FILI D'AQUILONE rivista d'immagini, idee e Poesia |
Numero 10 aprile/giugno 2008 Identità & Conflitto |
LA POESIA DI MEIRA DELMAR a cura di Martha Canfield e Giulia Spagnesi |
Poesia e donne nella letteratura colombiana
Quando si parla di letteratura colombiana si pensa soprattutto al genere poetico e non si può evitare di ricordare l'enorme quantità di poeti colombiani entrati definitivamente nella storia dell'ispanismo, dal grande barocco Hernando Domínguez Camargo al simbolista José Asunción Silva al Premio Cervantes Álvaro Mutis. La creatività colombiana si associa così naturalmente al fare poetico che si arriva a paradossi come l'autodefinizione di García Márquez, romanziere fra i più famosi nel mondo, che tuttavia si ritiene "poeta", e quando gli chiedono di descrivere uno dei suoi romanzi più letti, L'autunno del patriarca, dice che si tratta di «un poema sulla solitudine del potere»1. Si dice che la poesia in Colombia si legge tanto perché tutti i colombiani, prima o poi, scrivono dei versi e quindi tutti si sentono chiamati in causa di fronte a un libro poetico. Ricordiamo due memorabili istituzioni poetiche: la Casa di Poesia Silva, creata a Bogotá nell'abitazione della famiglia di José Asunción, dove il poeta visse e morì tragicamente suicida nel 1896, e il Festival di Poesia Internazionale di Medellín. La prima è uno dei rari istituti pubblici nel mondo dove si va per usufruire esclusivamente di poesia: una biblioteca aggiornatissima, sale per l'ascolto di nastri registrati con le voci di poeti di tutto il mondo, incontri periodici, dibattiti, presentazioni di libri, letture poetiche, edizioni specializzate e una corposa rivista mensile altamente qualificata. Il secondo è uno dei Festival più frequentati nel mondo, dove ogni anno, nel mese di giugno, vengono convocati centinaia di poeti di tutte le aree geografiche, dove le attività durano 8-9 giorni dalla mattina alla sera, con letture contemporanee in diversi luoghi della città, tutti assolutamente e costantemente affollati da un pubblico molto eterogeneo ma con un tratto in comune: la passione per la poesia. Tuttavia in questa proliferazione del genere poetico in Colombia, le voci femminili si sono fatte sentire quasi eccezionalmente per diversi secoli e soltanto negli ultimi decenni hanno cominciato a moltiplicarsi. Per avere prova di questa disparità di fronte alla preponderanza schiacciante delle voci maschili, basta aprire le antologie classiche della poesia colombiana, fino a non molto tempo fa rigorosamente curate da uomini, e comprovare che lì le voci femminili sono scarsissime. Da notare anche che, in questo panorama dominato dal segno maschile, una delle prime e costanti eccezioni è proprio la poetessa della Costa Atlantica, la dolce e nostalgica, forte e lucida Meira Delmar. Ma vediamo qualche esempio fra le antologie più adottate negli ultimi decenni, per quantificare quanto detto. In primo luogo, l'antologia di Fernando Arbeláez, Panorama de la nueva poesía colombiana, del 19642: qui i poeti antologizzati sono 50, di cui soltanto tre donne, la prima delle quali è Meira Delmar; le altre due sono Emilia Ayarza de Herrera (1919-1966) e Olga Elena Mattei de Arosemena (1938), voci che tendono a scomparire in seguito. Dieci anni dopo, l'antologia curata da Andrés Holguín e pubblicata in due volumi per il centenario del Banco di Colombia3, raccoglie complessivamente 72 poeti, di cui nessuna donna nel primo volume e soltanto sei nel secondo; la prima delle donne antologizzate, in senso storico, è Meira Delmar, e le più giovani - ancora attive e ormai riconosciute - sono Paula Gaitán (1952) e Gloria Inés Arias (1954).
In questo panorama e in questa evidente preponderanza delle voci poetiche maschili - malgrado le donne abbiano avuto in Colombia un ruolo attivo e di primo piano nelle varie attività politico-culturali del secondo Novecento8 - la figura di Meira Delmar deve essere considerata come eccezionale e dirompente, la prima di una lunga e ricca serie di scrittrici cui lei stessa, probabilmente, apre strada.
