FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 68
novembre 2024

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RICORDO DI CARMEN BERENGUER

di Giorgio Mobili



La nostra – mia e di mia moglie – rituale vacanza in Cile nel caldo periodo natalizio non poteva dirsi conclusa senza una visita all’appartamento di Plaza Italia (recentemente ribattezzata Plaza Dignidad), nel centro nevralgico di Santiago, dove da sempre risiedeva la scrittrice Carmen Berenguer (1946–2024). Anche nei mesi in cui, a seguito dell’estallido sociale dell’ottobre 2019, la piazza si era trasformata in un campo di battaglia (e poi, con la pandemia, in una landa desolata), Carmen ci accoglieva con calma serafica, accampata sul divano del soggiorno, di lato a una finestra con vista sui disordini. Ironizzava sui lacrimogeni che le toglievano il respiro e le incendiavano gli occhi, osservava come, a dispetto di ogni svolta “democratica”, a tutt’oggi la polizia che accecava gli attivisti con proiettili di gomma perpetuava fieramente lo stesso DNA della dittatura contro cui la giovane Carmen aveva diretto parole dinamitarde quarant’anni prima.

Faticavo a riconoscere nella chirurgica, equanime assertività, nella dolce ironia di questa affascinante signora l’incandescenza polemica di Bobby Sands desfallece en el muro, o lo sconquasso rabbioso di Huellas de siglo, che avevo appena tradotto con ammirata reverenza. Ci misi un po’ a capire (o meglio, a ricordare) che è la vecchiaia di una vita ben spesa a portare questi frutti, e che quest’equanime assertività si chiama saggezza, concetto tanto antico quanto oggi lontano dal narcisismo giovanilista che contraddistingue la nostra epoca.

Carmen viveva con suo marito Carlos (uno scienziato) e i suoi due figli, Carola e Carlitos. Carlitos le sarebbe premorto nel 2022. L’anno della morte del figlio, Carmen ci accolse nella posizione consueta sul divano, scortata dai suoi gatti prediletti, negli occhi la solita pacata intelligenza, il dolore balenante solo a tratti tra le parole, e come sempre spietatamente lucida tanto nella perizia del dissesto politico e sociale del Cile quanto nel disvelare il frequente opportunismo della sua élite culturale. Indifferente ai giochi di consorteria che le avevano ripetutamente negato il premio nacional de literatura, Carmen aveva sempre un nuovo, gioioso progetto ad illuminarla, e mentre ce ne parlava ringiovaniva a vista d’occhio. Devo scrivere sempre qualcosa di diverso, diceva, se no mi annoio.

L’ultimo progetto “diverso” era stato, infatti, una curiosa reinterpretazione dell’Amleto shakespeariano con le dramatis personae rispecchianti notabili protagonisti dello scenario politico cileno degli ultimi decenni. Fu la nostra ultima conversazione con Carmen, che concludemmo con la sua gentile proposta di concertare, per l’estate successiva, un evento letterario che includesse la mia poesia. Replicando i gesti di sempre, ci congedammo con un abbraccio, lei chiuse la porta, noi entrammo nel minuscolo ascensore a carrucola, certissimi di rivederla l’anno dopo, saviamente accomodata sul suo divano preferito con vista sui disordini. Non sarebbe accaduto, ma l’immagine ci resta incisa nella mente e nel cuore.




POESIE DI CARMEN BERENGUER
da Orme di secolo
(1986) Edizioni Fili d’Aquilone, 2021



SCONOSCIUTO

Un uomo che non conoscevo
compare su tutti i quotidiani nazionali
Lungo disteso sulla strada
Ha il corpo crivellato:
Ora lo conosciamo tutti.


SANTIAGO TANGO

Priva di decenza, marginale, fantoccio
Stracciona, spingarda città.
Ci muore davanti questa matta
Con una stoccata sul lato sinistro
Del suo viso nascosto.
Povera gentildonna, impellicciata puttana
Che suda polline
La notte squallida ti piega
Dove dorme il magnaccia.


LUPA

Da dove arriva questa smorfia
Questa bocca    questo volto
Questa maschera   questo soprabito
Da dove arriva questa pazzia
Di accompagnarti ogni sera
Con questo nero e questo rosso
Questo foulard che è una buffonata
E la vetrina che riflette questa piroetta
Questo ceffo artigianale fatto su misura
E questa lingua di lupa sbadata
Che ti lecca.


LA CAVERNA

Perché credersi coreografia
sulla corda della vita
o pendolo senza rimorchio
quando non sei altro che la vecchia infiltrazione
di una stanza nauseabonda
o i simulacri di incendio nella notte.
Viaggiamo nell’inguine della città
ti credi un luogo impervio
e perdi un occhio sul filo spinato
e perché mai credersi la grande caverna
se trafficano la tua linfa nel deserto.


