FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 69
marzo 2025

Identikit

 

L'ANGOLO DI ED

a cura di Giuseppe Ierolli



Sono piccola, come lo scricciolo


Dalla lettera 268 (345), luglio 1862
A T. W. Higginson

Could you believe me - without? I had no portrait, now, but am small, like the Wren, and my Hair is bold, like the Chestnut Bur - and my eyes, like the Sherry in the Glass, that the Guest leaves - Would this do just as well?
It often alarms Father - He says Death might occur, and he has Molds of all the rest - but has no Mold of me, but I noticed the Quick wore off those things, in a few days, and forestall the dishonor - You will think no caprice of me -

Può credermi - senza? Non ho ritratti, ora, ma sono piccola, come lo Scricciolo, e ho i Capelli ribelli, come il Riccio della Castagna - e gli occhi, come lo Sherry che l'Ospite lascia nel Bicchiere - Può andar bene così?
Spesso ciò spaventa il Babbo - dice che potrebbe arrivare la Morte, e lui ha Immagini di tutti - ma nessuna Immagine mia, ma ho notato la Velocità con cui queste cose si consumano, in pochi giorni, e prevengo il disonore - non pensi che sia un capriccio -

Così si descrive Emily Dickinson, dopo che Thomas Wentworth Higginson le aveva evidentemente chiesto di mandargli un suo ritratto. Higginson la conosceva solo tramite le lettere che lei aveva cominciato a inviargli nell'aprile di quell'anno dopo aver letto, sull'Atlantic Monthly, un suo articolo: "Letter to a Young Contributor" e i due continuarono a scriversi fino a pochi giorni prima della morte di ED. Si incontrarono due volte, nel 1870 e nel 1873, quando Higginson andò a trovarla ad Amherst.

 

F171-J173

A fuzzy fellow, without feet -
Yet doth exceeding run!
Of velvet, is his Countenance -
And his Complexion, dun!

Sometime, he dwelleth in the grass!
Sometime, upon a bough,
From which he doth descend in plush
Upon the Passer-by!

All this in summer -
But when winds alarm the Forest Folk,
He taketh Damask Residence -
And struts in sewing silk!

Then, finer than a Lady,
Emerges in the spring!
A Feather on each shoulder!
You'd scarce recognize him!

By men, yclept Caterpillar!
By me! But who am I,
To tell the pretty secret
Of the Butterfly!

    Un tipo peloso, senza piedi -
Che pure eccelle nella corsa!
Di velluto, la Fisionomia -
E la Carnagione, grigiastra!

Qualche volta, dimora nell'erba!
Qualche volta, su un ramo,
Da cui si cala felpato
Sul Primo che passa!

Tutto questo in estate -
Ma quando i venti svegliano la Foresta,
Sceglie una Residenza di Damasco -
E si pavoneggia in fili di seta!

Poi, più fine di una Lady,
Emerge in primavera!
Una Piuma su ogni spalla!
Sarebbe arduo riconoscerlo!

Dagli uomini, detto Bruco!
Da me! Ma chi sono io,
Per svelare il grazioso segreto
Della Farfalla!

La descrizione di un bruco peloso e grigiastro, che si trasforma misteriosamente nell'eterea farfalla: uno dei segreti della natura, uno dei tanti che sfuggono alle nostre possibilità di spiegazione.

 

F243-J286

That after Horror - that 'twas us -
That passed the mouldering Pier -
Just as the Granite Crumb let go -
Our Savior, by a Hair -

A second more, had dropped too deep
For Fisherman to plumb -
The very profile of the Thought
Puts Recollection numb -

The possibility - to pass
Without a moment's Bell -
Into Conjecture's presence -
Is like a Face of Steel -
That suddenly looks into our's
With a metallic grin -
The Cordiality of Death -
Who drills his Welcome in -

    Quell'Orrore retrospettivo - che fummo noi -
A oltrepassare il Pontile pericolante -
Proprio mentre quel Briciolo di Granito si staccava -
Nostro Salvatore, per un Capello -

Un secondo di più, saremmo caduti troppo a fondo
Per lo scandaglio del Pescatore -
Il solo profilo del Pensiero
Raggela il Ricordo -

La possibilità - di passare
Senza il Rintocco di un attimo -
Alla presenza della Congettura -
È come un Volto d'Acciaio -
Che d'un tratto si fissi sul nostro
Con un ghigno metallico -
La Cordialità della Morte -
Che incide il suo Benvenuto -

Un istante può separarci dalla vita o dalla morte; quando ci accorgiamo che quell'istante è passato guardiamo a quel labile confine che abbiamo scansato per un pelo come a qualcosa che ci ha salvati da una caduta in abissi talmente profondi da eludere qualsiasi misura, qualsiasi salvezza.
Nell'ultima strofa quell'istante è visto invece dalla parte opposta: quando l'esito di quel passare sarà la morte, quando ci troveremo improvvisamente ("Senza il Rintocco di un Attimo") di fronte a un mistero che si presenta ai nostri occhi mortali come un ghigno metallico, duro come l'acciaio perché resiste a ogni tentativo di comprensione.
È una poesia che è stata molto commentata, con esiti diversi e talvolta opposti. Interessante la breve ricostruzione di alcune letture critiche fatta da Marisa Bulgheroni nelle note al Meridiano: "I critici americani hanno variamente interpretato il v. 4: Sharon Cameron lo dilata a significare If we had dropped a hair further, we would have met our savior, nel senso di: «un capello ci divideva dall'incontro con il Salvatore», ossia dalla morte certa e dal mistero dell'aldilà. Cynthia Griffin Wolff legge, senza alterare la sintassi: «l'atomo di granito lascia cadere / per un capello, il nostro Salvatore», convinta che il verso segnali l'ipotesi di una morte del divino."

