FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 19
luglio/settembre 2010

Eros

 

TURBAMENTI

di Annarita Verzola



“Sembrano proprio due angeli. Mi sono affezionata subito al piccolo Jacopo, cosi caro e sfortunato!”

La giovane sguattera sospirò e riprese a strofinare con maggior energia le ciotole di legno, mentre la cuoca scuoteva il capo.

“Non serve proprio che tu lo compianga, mia cara! La morte dei genitori è stata la sua fortuna, invece! Che avrebbero potuto offrirgli, quei due poveri disgraziati? Una vita incerta da vagabondo, invece ora è il figlio di messer Piccolini e il suo futuro è assicurato!”

“Siete molto imprudenti, donne! Come vi ho sentite io, chiunque altro avrebbe potuto. Se proprio non sapete astenervene, riservate i pettegolezzi al tempo e al luogo adatti, se vi sono."

Silenzioso com’era sopraggiunto, messer Pietro si allontanò per andare dai bambini e la cuoca chiuse piano la porta. La sguattera però non aveva intenzione di tacere. Le mani sui fianchi, fissava l’uscio con astio.

“Siete imprudenti… i pettegolezzi al tempo e al luogo adatti… vecchio gufo! Si crede tanto importante perché ha studiato… e poi tutti quanti qui al castello sanno di Jacopo e anche della storia di madonna Bianca!”

“Adesso stai zitta davvero! - la interruppe la cuoca, scotendola per un braccio - Tu sei nuova e forse non hai ancora capito che si tratta di due faccende che i signori non vogliono più sentir nominare! Solo una sciocca come te può pensare d’immischiarsene!”

Per rafforzare la gravità dell’avvertimento, la cuoca brandì un grosso mestolo e la sguattera si allontanò in fretta. Nel salone Pietro si era subito accorto che qualcosa d’importante era accaduto tra i suoi due allievi e decise di parlare con loro, prendendo spunto dal rimbrotto appena fatto alle serve.

“Non importa quanto tempo occorra per capire una cosa, l’importante è riuscirvi. Tuttavia sarà bene che vi abituiate sin d’ora a riflettere su alcune cose essenziali. Ad esempio che non si deve mai giudicare una persona per quel che ha fatto. Che significa giudicare?”

"Significa, messere, dire a qualcuno che ha agito male e punirlo.” rispose con decisione Jacopo.

“Questo non è solo un diritto di Dio, nostro creatore?”

“No, ci sono i giudici e i tribunali che puniscono chi commette il male." intervenne con altrettanta sicurezza Vieri.

“Avete ragione, ma io parlo della gente come noi, che non ruba, non uccide, ma che può commettere errori a causa dei quali perde l’affetto dei cari e la stima di sé. Voi non immaginate neppure quanto possa essere sottile a volte la differenza tra bene e male, e dovrete sforzarvi di capirla. È così invisibile perché ci lasciamo accecare dall’orgoglio e dalla superbia, dall’eccessiva importanza che attribuiamo al nostro onore ferito. Essere veri uomini significa conoscere i propri limiti, con umiltà, e quelli altrui, con generosità È più meschino non riconoscere un errore che commetterlo, e bisogna riflettere cento e mille volte prima di condannare un nostro simile per uno sbaglio che noi stessi potremmo fare, in qualsiasi momento”

L’espressione attonita e annoiata dei bambini gli fece capire di aver esagerato. Sorrise e pensò che aveva ricominciato a predicare, proprio come l’anziano e venerabile superiore del convento in tempo di Quaresima. Li congedò con un gesto e li guardò correre via felici verso la libertà del gioco. Che prendessero pure le sue parole come noiose divagazioni di un vecchio solitario; il tempo avrebbe fatto germogliare i semi che con costanza e tenacia gettava in quel fertile terreno.



"Scacco matto!” gridò Vieri, scompigliando i pezzi sulla scacchiera. Jacopo si affrettò a riordinarli con precisione, senza guardare il compagno.

"Sei troppo bravo, mi batti sempre.”

“Non è vero, in questi giorni sei più distratto del solito e io so perché!”

Jacopo non poteva negare, la sua mente era occupata da un unico pensiero. Ogni carro in arrivo lo agitava, ogni voce femminile lo turbava, e si sentiva in colpa perché tutta la sua trepidazione era riservata a Viviana, oscurando completamente il pensiero dei genitori.

“Andiamo alla scuderia a vedere i cavalli? Sono giorni che Ottorino non ce li fa montare a causa delle strade piene di neve. Lascia stare quegli scacchi, ci penserà Cesca a riordinarli!’

“Non è giusto, e poi ho finito, ecco!”

“Andiamo… chi arriva per ultimo farà una penitenza!”

Vieri scattò verso la porta e l’impeto della sua corsa si arrestò tra le braccia del maestro.

“Vi chiedo scusa, non mi sono accorto di voi!” mormorò il piccolo, arrossendo.

“Ti ho forse rimproverato? - gli chiese il tutore, mentre lo aiutava a ristabilire il precario equilibrio - Non si può proibire al vento di soffiare, alla pioggia di cadere, né a due bambini di sfogarsi correndo e saltando. Disturbo i vostri progetti, se chiedo a Jacopo di trattenersi un poco presso di me? Ti raggiungerà presto, lo prometto.”

Dopo aver lasciato che Vieri si allontanasse col solito gran baccano, Pietro sedette a tavola e invitò Jacopo a fare altrettanto. Il bambino s’inginocchiò sulla sedia, per arrivare ad appoggiare le braccia.

“Sai per quale motivo oggi vi ho dispensati dalla lezione pomeridiana?”