Più tardi, Fernando Charry Lara, ancora più critico, assicura che I Nuovi, malgrado le dichiarazioni di principio, erano stati dei conformisti, che non avevano saputo ascoltare le intense voci di rottura lanciate dai compagni latinoamericani ormai avviati nelle strade del cambiamento avanguardistico10.
Il gruppo successivo, conosciuto come dei postpiedracielistas, non sarà nemmeno un movimento di particolare rottura con il passato o di franca apertura verso altri orizzonti diversi dalla Spagna e dall'Ispanoamerica, ma questo bisogno di espansione comincia a farsi notare. Armando Romero definisce i loro rapporti con i predecessori come «da allievi a maestri»13; ma la nuova apertura è ben percettibile: dalla rivista diretta da Andrés Holguín, "Razón y Fábula", con la sua vocazione internazionalista, alla presenza di voci femminili, tra le quali spicca indiscussa quella di Meira Delmar.
Con "Cántico" e con "Razón y Fábula", la poesia colombiana si confronta con le culture arcaiche e con quelle classiche: Andrés Holguín, ad esempio, ricrea il mondo greco-latino e quello dell'antico Egitto. Si proietta e si nutre del mondo orientale, in particolare quello arabo, presente come radice remota e recente in una parte della popolazione colombiana e recuperato, con fascino misto ad amore e dolore, da Meira Delmar e più tardi da Giovanni Quessep. Si propone come testimonianza del mondo africano, altra radice americana, attraverso la poesia negrista, precocemente iniziata in Colombia da Candelario Obeso (1849-1884) e ora continuata da Jorge Artel. E accoglie - con lo spirito più libero e più americano, già iniziato dal postmodernismo - il mondo della provincia profonda, il mondo "del sud", acceso e determinante nell'esilio bogotano di Aurelio Arturo.
Per concludere ricordiamo che le figure femminili si moltiplicano a partire dal riconoscimento nazionale e internazionale ottenuto da Meira Delmar. Prima di lei soltanto la Madre Francisca Josefa del Castillo y Guevara (1671-1742), la suora di Tunja, è entrata nella storia della letteratura colombiana e nessuno studio critico della letteratura coloniale né nessuna antologia colombiana si può permettere di ignorarla. Paragonata talvolta a Suor Juana Inés de la Cruz, la sua opera tuttavia non raggiunge il livello della messicana né ha lasciato un segno particolare nelle lettere successive. Nell'Ottocento l'unica donna di cui abbiamo ormai notizie precise è Soledad Acosta de Samper (1833-1913), non poeta ma narratrice, biografa e storica, la sua opera è stata dimenticata dopo la sua morte e recuperata e studiata alla fine del Novecento da un'altra scrittrice, critica e poeta, Montserrat Ordóñez (1941-2001). Nel Novecento, prima di Meira, abbiamo tre scrittrici ricordate in pochissimi lavori critici ed eccezionalmente antologizzate: sono Matilde Espinosa (1911-2008), Carmelina Soto (1916-1994) e Emilia Ayarza de Herrera (1919-1966). Meira Delmar (1921), con la sua vasta opera e la sua presenza discreta ma costante nel mondo intellettuale colombiano, ha senz'altro stimolato l'attenzione sulle molte donne venute dopo di lei e ha aperto gli occhi dei critici, uomini e donne. Fra queste scrittrici, poche coetanee, molte venute in seguito, c'è qualche figlia d'arte, come María Mercedes Carranza, già citata, o Paula Gaitán, figlia di Jorge Gaitán Durán; altre sono giornaliste, maestre, ricercatrici e docente universitarie, tutte ormai definite nella scelta di una vita dedicata alla letteratura. Vorremmo ricordare, tra tutte, Maruja Vieira, premio Gabriela Mistral di poesia e segretaria del Pen Club colombiano; Luz Mary Giraldo, brillante studiosa di letteratura colombiana14, le cui poesie sono state parzialmente tradotte in italiano; e infine le ventisettenni Yolima Zuleta e Andrea Cote Botero, entrambe pure parzialmente tradotte, la prima nella recente antologia Poesia e natura15, la seconda in corso di stampa per la casa editrice LietoColle. Diamo infine un elenco, in ordine cronologico di nascita, di 25 poetesse colombiane che si sono fatte conoscere dopo Meira Delmar, la maggior parte delle quali sono presenti nella molto curata e aggiornata antologia di Henry Luque Muñoz, del 1996.16
