Introdurre alla poesia del colombiano Giovanni Quessep non è un compito facile, non tanto per la difficoltà di comprensione di alcuni suoi versi, ma addirittura per la ricchezza dei suoi componimenti: un semplice invito alla lettura corre sempre il rischio di trasformarsi in un lavoro critico molto intenso.
Quessep è una delle voci più originali e apprezzate della letteratura ispanoamericana, la sua poesia è di uno splendore e raffinatezza uniche; per questo ho molto apprezzato che le Edizioni Fili d’Aquilone pochi mesi fa abbia deciso di pubblicare un’antologia completa delle sue prime raccolte (1968-1993) dal titolo Messaggio inviato sulla punta di una lancia (a cura di Alessio Brandolini e Martha L. Canfield).
Ogni volta che ci si trova davanti a un componimento del libro, indipendentemente dalla prima pubblicazione, non si ha la sensazione di aver letto “solo” una poesia, ma di essere rimasti estasiati da un dipinto pieno di colori, in cui le storie rappresentate (e non raccontate) sono piene di personaggi “mitici”, una forma d’arte che ha che vedere con l’alchimia, la filosofia, la religione, la critica, l’ironia, l’amore; non un’isola di parole in una pagina bianca quindi, ma una poesia dipinta.
Oltre a questo, l’autore riesce a impregnare il testo poetico di intertestualità richiamando stili che vanno dal barocco alla contemporaneità e a parlarci di tematiche immensamente alte con una dolcezza sorprendente sin dai suoi esordi, come la condizione dell’essere umano ne L’essere non è una favola, o il ruolo dell’arte in Durata e leggenda.
È inevitabile che tematiche così forti spesso si sposino con il sentimento della nostalgia. In tutto il libro (e anche nelle produzioni successive) traspare l’amore per qualcosa che non c’è più, quasi un paradiso perduto (non è un caso che i richiami ai testi religiosi siano molto presenti): la nostalgia è vivere senza ricordare / da quale parola siamo stati inventati.
Ma non è una nostalgia triste o sterile, perché per Giovanni Quessep è la chiave per aprire le porte della salvezza, per entrare in contatto con tutti gli elementi superiori dell’esistenza, compreso Dio.
Anche solo questo, mi sembra un motivo più che valido per invitare gli amanti della poesia ad avvicinarsi a questo libro unico.
POESIE DI GIOVANNI QUESSEP
da Messaggio inviato sulla punta di una lancia
Edizioni Fili d'Aquilone, 2023
CIÒ CHE IGNORIAMO
Qui non c’è un celeste. Mai. Arrivi
spinto da giorni, da parole,
dal vento che sale dall’autunno
regalandoti nebbia, pioggia tra i passi.
Solo la tua negazione. Il tempo. Sempre
si potrà cantare a te: la vita non è
tutto ciò che sei in quello che sogni.
La vita è ciò che matura nell’ombra.
Chi diventa destino, pietra, data?
Chi passa dal mai al dimenticato domani?
Quel che ignoriamo, ahimè, ciò che sappiamo
tra le voci richieste nella polvere.
Speranza cruda che incendia la pelle.
I giorni e le cose senza di noi.
MARE E NOMI
Il mare apre la notte, brucia sogni
con il suo tempo in basso. Blu. Voraci
uccelli all’ombra. Il mare pronuncia
i nomi, li sceglie: il nostro. Mai
sono stati sognati pesci, mai fiori.
Mai il mare ha avuto tempo di leggenda.
Stiamo zitti. L’autunno è quasi immagine.
L’acqua si sfoglia e ricomincia.
NOTTURNO
Insonne durante le notti
dove perdo la mia anima
vedo arrivare un candore
di lievi ombre nuvole fate
Nel giardino di pietra
non devono mai chiudersi
i miei occhi che sono già
la polvere di un’altra luna
Da tempi felici
venivano le musiche
parlando nei sogni della morte
tra i fiori e le rovine
Forse lungo la strada
di amari chiarori
parlando nei sogni della vita
verrà un’ombra amata
Sul suo mortale filatoio
la luna che non torna
tesse l’anima e gli occhi
di pallide addormentate
Beato chi non ha sentito
i tuoi passi che rincasano
nelle notti di neve
perduti in una valle di violette
PORTAMI L’ALBA
Portami l’alba dell’aprile dei sogni,
i suoi uccelli che iniziano lo stupore
o la viola bianca del destino
che conserva ancora la chiave d’oro dei suoi petali.
Voglio aprire l’alcazar della fonte
invitante della vita e del canto,
lontano dalla cenere
che cade dalle ombre.
Solo nell’acqua, sotto i mandorli,
potrò vedere l’arazzo della speranza;
cerco una terra nel profondo, nella sua foresta
di gigli e di meraviglie mortali:
Forse il paese che tutto congiunge
come uno specchio, la favola
dove la costellazione è una piccola pietra
e qualcuno canta la morte come una crisalide.
Voglio tornare a ciò che non esiste più
se non nell’immagine del filo sacro,
forse è un mito, ma la mia anima
non si rassegna a perdere il suo tesoro.
Portami l’alba dell’aprile dei sogni,
i suoi uccelli che iniziano lo stupore
o la viola bianca del destino
che conserva ancora la chiave d’oro dei suoi petali.
MEZZANOTTE
Mezzanotte, non trovo
i sentieri che conducono al patio,
né al pozzo d’acqua viva
dove scendono le nubi e il passato.
Dico canzoni a un’ombra
per tornare almeno sognando,
perché solo in sogno la morte
ci lascia entrare nella sua barca
senza dare alla polvere ciò che è polvere
né al mare i remi bianchi.
Perdo la casa (prodigi
da incantatori) e non mi trovo
se non nel patio che portava al cielo
e nell’acqua del pozzo e nell’arancio.
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Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini e Martha L. Canfield
Giovanni Quessep nato nel 1939 a San Onofre, Sucre, sulla costa atlantica della Colombia. Si è laureato a Bogotà ed è stato docente universitario. Nel 1985 si trasferisce a Popayán dove continua a insegnare. Vincitore nel 2004 del Premio Internazionale della “Casa de Poesia Silva”, è oggi uno degli autori più letti e seguiti dalle giovani generazioni, considerato dalla critica punto di riferimento della poesia colombiana. Tra i suoi libri più recenti: Brasa lunar (2004), Las hojas de la Sibila (2006) e El artista del silencio (2012). Nel 2015 l’Università del Cauca ha pubblicato Antología personal (Premio Mondiale di Poesia “René Char”).
In Italia è uscito il suo primo libro di poesia: Messaggio inviato sulla punta di una lancia, un’antologia che copre gli anni 1968 – 1993, a cura di Alessio Brandolini e Martha L. Canfield (Edizioni Fili d’Aquilone).
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