Nova revija gli ha pubblicato due sillogi, e cioè Nikogar ni k večerji (Non c'è nessuno a cena), nel 2008, con la prefazione del poeta e saggista Niko Grafenauer, che "Fili d'aquilone" ha presentato ai propri lettori nel numero 6, e Kako velik je dan (Com'è grande il giorno), due anni dopo, nel 2010, con due prefatori, il summenzionato Niko Grafenauer e l'inesausto storico d'arte e letterato sloveno Milček Komelj.
Molte opere di Bernik si trovano nelle gallerie slovene di Ljubljana, Maribor, Ajdovščina e Idrija e in musei e gallerie delle maggiori metropoli europee (Londra, Vienna, Praga, Zagabria, Varsavia, Parigi, Roma, Amsterdam...). Anche nelle gallerie dell'America del Nord e del Sud (San Francisco, Washington, New York, Buenos Aires, Rio de Janerio) e perfino in Giappone (Tokio).
Vive a Breznica presso Žirovnica nella Gorenjska, in un'oasi di sogno e pace, insieme all'amata moglie Adriana Maraž, anche lei valentissima pittrice.

(foto di Tihomir Pinter)


Dalla monografia
Samote
(Solitudini)


     


Dalla monografia
Slikarjeva hiša
(La casa del pittore)


     

   


jolka.milic@siol.net