L’infanzia è un film di culto (Costa Rica, 2016, con una introduzione di Fabricio Estrada), ultimo libro di poesia del poeta onduregno Dennis Ávila (Tegucigalpa, 1981), è un ritorno all’indietro, alle proprie radici. I ricordi vivono in questi versi con una immediatezza che abbatte la nostalgia e il passato diviene atto presente: il poeta è il bambino che vive (o rivive) i fatti con occhi immacolati, innocenti e freschi così i colori si fanno più vivi, le gioie ancora più intense. Il bambino interiore, quello eterno, che ci accompagna nelle varie tappe della nostra vita. Come non rammentare, qui in Italia, la “poetica del fanciullino” di pascoliana memoria. Dubito che Dennis Ávila conosca il nostro Giovanni Pascoli, non per sua ignoranza, ovviamente, ma per il fatto che in Latino America della poesia italiana classica si conosce ben poco (Dante, Leopardi).
Il libro, pur diviso in cinque sezioni, con l’ultimo poemetto omonimo, è molto compatto e perfetto dal punto di vista tematico, nella sua ricerca della relazione del passato (la nostra fanciullezza) con il presente. Gli episodi poeticamente narrati formano un puzzle di quei giorni felici che trasformano l’infanzia in una pellicola di culto, alla quale poi si tornerà per tutta la vita, come scrive nei versi che serrano il libro. Sappiamo che non sempre è così, che talvolta quel film è meglio non rivederlo o farlo a pezzi per sopravvivere, per non rendere i giorni del presente bui e pesti.
Il bambino di Dennis ogni giorno inventa giochi nuovi, l’auto ad acqua, trasforma il proprio quartiere in un mondo di sogni, in un campo di battaglia per eroi, in un luogo di fate (o streghe) e bravi falegnami, di rumori e grida come quelle dell’arrotino che viaggiano nel tempo e “affettano ogni cosa”. Poi l’amore e le attenzioni dei genitori; la semplicità dei nonni, con il quali ha inizio la sua storia; le persone del quartiere che si aiutano a vicenda, che si prendono cura dei figli degli altri. I bambini osservano tutto, esplorano i colori del mondo e se ne nutrono, con la loro “macchina per formiche / aprono un sentiero tra le foglie”.
Gli anni passano e guizzano via dalle mani come pesci argentati, momenti ed esperienze che rivivono nella poesia così intensamente da fare in modo che si rianimi il fanciullo che vive nel poeta, che tra i due si inneschi un fitto dialogo, ovvero tra il fanciullo di allora e l’uomo adulto di adesso, colui che si è trasferito in Costa Rica e ora a San José gestisce, con la moglie, un noto locale, un ritrovo per poeti e artisti.
L’infanzia non è un mondo fugace né il paradiso perduto, ma qualcosa che perdura dentro di noi, che è parte di noi. La poesia blocca i coltelli che saettano nell’aria e tagliuzzano i ricordi, le nostre radici. Sono la fretta, i troppi impegni, gli assalti mediatici. Ma ecco il fermo immagine, lo stop, la piccola che si riavvolge automaticamente e adesso, in questo preciso istante, si riguarda il film (di culto) della nostra infanzia, di nuovo ci si meraviglia di tutto, di nuovo si torna umili e felici, si ascoltano i passi di bambino nel mondo.
L’infanzia è un film di culto è un libro che appare semplice a una prima lettura ma in realtà non lo è perché entra (e trasporta il lettore) in una sensibilità percettiva e duratura poco frequentata, quella dell’irrobustimento della vista e dell’udito interiori, quella dei poeti che non se ne vanno, che restano piantati come alberi nella propria infanzia e fanno del loro destino “un grido / che raschia le pareti della notte”.
POESIE DI DENNIS ÁVILA da La infancia es una película de culto (Ediciones Perro Azul, 2016, Costa Rica)
INVENTOS QUE SE QUEDARON EN EL AIRE
Desde pequeño
metí las manos
en la imaginación.
