L’isola di Cuba possiede al suo interno sentimenti opposti sulla rivoluzione guidata da Fidel Castro: l’immagine romantica della rivoluzione è assai lontana, oggi, dalle generazioni più giovani, alle quali manca la possibilità di vivere una vita come il resto dei loro coetanei, mentre gli anziani sono nostalgici dei valori e degli ideali che guidarono i primi passi della rivolta al dittatore Batista.
La rivoluzione che visse Cuba, la spiega bene Steven Soderbergh nel dittico cinematografico “Il Che” (2008), nel quale è riuscito a far conoscere la fonte di questi valori e la figura di un mito che perdura nel tempo. Il film è diviso in due parti a causa della sua lunga durata, quattro ore e mezzo. La prima parte, “Il Che: L’argentino” mostra, attraverso un brillante Benicio del Toro nel ruolo del medico argentino (Palma d’Oro a Cannes come migliore attore), il modo in cui inizio e fu condotta la rivoluzione cubana. Mentre nella seconda parte “Che: guerriglia,” Soderbergh conduce lo spettatore in Bolivia, dove, secondo il suo spirito di libertà, il Che è andato ad aiutare i guerriglieri che volevano “salvare” il popolo, perdendo la vita in questo tentativo (1967). Per entrare nella parte di questo mito storico Benicio del Toro ha attentamente studiato i diari del Che, ed imparato a parlare spagnolo con accento argentino che poi, via via, prende un accento cubano.
Dato che l’argomento di questo numero sono le ISOLE, analizzerò soltanto la prima parte del lungo film di Soderbergh, ma consiglio vivamente di dedicare quasi cinque ore per esplorare entrambi i lati della vita del Che Guevara, del suo percorso rivoluzionario, anche se prima sarebbe meglio vedere (o rivedere) "I Diari della Motocicletta" di Walter Salles (2004), dove Ernesto Guevara comincia a coltivare quel senso di giustizia e di lotta per il cambiamento verso l’uguaglianza di tutti gli uomini dell’America Latina.
Nel 1952 il generale Fulgencio Batista orchestra un colpo di stato a Cuba, prende il controllo del governo dell’isola e sospende le elezioni.
La sua dittatura corrotta è sostenuta dall’esercito, ma un giovane avvocato di nome Fidel Castro incita alla rivolta popolare assaltando la caserma Moncada, nel luglio del 1953. L’attacco fallisce e Castro trascorre due anni in carcere, prima di andare in esilio in Messico.
Nel frattempo, un giovane idealista argentino di nome Ernesto Guevara si è lasciato coinvolgere in attività politiche in Guatemala. Nel 1954, quando il legittimo governo di Jacobo Alvarez viene deposto, Guevara fugge in Messico e in un modesto appartamento di Città del Messico incontra Fidel Castro, presentatogli da Raúl Castro, fratello minore di Fidel. Guevara viene immediatamente arruolato per compiere una missione di guerriglia, con lo scopo di abbattere il dittatore cubano. I cubani soprannominano il giovane ribelle Guevara “Che”, per la ripetizione di questo termine in Argentina.
Puerto Rico e Messico sono le basi per le riprese della prima parte del film, mentre “Guerrilla” è stato girato in Spagna.
“Che: L'argentino” è un film che alterna le scene intense della vita e della guerriglia nella giungla alle immagini dell’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti dove, nel 1964, Ernesto Guevara fa un memorabile discorso. Del Toro incarna perfettamente nel fisico ma anche nelle sfumature del carattere l’uomo Guevara e il regista non spinge troppo sui toni agiografici, privilegiano il racconto, le sfumature, l’introspezione psicologica. Soderbergh riesce a coinvolgere e a sorprendere lo spettatore con questa miscela d’immagini, usando lo stesso linguaggio visivo di “Traffic”, dove diresse sempre un bravo Benicio del Toro che, proprio durante le riprese, avrebbe proposto al regista di girare un film sulla vita del Che. Ed ecco qui il risultato, dopo sette anni di lavoro.
Che – L’argentino (2008, regia di Steven Soderbergh, con Benicio Del Toro).
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