1
Lo sferragliare del carrello con i vassoi dei pranzi appena consumati mi arriva all’orecchio. Inizialmente lo avverto in maniera flebile, poi si avvicina fino a sentirsi forte e chiaro quando mi passa a fianco per poi procedere lungo il corridoio, di nuovo flebile. Il ritmo delle stoviglie che si agitano quando il carrello incontra le giunture del pavimento è regolare e sembra uno di quei treni regionali che, pigramente, attraversano un passaggio a livello.
Tutum tutum – tutum tutum – TUTUM TUTUM – tutum tutum
Ci sarebbe quasi da aspettarsi il fischio, ma questo non è un passaggio a livello. Questa è la corsia dell’ospedale dove lavoro, e il caldo mi sta cuocendo la testa. Il sole annega il corridoio in un bagno di luce. Le lenzuola del letto di mia madre riflettono lame di bagliore bianco nelle mie retine costringendomi a serrare gli occhi e a distogliere lo sguardo. Non le fa bene, lo so, ma di posti non ce ne sono. Le stanze, tutte piene, hanno un microclima tropicale ma almeno si possono abbassare le tapparelle. In corsia no, nemmeno le tende. A lei pare non importare. Dorme quasi tutto il giorno, incurante del rumore, incurante del sole che cuoce, incurante di me. Le sto sistemando il cuscino quando suona l’allarme del mio cellulare. Bisognerebbe tenerlo spento ma qui non interessa a nessuno. Devo andare a lavorare, sono di turno nel reparto privato della clinica. Do un bacio sulla fronte a mamma, lei con un rumore umido apre la bocca e tira un sospiro. È già qualcosa.
2
Il flauto di Pan in filodiffusione si sente appena, quasi non ci faccio caso. Devo prestarci attenzione per riconoscere “Carrie”, degli Europe, e ricordarmi perché avevo preso l’abitudine di non farci caso. Continuo a trovare discutibile la scelta musicale per il reparto privato, ma secondo i medici rilassa i pazienti. Incrocio il dottor Ballini sulla porta della stanza della Signora. Mi guarda le tette di sfuggita mentre se ne va di fretta con il report della visita serale sottobraccio.
- Buongiorno, Signora, come andiamo?
- Carissima, tutto bene, e lei?
- Non c’è male. Ecco la sua Perrier.
Le appoggio il vassoio sul letto. I piedini si scavano un piccolo avvallamento nelle lenzuola morbide. Come sempre, lei prende la bottiglietta vuota e se la rigira un attimo tra le mani. La pretende, nonostante l’acqua le sia portata già versata nel bicchiere. La esige perché vuole esserne sicura, dice, con quel che paga. Finita “Carrie”, prima che cominci la traccia successiva riesco a sentire il sibilo del condizionatore. È fresco qui. Non troppo freddo, solo piacevolmente fresco.
- Grazie cara, la puoi portare via.
- Subito Signora.
- Che brava che sei. Parlerò bene di te, stanne certa.
- Troppo gentile, Signora, davvero.
Come tutte le sere, sono rimasta ad aspettare che bevesse la sua acqua e subito le ho portato via il vassoio con il bicchiere ancora mezzo pieno. Sistemo tutto in cucina e mi siedo un attimo. Mi sistemo in modo da non sentire troppo il dolore alla bassa schiena e mi verso un caffè tiepido dal thermos. Fuori, la città è una macchia scura punteggiata di luci gialle. Tutto è fermo e, per un attimo, mi fermo anche io.
3
- Dottore, non mi sembra il caso di prendere un fatto del genere alla leggera.
- Senta, sono cose che capitano. Siamo terribilmente dispiaciuti ma lei sa bene in che situazione ci troviamo là sotto. E poi, non è che potesse farci molto, a questo punto.
- Ma di che cosa stiamo parlando? Ma si rende conto che una persona, mia madre, è morta ed è passata una notte intera prima che io venissi avvertita? Come pensa che io mi debba sentire, dottore?
- Comprendo il suo dolore ma…
- Ma cosa?
- Ecco… Lei sa che siamo sotto organico…
- Per il reparto privato non siamo mai sotto organico.
- Scusi, ha detto qualcosa?
- Nulla, non ho detto nulla.
- Si consoli, se n’è andata nel sonno, non ha sofferto.
- Senta, dopo il funerale, se non è un problema, mi prenderei due o tre giorni di riposo. Sa com’è…
- Immagino, ma temo non sia possibile.
- Prego?
- Abbia pazienza, ma la Signora si sta ancora riprendendo dall’operazione e ci tiene ad avere proprio lei accanto. Credo che l’abbia presa in simpatia e, sa, la sua famiglia finanzia generosamente il nostro ospedale…
- Dottore, non so se se ne rende conto ma ho appena perso mia madre e forse…
- Sono spiacente ma su questo punto non posso transigere. Vedremo una volta che la Signora sarà dimessa.
- Ma… Io…
- Senta, non siamo un po’ troppo polemiche? Sa, lei è una brava infermiera e non doverci più avvalere dei suoi servizi sarebbe un dispiacere per noi. Ora vada, che non ho tempo da perdere.
4
Il crepitio delle fiamme riempie l’aria con un rumore morbido e sommesso mentre i riflessi del fuoco colorano le pareti di un arancione tremolante. È tutto tranquillo nel reparto privato, tutto tace, ma solo per un attimo. Il fumo nero raggiunge le stanze, per prima quella della Signora, e il silenzio viene lacerato dalla sua voce roca. Il campanello di servizio suona ininterrotto mentre lei chiama aiuto. A farle da contrappunto, una raffica di colpi battuta contro la porta di ingresso.
- Che cazzo succede? Aprite! Aprite!
Non credo proprio che aprirò, sono troppo stanca per occuparmi di quello sbarramento eretto con tanta cura. Credo che me ne starò qui a godermi uno spettacolo. Un posto in prima fila per me e una morte indolore per mamma.
Come due vere signore.
faust@anonimascrittori.it
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