Le decía a mi padre
que inventaría el carro de agua.
Él se lo contaba a la gente
y acariciaba mi cabeza.
Aquel carro
se convertía
en una nave espacial.
INVENZIONI CHE RESTARONO NELL’ARIA
Da piccolo
misi le mani
nell’immaginazione.
Dicevo a mio padre
che avrei inventato l’auto ad acqua.
Lui lo raccontava alla gente
accarezzandomi la testa.
Quell’auto
si trasformava
in una nave spaziale.
EL BARRIO
Siempre era Navidad
en la casa de enfrente,
gracias a doña Rosario
y sus flores de pascua.
Existía el deseo de ayudar
y cuando nos caíamos
doña Tina costuraba
la herida en nuestros pantalones.
Si no queríamos ir a clases
doña Gera nos inyectaba:
no era una bruja cualquiera,
en su patio había un pino inmenso,
un cohete temporalmente estacionado
que al despegar
arrancaría su casa de raíz.
Don Noé y Pedro,
padre ebanista, hijo carpintero,
hacían muebles y puertas
para otra dimensión.
En esa época fuimos niños
José, Samir, Mauricio y yo.
Cada año que se iba
un pez moría en nuestras manos.
IL QUARTIERE
Era sempre Natale
nella casa di fronte,
grazie alla signora Rosario
e ai suoi fiori pasquali.
C’era la voglia di aiutare
e quando cadevamo,
la signora Tina rattoppava
la ferita dei nostri pantaloni.
Se non volevamo andare a scuola
la signora Gera ce la infondeva:
non era una strega qualsiasi,
nel suo patio s’innalzava un pino immenso,
un razzo momentaneamente parcheggiato
che al suo decollo avrebbe
strappato la casa dalle fondamenta.
Don Noé e Pedro,
padre ebanista, figlio falegname,
costruivano mobili e porte
per un’altra dimensione.
In quell’epoca eravamo bambini
José, Samir, Mauricio ed io.
Ogni anno che passava
moriva un pesce nelle nostre mani.
EL DOMADOR DE CUCHILLOS
Odiábamos que tocaran el timbre
los domingos por la tarde.
Mi hermano y yo nos escondíamos,
no queríamos ver a los predicadores
ni a nadie que pidiese abrir el mercadito
por una bolsa de pan o un litro de leche.
Pero hubo alguien
de quien nunca pudimos huir.
Su voz recorre nuestras mentes
en busca de cuchillos.
¡El afiladoooor! ¡El afiladoooooor!
Ópera que viaja por el tiempo
cortándolo todo.
IL DOMATORE DI COLTELLI
Odiavamo che suonassero il campanello
nei pomeriggi di domenica.
Ci nascondevamo, io e mio fratello,
non volevamo vedere i predicatori
né nessuno a chiederci di aprire il mercatino
per un sacchetto di pane o un litro di latte.
Ma ci fu qualcuno
dal quale non potemmo mai fuggire.
La sua voce percorre le nostre menti
alla ricerca di coltelli.
Arrotinoooo! Arrotinoooo!
Opera che viaggia nel tempo
affettando ogni cosa.
MUTACIÓN
Los poetas no se van:
su destino es un grillo
que raspa las paredes de la noche.
Al abandonar un país
creen dejar su infancia,
y lo que sigue
son pasos de niño sobre el mundo.
Alguien les niega un algodón de azúcar,
y no hay nada más triste
que la luz extinguida de un poeta
veinte años después
frente a un juego mecánico.
Inclinan la balanza
por un lugar en el camino
y cada regreso
es un volver mamífero.
Su maquinaria de hormigas
abre un sendero de hojas.
Los poetas son árboles en fuga
queriendo echar raíces
en un planeta propio.
MUTAZIONE
I poeti non se ne vanno:
il loro destino è un grillo
che raschia le pareti della notte.
Quando abbandonano un paese
pensano di lasciare la loro infanzia,
e ciò che segue
sono passi di bambino nel mondo.