“Perché i miei genitori potrebbero arrivare da un momento all’altro”

“E voi non sareste riusciti a prestarmi attenzione… come mai ti vedo così taciturno e pensieroso, quando mi aspettavo tu fossi allegro e vivace? Vieri si è forse preso di nuovo gioco di te?”

“No messere, ve lo assicuro! Fino a qualche giorno fa ero felice, poi mi sono accorto di desiderare solo l’arrivo di Viviana e mi sento…”

Jacopo s’interruppe. Quel pensiero lo metteva a disagio con se stesso, figurarsi davanti al maestro!

“Non vedo motivo di preoccupazione. Noi tutti abbiamo avuto una spiccata predilezione per un fratello o una sorella piuttosto che per gli altri. Io stesso sono molto legato a Caterina, la minore delle mie tre sorelle”

“Ma avete mai pensato dì amarla più dei vostri genitori, come capita a me? Mia madre ci rimproverava sempre per il nostro attaccamento, tanto che ci trovavamo di nascosto ogni sera, nella sua stanza”

“A fare che cosa?” gli domandò il maestro, e Jacopo si stupì che un uomo tanto intelligente e istruito non avesse capito, non lo immaginasse.

“Ci infilavamo nel letto e parlavamo di tutto ciò che era accaduto durante il giorno. Io mi confidavo solo con lei e spesso accadeva che ci addormentassimo abbracciati, così restavamo insieme tutta la notte!”

L’espressione entusiasta del bambino tolse a Pietro gli ultimi dubbi sull’importanza di quel legame.

“Quei vostri convegni, diciamo così, erano dunque un segreto.”

“Certamente, se nostra madre li avesse scoperti, chissà che guai! Ci avrebbe soffocati con le sue ridicole storie sul pudore e sull’onore!”

Vedendolo ridere di quelle che considerava buffe esagerazioni materne, Pietro pensò che l’errore veniva dagli adulti, una volta di più, con quell'insistenza nel voler porre una barriera all’affetto tra i due bambini. Le voci nel cortile li avvertirono che il carro era finalmente arrivato. Jacopo balzò in piedi e corse alla finestra, per accertarsene.

“Vai pure, ti ho trattenuto anche troppo.”

Pietro sorrise nello scoprirsi curioso di conoscere quella fanciulla e la sua famiglia, nel rendersi conto di essere ancora interessato al mondo che s’illudeva di aver lasciato fuori dalle mura bianche del convento. Desiderò di vivere abbastanza a lungo per vedere quei bambini farsi adulti, per scoprire se davvero i semi da lui gettati avrebbero dato buoni frutti. Allora avrebbe davvero potuto andarsene in silenzio, in pace con se stesso, certo di essere stato utile. Importante il minuzioso lavoro di amanuense, ben spesi gli anni passati sui libri; tutto molto bello e nobile, ma quanto veramente utile? Poteva messer Pietro Arquati, il dotto fiorentino, il filosofo, affermare di aver dato qualcosa di sé? Sapeva che peso avrebbero avuto le opere, le decisioni prese nei momenti importanti, gli errori commessi in buonafede; in quel momento supremo avrebbero avuto valore incalcolabile una parola, un pensiero grato di quei giovani, in qualunque luogo la loro vita li avesse condotti. Era quello lo scopo lungamente perseguito, la certezza di aver speso bene le proprie risorse per altri, di aver dato e ricevuto qualcosa. I bambini non potevano immaginare di essere al centro dei pensieri del loro tutore il quale, se si fosse affacciato sul cortile avrebbe assistito a una scena singolare, tale da sollevare in lui altri dubbi. Nella confusione dei saluti Jacopo si era tratto in disparte, preoccupato e impacciato come da tempo non gli accadeva più, a guardare suo padre che rideva col solito vocione possente, e sua madre sempre compita, e poi Viviana, ancor più bella di come la ricordasse. Consapevole dello sguardo adorante del fratello, la bambina indugiava, un po’ per civetteria e un po’ per prolungare il piacere dell’incontro.

“Jacopo, sei diventato una statua di sale? Vieni a salutarmi!”

La voce di Lupo tuonò possente su di lui, mentre si trovava sballottato tra le sue braccia. “Sei cresciuto, e spero anche qui dentro!” concluse il padre, affibbiandogli una manata tra le scapole.

“Via, Lupo, potresti fargli male!Vieni da me, ora, Jacopo. Sei contento di rivederci?"

Il bambino affondò il viso nel bordo di pelliccia del mantello di sua madre e poi la sbirciò.

“Certamente… ma se non fosse stato per il Natale!”

Il brusco gesto con il quale Isa lo allontanò gli diede una sgradevole fitta di sconforto. Non sarebbe cambiato mai, nonostante ogni sforzo; era destinato a restare il bambino vulnerabile e facile alle delusioni. Intanto Viviana aspettava solo il momento opportuno per gettargli le braccia al collo, e lo fece non appena Vieri si fu allontanato, dimostrando al fratello il solito rumoroso affetto. Rimasero abbracciati, guardandosi spesso e ridendo, e in quelle occhiate, in quelle risate, c’era tutta la gioia del loro incontro, e mille parole le riempivano. La voce di Isa risuonò dall’alto e i bambini la videro affacciata a una finestra del salone, intenta a scrutarli con la solita espressione accigliata. Viviana si staccò e si allontanò dal fratello con quel suo passo leggero e in apparenza naturale, risultato di lunga e costante applicazione. Jacopo la seguì, ma rimase un momento a origliare dietro la porta del salone. Pur nella confusione, la voce di Viviana era per lui inconfondibile.





(Stralcio dal romanzo inedito Quando l'usignolo.)


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