FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 60
marzo 2022

Luna

 

IL FUOCO E LA LUNA

di Alessio Brandolini



Nulla da aggiungere

Il grigio del cielo respinge con un cenno del capo.
Faremo dei giorni che restano qualcosa di buono?
Piove e fa freddo: domenica e non abbiamo nulla
da aggiungere. Una luce acuminata taglia la stanza
in due, qui abbiamo vissuto decenni pensando
che presto ce ne saremmo per sempre dimenticati.

Occorre un fiume che ci trasporti lontano
da qui e carezzi e lavi: lui saprà la giusta
direzione, la sponda dove approdare. I raggi
lunari scavano pozzi di luce; le foglie dorate
dei gelsi vestono la gelida terra, scaldano
e segnano gradualmente un sentiero circolare.


Lupi impazziscono sotto la luna

In fuga dall’indecente realtà che si riduce stando
da soli o con un estraneo che parla altre lingue, ride
per compiacere, non farsi cacciare e muove i piedi
pestando l’uva: ne verrà fuori del vino buono?
Gli parlo e finge di capire, ha un dente cariato
e con la lingua ci fruga dentro. Trovare il legittimo
equilibrio o restarsene isolati? Occorre scoprirlo
anche nella corsa a perdifiato, oltre il solito tran
tran di cartapesta, il confine e tutti i nostri desideri.
Fuggire al momento giusto quando nessuno
se l’aspetta e in troppi si occultano da qualche parte.


Scolpisco parole sulla carne

Posso stare tranquillo, contare le ossa, aprire
al mattino la scatola con le foto. Ci sono tanti
modi di andare in pezzi, cadere stando in piedi
camminare retrocedendo. Ci siamo visti, già
sembra un anno, abbiamo parlato di quel poco
di adeguato a non spezzettare il filo che ci lega
e ora sei lì e dondoli nel vuoto. Buio e le stelle
s’interrano nel corpo, aghi sottili ma feroci.
Adesso va meglio, sì, il caos è stato ripristinato.

Come è stato possibile che non mi accorgessi
delle foglie che lentamente cadevano gialle
e rinsecchite sull’erba del parco vicino casa?
Nel luogo esatto in cui sono cresciuti i miei figli
e ancor prima mia moglie, dove ho camminato
a lungo con lo sguardo rivolto a Tor de’ Schiavi.
Com’è stato possibile che passasse tutto questo
tempo senza avere un attimo di tregua? Guardo
la luna di pietra: scolpisco parole nella mia carne.


Il fuoco e la luna

Nel portico costruito a maggio spade lunari penetrano tra rami di ulivo carichi di frutti che diverranno olio per il pane bruscato. Quando il sole scivola oltre il paese arriva mio fratello, più grande di un paio di anni. Parliamo del passato come se aspettasse dietro l’angolo per saltarci addosso e farci una sorpresa. Guardo i suoi occhi di un azzurro intenso, i capelli ingrigiti e in un lampo rivedo la sua folta chioma corvina, le camicie fiorate degli anni Settanta, gli album musicali e la sua prima Cinquecento di cui era gelosissimo. Fissa l’orologio per via di un incontro che avrebbe fatto meglio a non avere, poi ci salutiamo con imbarazzo perché non riusciamo a dirci qualcosa in più del necessario e sappiamo entrambi che sarebbe importante farlo. Nel sogno sono lo stesso, forse più giovane, la pistola nella fondina di pelle, una calibro nove che per un po’ mi sento puntata alla tempia. Cammino in una città di luci, apparenze e formalmente ospitale. Addetto alla vigilanza di un palazzo statale? A spasso con una divisa leggera, siamo in estate ma il caldo è accettabile.

Scruto le donne e loro mi sorridono, freno il passo e tento un approccio senza convinzione. Penso al lavoro: sono uscito troppo presto e ora qualcuno mi cerca? A un incrocio: se fuggo perderò lo stipendio e quello è importante: col lavoro si vive, senza si muore. Giro sui tacchi ma qualcosa mi blocca, il cuore è una grancassa e la città non accoglie. Freddo e la luce dei lampioni avvolta dalla nebbia sa di petrolio e frutta marcia. I passanti sfuggono il mio sguardo come se avessero paura e va bene così, si mente per suturare ferite. Al risveglio mi guardo intorno e temo che il sogno nasconda un incendio. O è solo un avvertimento?


I testi della silloge fanno parte del libro di poesia inedito Un passo oltre l’ombra (2021).


alexbrando@libero.it