Quando ho preso per la prima volta in mano questo libro, il titolo mi ha subito riportato alla mente il primo verso di una famosa poesia di Emily Dickinson: "This was a Poet", dove il poeta è definito "colui che / distilla un senso sorprendente / da significati ordinari". A pag. 63, poi, ho trovato questi versi:
Grazia Valente sfiora spesso il vestito di Emily Dickinson, ma lo fa con voce propria, distillando anche lei "un senso sorprendente / da significati ordinari", come quando, con "la punta del piede" saldamente ancorata a terra, non ha nessun timore ad accostare un'umile patata all'arcobaleno, al Nulla, all'Abisso:
Il suo poeta s'interroga anche sulla nascita dei versi, sulla fonte che riesce a dar loro corpo, a far nascere quel mistero del triangolo poeta-parola-lettore che nessuno è mai riuscito a svelare:
ma riesce a comunque a donarci la gioia dello scrivere, quel "Paradiso" che il poeta sente dentro di sé quando riesce ad afferrare "la parola cercata":
e insieme a descriverci il possibile destino di quelle parole scritte su "foglietti sparsi":
Scrivo i miei versi su foglietti sparsi abbandonati sul marmo di tavolini di caffè senza insegne pronti a fuggire al primo vento.
E sembra quasi di vederli, quei "foglietti sparsi", volteggiare con destino incerto: si perderanno nel rumore di fondo o arriveranno a "mani che non posso vedere" (per citare un altro verso di Emily Dickinson)? E diventeranno forse pane per chi ha conosciuto il digiuno?
Ma il poeta è anche consapevole dei propri limiti; sa bene che il mondo non è solo "poesia":
e sa anche che una poesia non è solo suono, ritmo, metro; un verso che inebria si scolora e svanisce presto se non ascoltiamo "quel che vuol dirci":
È peccato mortale inebriarsi al suono di una parola senza ascoltare quel che vuol dirci.
Il libro si conclude con la poesia più lunga della raccolta, che sembra quasi comprendere in sé un riepilogo, parziale eppure compiuto, del percorso del lettore fino a quest'ultima pagina, con un'immagine finale in cui un "primo, / lieve, incommensurabile dolore" sembra quasi una scintilla di vita che illumina la poesia nascosta del terzo verso.
Una giornata grigia e una pioggia sottile che spruzza appena i gerani. La Poesia oggi se ne sta nascosta chissà dove, difficile incontrarla.Eppure la Poesia è là dove i poeti sanno leggere i riflessi sui vetri. Quanti versi sono nati in una giornata piovosa, distillati di tedio e grigiore. E la Poesia è là dove le nipotine gridano e saltano, la maggiore a tentare movenze di danza, l'altra sul tappeto a mimare il gatto miagolante. È là nei loro visi tristi sulla porta al momento dell'inevitabile commiato, quando la vita le fa incontrare con il primo, lieve, incommensurabile dolore.
Come si può vedere dagli scarni interventi miei tra le citazioni dal libro di Grazia Valente, ho avuto difficoltà a scrivere una "normale" recensione; un po' come se non volessi guastare il piacere di leggere direttamente i suoi versi. Ho preferito quindi scegliere uno dei tanti percorsi possibili lasciandomi guidare da alcune analogie che coglievo via via leggendoli. E i percorsi possibili sono davvero tanti: nel libro ci sono ottantanove poesie, e i fili che le legano sono innumerevoli. Ogni lettore potrà scegliere i propri, e forse a ogni lettura li scioglierà e li riannoderà in modo diverso. E non è forse questo uno dei modi più belli di leggere poesia?
Grazia Valente, Il poeta, Portaparole, Roma, 2012, pagg. 89, 14 euro.
Grazia Valente è nata nel 1936 a Torino, dove vive. È autrice di numerose poesie, alcune delle quali sono state pubblicate su riviste e antologie. Nel 1999 ha vinto il premio nazionale Haiku Contest (Roma).
Un suo racconto, vincitore di un concorso della Rai, è stato inserito in un'antologia pubblicata dalle Edizioni ERI.
Il poeta comprende poesie scritte tra il 1987 e il 2008, ed è la prima raccolta pubblicata.
ierolli@hotmail.com
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