 

F525-J564

My period had come for Prayer -
No other Art - would do -
My Tactics missed a rudiment -
Creator - Was it you?

God grows above - so those who pray
Horizons - must ascend -
And so I stepped upon the North
To see this Curious Friend -

His House was not - no sign had He -
By Chimney - nor by Door -
Could I infer his Residence -
Vast Prairies of Air

Unbroken by a Settler -
Were all that I could see -
Infinitude - Had'st Thou no Face
That I might look on Thee?

The Silence condescended -
Creation stopped - for me -
But awed beyond my errand -
I worshipped - did not "pray" -

    Il mio periodo di Preghiera era giunto -
Nessun'altra Arte - possibile -
Ai miei Metodi mancava un rudimento -
Creatore - Eri tu?

Dio cresce là in alto - così coloro che pregano
Orizzonti - devono ascendere -
E così io risalii il Nord
Per vedere questo Curioso Amico -

La Sua Casa non c'era - nessun segno di Lui -
Né da un Comignolo - né da una Porta -
Potevo arguire la sua Residenza -
Vaste Praterie d'Aria

Non interrotte da un Colono -
Erano tutto ciò che potevo vedere -
Infinità - Non avresti Tu un Volto
Affinché io possa guardarti?

Il Silenzio acconsentì -
La Creazione si fermò - per me -
Ma sgomenta dall'enormità della mia richiesta -
Adorai - non "pregai" -

Sono arrivata a un momento della vita in cui mi rimane solo il pregare, ogni altra cosa è diventata inutile. Mi accingo a farlo, ma mi accorgo che mi manca la cosa essenziale, il rudimento della preghiera: non è, caro dio, che sei proprio tu quello che manca?
Ma forse sei solo lontano, in fin dei conti abiti là in alto, non sei facilmente raggiungibile, tanto che chi decide di pregare deve faticosamente ascendere orizzonti lontani. E allora anch'io mi accingo all'impresa, mi incammino verso l'alto, verso un simbolico nord, per incontrare questo strano, curioso amico.
Ecco, sono arrivata. Ma non c'è nessun segno che mi indichi dove sei. Non c'è un comignolo, una porta, qualsiasi altra cosa che mi permetta di supporre dove sia la tua residenza. Posso vedere solo enormi praterie d'aria, non interrotte da niente, nemmeno da un colono a cui possa chiedere informazioni. Non è, caro dio, che potresti gentilmente fornirti di un volto, affinché sia possibile per me guardarti?
Non posso crederci! Il silenzio che mi circonda sembra quasi assentire, sembra dirmi: d'accordo, fermo tutto e mi faccio vedere. Ma, come capita di solito quando si fa una richiesta convinti che non avrà seguito e invece si viene esauditi, rimango sgomenta, muta, dall'enormità di quanto sta accadendo, che va al di là della mia capacità di reazione. E allora sono solo capace di adorare, non di pregare. Perché si può adorare in silenzio ma per pregare bisogna essere lucidi e saper parlare, ma anche perché davanti ad una tale rivelazione, alla consapevolezza dell'effettiva esistenza di dio, la futile preghiera, in fin dei conti sempre connessa a qualche richiesta più o meno implicita, deve cedere il passo al sentimento più completo e disinteressato: l'adorazione.
Per il penultimo verso: "Errand" significa letteralmente "commissione, messaggio da recapitare verbalmente" e, per estensione, può essere tradotto con "richiesta". "Beyond" significa "al di là, oltre", ma anche "Above; in a degree exceeding or surpassing", ovvero qualcosa che eccede, che va al di là di ogni immaginazione. Perciò il verso lo leggo come "Ma sgomenta, spaventata, dalla mia richiesta, fatta con semplicità ma che a pensarci bene va al di là di qualsiasi altra cosa, e del pari sgomenta dal fatto che la richiesta sia stata esaudita", e ho cercato di renderlo il più sinteticamente possibile traducendo "beyond" con "enormità", che mi sembra renda abbastanza fedelmente il significato che ho citato prima.
Silvio Raffo (nel Meridiano) traduce il verso con: "ma atterrita al di là della mia impresa"; Errante (1959): "Ma il terrore fu più vasto dell'impresa"; Dyna Mc Arthur Rebucci: "Il mio terrore superò l'impresa"; Bruna Dell'Agnese: "... ma con / Sacro timore - ben oltre il mio fine"; Claire Malroux: "Mais dans mon effroi - [j'adorai]"; Manuel Villar Raso: "Pero aterrada por algo más allá de mi misión".

