FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 19
luglio/settembre 2010

Eros

 

ASCOLTARE
una rubrica per le orecchie

di Federico Platania



Il massimo della perversione? Addormentarsi guardando un musical erotico.


Sostiene Rousseau che allo stato di natura l’uomo non desidera altro che soddisfare gli unici tre bisogni che la natura, appunto, gli presenta dinanzi: cibo, sesso, sonno (il filosofo ginevrino non specifica in quale ordine). La gastronomia e l’erotismo hanno complicato la faccenda. Che io sappia non esiste invece una modalità raffinata, perversa e sensuale di dormire. Per quanto ci si possa industriare con lenzuola di seta nera e materassi ad acqua quando si cade nel sonno si perde coscienza, e con essa ogni lascivia da noi architettata.
Forse però potremmo considerare vizioso e scandaloso il sonno in pubblico, anzi del pubblico. Vi è mai capitato di addormentarvi al cinema, a teatro o a un concerto particolarmente noioso? E che dire dei musical, che potremmo considerare una forma degenerata dell’operetta, a sua volta una degenerazione dell’opera buffa?

I musical. C’è chi li detesta e chi li adora. Io mi pongo pigramente nel mezzo. Trovo irresistibili alcuni brani di Cats e confesso di emozionarmi ogni volta sul finale di Les Misérables. Per non parlare di quella chicca per rockettari che è il Rocky Horror Picture Show. Ma esecro ogni forma di coreografia e spesso anche i costumi mi irritano. Diciamo che preferisco ascoltare le musiche anziché assistere alle rappresentazioni.
Di sicuro, chi rischiò di addormentarsi a teatro di fronte a un musical (e per giunta un musical erotico, sic!) fu Clive Barnes, critico del New York Times, quando nel giugno del 1969 si recò ad assistere alla prima di Oh! Calcutta!, uno spettacolo di rivista ideato dal produttore e autore Kenneth Tynan che presentava, come particolarità principale, le performance di artisti nudi in scena. Uomini e donne che danzavano e cantavano, svestiti, inni alla masturbazione, al sesso di gruppo e alla libertà sessuale. «Un umorismo infantile e soporifero – sarà il commento di Barnes – il regista ha fatto quello che ha potuto con il materiale che aveva».



Chi invece non si addormentò, ma andò su tutte le furie, fu Samuel Beckett al quale Tynan aveva chiesto un pezzo scritto per l’occasione con cui aprire il suo musical erotico. Beckett (non senza ironia, secondo il sottoscritto) scrisse ex novo una piéce della durata di 35 secondi che di erotico non aveva nulla: Breath. Tynan, sottovalutando la proverbiale intransigenza di Beckett riguardo alle modifiche apportate ai suoi copioni, stravolse la scenografia prevista dall’autore e sostituì i rifiuti che dovevano ingombrare il palco con corpi nudi ammassati sulle assi. Beckett non la prese affatto bene e dopo una breve schermaglia legale costrinse Tynan a eliminare il numero di Breath dalla scaletta dello spettacolo per tutte le successive numerosissime repliche.
Già perché nonostante le critiche negative e gli inizi burrascosi Oh! Calcutta! è andato in scena migliaia di volte piazzandosi come 5° spettacolo più replicato nella storia di Broadway. Prova che, per quanto debole possa essere la forma, quando la sostanza è il sesso ci si azzecca sempre.


federico.platania@samuelbeckett.it