CITTADELLA

Laggiù lontano srotolandoti mi vieni incontro
Spadino arrugginito alla cintola di questo soprabito
Sfilacciato Mapocho mio

Lecco– te leccata lingua lèccoti atomizzata
Intramuri Contramuri Extramuri
Intraghetti Intragiochi e pagliacci
Mapocho serpeggia tra le vecchie schiene
E cade l’inverno cittadella

Plaza de Armas armata Pedro de Valdivia
Cavallo di cavalleria alza le braccia
Alla cordigliera e vedrai laggiù la fumarola
Andiamo via don pedro    In fiamme


PRESAGIO

Arrivano i corvi
Ali nere
Spiegate vele
Di vela in vela
Incrociatori in volo
Mortifero polline negli artigli saccheggiano:

Il cielo con gessetto nero.


LINGUA OSA VERBA

La ragazza lingua osa verba
L’occhio rumoroso occhia lupa
Il monte rosso verbo ragazzo
La turbolenta rosa acqua
Trema il lingua labbri
Labia fino udito il pauro
Fiero occhio bracca lupa malva

Turba l’occhio salato le acque
Rocciosa fedele pelle lupa mare
Gialla spuma soave manto onde
L’occhio artificiale spuma puma gabbiano

Tremula verba lingua dolce parola
Tronco dolce fogliame foglia fine lingua
Fluttua piuma dell’occhio cervo
Linguetta trillo

Rosa spina sanguina lingua
Parola tronca bracca labbro
Fedele banale tremula ragazza
Effimera la rosa verba

Preme labbro furioso preda
Il fango tonni e colori
Secondo acque verdastre rose spine

Occhio malva salva e rito
La fonte verba lingua occhio salva malva

Parola retina degli ululati lingua
Spina corona ardente fonte lasciva
Avvizzito pennacchio verba dei miei ardori.


Traduzione dallo spagnolo di Giorgio Mobili




Carmen Berenguer
Nel 1983, Carmen Berenguer (Santiago del Cile, 1946 - 2024) pubblica Bobby Sands desfallece en el muro [Bobby Sands collassa sul muro]. La decisione di pubblicare fu un gesto politico, poiché per farlo, in quel periodo, bisognava chiedere l’autorizzazione al Ministero degli Interni. Il libro riscontrò un buon successo e fu considerato un’opera singolare perché le sue chiavi letterarie erano esogene all’immaginario nazionale. La pagina era il muro cileno, su cui si tracciavano simbolici graffiti. La voce era quella del poeta irlandese Bobby Sands, morto per sciopero della fame in una prigione britannica. La metafora è la fame.
Nel 1986 pubblica Huellas de siglo [Orme di secolo], una visione femminile del transito urbano per le strade della capitale, un nomadismo lasco che documenta il chiacchiericcio cittadino.
Nel 1988 esce A media asta [A mezz’asta], metafora del lutto nazionale, con voci di donne come eco oltraggiata della nazione sequestrata dai militari. Il libro è una metastasi di discorsi dislocati sulla pagina, come in un luogo di reclusione.
Con Sayal de pieles [Sacco di pelli], uscito nel 1993, l’autrice si spinge più in là, identificando la pagina con la pelle macchiata dell’individuo latinoamericano. Il libro sorprende una critica nazionale abituata a chiamare le cose con il loro nome: qui non c’è soggetto né nome alcuno, soltanto le macchie della fame e delle malattie della povertà latinoamericana.
Nel 1997 riceve un premio fondamentale per continuare la sua opera, la prestigiosa borsa di studio John Simon Guggenheim.
Nel 1999 pubblica Naciste pintada [Sei nata truccata], opera polifonica strutturata intorno alla casa come luogo letterario e di reclusione femminile (lo spazio domestico, il postribolo, il carcere), spazio attraversato da parlate, ritagli, testimonianze e tribolazioni.
Nel 2006 pubblica Mama Marx, frammenti urbani della storia cilena recente: parodico, intimo e visuale, il libro racconta frammenti e in una commistione di cronaca e poesia – il trauma della dittatura in Cile.
Nel 2002 ottiene il FONDART con un progetto che riscatta i discorsi delle donne nell’arte e in politica.
Nel 2008 riceve il Premio Iberoamericano de Poesía Pablo Neruda, la prima donna cilena a ottenere questo importante riconoscimento.
Nel 2020 è stata candidata al Premio nacional de literatura, il più importante riconoscimento letterario in Cile.


giorgiomobili@hotmail.com