 

F1028-J1018

Who saw no Sunrise cannot say
The Countenance 'twould be -
Who guess at seeing, guess at loss
Of the Ability -

The Emigrant of Light, it is
Afflicted for the Day -
The Blindness that beheld and blest -
And could not find it's Eye -

    Chi non ha visto l'Alba non può dire
Che Fisionomia abbia -
Chi presume di vedere, presume a danno
Dell'Esperienza -

L'Emigrante della Luce, è
Afflitto per il Giorno -
La Cecità che fissò e glorificò -
E non poté trovare il suo Occhio -

La prima strofa non ha problemi interpretativi: chi non ha visto la luce del sole non può sapere che aspetto abbia; chi si limita ad immaginare ciò che non ha visto perde la concretezza dell'esperienza per rifugiarsi nel sogno astratto e incorporeo.
La seconda è più complicata. L'emigrante della luce è sicuramente il soggetto descritto nella prima strofa: colui che sfugge l'esperienza concreta del giorno. Gli ultimi due versi possono essere interpretati in due modi. Se il soggetto rimane l'emigrante della luce leggiamo: fissò e glorificò un giorno che però per lui non era altro che cecità, in quanto lo sfuggiva, si rifiutava di vederlo, pur fissandolo e cantandone le lodi, e non poté mai trovare un occhio vero, aperto alla luce, l'unico che permette di guardare e vivere il mondo. Se invece, come preferisco, li consideriamo come una descrizione di questo emigrante della luce, allora possiamo leggerli letteralmente, ovvero: per rappresentare colui che sfugge il giorno, possiamo paragonarlo a una sorta di paradosso, a una cecità che si illude di poter fissare al buio la concretezza del mondo, che glorifica, benedice il suo "non vedere" e non riesce mai a trovare il suo vero occhio, quello che gli permetterebbe di godere della luce del giorno.
Questo per quanto riguarda una lettura che si limiti a interpretare in qualche modo le parole. Se poi cerchiamo il significato non letterale di questi versi potremmo ipotizzare una riflessione sul divino, sul mistero: chi non ha mai visto Dio, ovvero tutti noi, non può saperne niente; chi si illude di poterne avere consapevolezza può produrre al massimo delle ipotesi, non sorrette da nessuna esperienza concreta. Colui che preferisce sfuggire alla concretezza della luce vive la sua vita come un'afflizione, una cecità con lo sguardo spento fissato illusoriamente su una speranza di gloriosa immortalità, invece di un occhio mortale e limitato, ma aperto alle bellezze reali e tangibili che lo circondano.
Ma potremmo anche leggerla senza scomodare la divinità: chi non è mai stato felice non può sapere cosa sia la felicità, e chi vive solo immaginandola non sa che bella esperienza si perde. Colui che non cerca la felicità, o magari la cerca senza trovarla, non può che essere afflitto dalla luce che vede sul volto degli altri, si sente come un cieco che riesce a capire quale benedizione sarebbe il poter vedere, ma non ha un occhio che gli permetta di farlo.
Al verso 4 ho tradotto "ability" con "esperienza" perché questo mi sembra il senso da dare a questa parola nel contesto dei versi. Alcune definizioni del Webster: "Potere concreto, sia del corpo che della mente; naturale o acquisito; potere di comprensione; esperienza in arti o scienze", anche se simili a quelle dell'italiano "abilità", mi fanno pensare che ED l'abbia usata per contrapporre la sicura concretezza dell'esperienza all'astrattezza e all'indeterminatezza di quel "guess" ("presumere" o anche "immaginare, congetturare") ripetuto due volte nel verso precedente.

 

F1397-J1499

How firm eternity must look
To crumbling men like me -
The only adamant Estate
In all Identity -

How mighty to the insecure -
Thy Physiognomy
To whom not any Face cohere -
Unless concealed in thee.

    Come deve sembrare solida l'eternità
A persone disgregabili come me -
Il solo Patrimonio adamantino
Dell'intera Identità -

Quanto potente all'insicuro -
La tua Fisionomia
Con cui nessun Volto combacia -
Se non occultato in te.

Per l'uomo, così fragile e destinato a disgregarsi in polvere, soltanto l'eternità può apparire un bene solido e indistruttibile, che vince l'insicurezza e la precarietà della vita. Ma è un bene che non ha volto, che non riusciamo a identificare in nulla di ciò che conosciamo; possiamo soltanto immaginare che la soluzione del mistero sia occultata in quella essenza misteriosa, e che l'unico modo per svelare quel volto estraneo è raggiungerla e diventarne intimamente parte.

 


Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F").
Il numero della lettera è quello dell'edizione critica dell'epistolario, curata da Thomas H. Johnson e pubblicata nel 1958, seguito, tra parentesi, da quello dell'ultima edizione critica: The Letters of Emily Dickinson, edited by Cristianne Miller and Domhnall Mitchell, The Belknap Press of Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts, 2024.

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