Qualcuno gli nega lo zucchero filato,
e non c’è nulla di più triste
della luce estinta di un poeta
venti anni più tardi
davanti a un gioco meccanico.
Inclinano la bilancia
in un luogo del tragitto
e ogni ritorno
è un tornare mammifero.
La loro macchina per formiche
apre un sentiero tra le foglie.
I poeti sono alberi in fuga
che vogliono gettare radici
in un pianeta a parte.
LA INFANCIA ES UNA PELÍCULA DE CULTO
L’INFANZIA È UN FILM DI CULTO
I
Converso con el hombre que siempre va conmigo,
sentenció Machado,
y en mi interior camina un niño
que explora los colores del mundo.
Él es el personaje y yo la trama.
En su imaginación veo a los héroes
que soñó en mis pasos.
I
Parlo con l’uomo che sta sempre con me,
sentenziò Machado,
e dentro di me cammina un bambino
che esplora i colori del mondo.
Lui è il personaggio ed io la trama.
Nella sua immaginazione vedo gli eroi
che sognò nei miei passi.
II
Mi lluvia baña el campito
que nos robó una constructora;
cierro los ojos
y aún no cae el muro
que nos partió en dos.
Al final de los diluvios
él recibe un casting de arcoíris.
Yo busco los míos
en la programación vacía del televisor.
II
La mia pioggia lava il campetto
che ci rubò un’impresa edile;
chiudo gli occhi
e ancora non crolla il muro
che ci divise in due.
Alla fine dei diluvi
lui riceve un casting di arcobaleni.
Io cerco i miei
nella vuota programmazione della tivù.
III
Un niño
toma prestadas mis palabras.
A cambio recibo su forma de mirar.
Lanzamos una moneda
y nuestra vida
resplandece
detenida en el aire.
III
Un bambino
prende in prestito le mie parole.
In cambio ricevo il suo modo di guardare.
Lanciamo una moneta
e la nostra vita
risplende
sospesa nell’aria.
IV
Cosecho mis raíces
en sus árboles frutales
y busco en mis paredes
las pinturas que amaron
las niñas de su barrio.
Él abandonó los pinceles
por la poesía.
Yo, no lo pude evitar.
IV
Raccolgo le mie radici
nei loro alberi da frutto
e cerco sulle mie pareti
le pitture che amarono
le bambine del suo quartiere.
Lui abbandonò i pennelli
per la poesia.
Io, non ho saputo evitarlo.
V
Camino y él sufre por nuestra madre:
el miedo
en cada uno de sus pasos,
los días lentos hacia la felicidad.
Se frustra
porque no tiene mi espalda
para echar un hombro
a nuestro padre
por tantas cosas encima.
V
Cammino e lui soffre per nostra madre:
la paura
in ognuno dei suoi passi,
i giorni lenti verso la felicità.
Si scoraggia
perché non ha la mia schiena
per mettersi sulle spalle
nostro padre
per tutto quello che ha sofferto.
VI
Sus guerras
fueron peleas
con soldaditos de plástico.
Las mías,
estas manos atadas.
VI
Le sue guerre
furono liti
con soldatini di plastica.
Le mie,
queste mani legate.
VII
La infancia es una película de culto
y volveremos a ella
toda la vida.
VII
L’infanzia è un film di culto
e a lui torneremo
tutta la vita.
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Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini
Dennis Ávila È nato nel 1981 a Tegucigalpa, in Honduras, ma dal 2007 vive a San José, in Costa Rica.
Ha pubblicato i libri di poesia Algunos conceptos para entender la ternura (2005), Quizás de los jamases (2008), Geometría elemental (2014) e La infancia es una película de culto (2016).
Ha ottenuto diversi riconoscimenti e sue poesie, tradotte in diverse lingue, sono state inserite in antologie di poesia latinoamericana, anche in Italia (Il fiore della poesia latinoamericana d’oggi, Raffaelli – a cura di Emilio Coco).
(foto di Arnoldo Martínez Baudrit)
alexbrando@libero.it
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