1Gabriel García Márquez, El olor de la guayaba. Conversaciones con Plinio Apuleyo Mendoza, La Oveja Negra, Bogotá, 1982, p. 87; tr. it. Plinio Mendoza, Odor di guayaba. Conversazioni con Gabriel García Márquez, Oscar Mondadori, 1983, p. 105. 2Fernando Arbeláez, Panorama de la nueva poesía colombiana, Ediciones del Ministerio de Educación, Bogotá, 1964. 3Andrés Holguín, Antología crítica de la poesía colombiana 1874-1974, 2 voll., Biblioteca del Centenario del Banco de Colombia, Bogotá, 1974. 4Panorama inédito de la nueva poesía en Colombia (1970-1986), a cura di Santiago Mutis, Procultura, Bogotá, 1986. 5In realtà altri critici e protagonisti della Generación sin nombre, come Juan Gustavo Cobo Borda, Augusto Pinilla e lo stesso Giovanni Quessep, hanno riconosciuto in me stessa un'altra voce femminile del gruppo, dato che la mia formazione poetica deve molto all'ambiente culturale colombiano e le mie prime poesie, così come la mia prima raccolta, vennero pubblicate negli organi di diffusione più usati dal gruppo, le riviste "Eco" e "Golpe de dados" e la casa editrice Alcaravan, all'epoca diretta dallo scrittore Arturo Alape. In particolare Cobo Borda, mi segnalava come transterrada, vale a dire che, pur essendo nata altrove (in Uruguay) ormai vivevo in Colombia e facevo parte del loro gruppo. Cfr. J. G. Cobo Borda, Obra en marcha 2. La nueva literatura colombiana, Instituto Colombiano de Cultura, Bogotá, 1976. Un anno prima era uscito il primo dei due volumi (Obra en marcha 1), nel quale risultavano 30 poeti tra cui due donne (Amalia Iriarte e Paula Gaitán); nel secondo ce n'erano 43 tra cui 6 donne: Marvel Moreno, più tardi molto riconosciuta come narratrice, María Mercedes Carranza, Carmiña Navia Velasco, Anabel Torres, Amparo Villamizar e la sottoscritta. 6Historia de la poesía colombiana, diretta da María Mercedes Carranza, Fundación Casa de Poesía Silva, Bogotá, 1991. 7Fernando Charry Lara e Rogelio Echavarría, Antología de la Poesía Colombiana, 2 voll., Biblioteca Familiar Presidencia de la República, Bogotá, 1996. 8Basti citare due nomi molto noti, Gloria Zea e Marta Traba. 9Ho tradotto da: Rafael Maya, Consideraciones críticas sobre la literatura colombiana, Editorial Voluntad, Bogotá, 1944, p. 112. 10Fernando Charry Lara, Los Nuevos, in Manual de literatura colombiana, tomo II, Procultura/Planeta, Bogotá, 1988, p. 85. 11L'immagine è di Rogelio Echavarría, Antología de la poesía colombiana, Tomo II, cit., p. IX. 12Rafael Gutiérrez Girardot, La letteratura colombiana 1925-1950, in Manual de Historia de Colombia, Tomo III, Instituto Colombiano de Cultura, Bogotá, 1980, p. 522. 13Armando Romero, Las palabras están en situación, Procultura, Bogotá, 1985. 14Cfr. due lavori miei: La poesia di Luz Mary Giraldo, Fondazione Il Fiore, Firenze, 2004; e La scrittura femminile nella poesia ispanoamericana, in "L'Ulisse di LietoColle", n° 1, 2006, I mondi creativi femminili, pp. 90-113 (seguito da versioni di diverse scrittrici, tra cui Luz Mary Giraldo). 15Poesia e natura. Nuova coscienza ecologica, a cura di Alessio Brandolini, Martha Canfield e Ivano Malcotti, Le Lettere, Firenze, 2007, pp. 117 e 131. 16Henry Luque Muñoz, Tambor en la sombra. Poesía colombiana del siglo XX, Verdehalago/Biblioteca Luis Ángel Arango, Bogotà, 1996. |
SEI POESIE DI MEIRA DELMAR
ELEGIA DE LEYLA KHÁLED Te rompieron la infancia, Leyla Kháled. Lo mismo que una espiga Y comenzaste a andar, Y un día, Leyla Kháled, noche pura, Y comenzaron a llamarte nombres Tú, sorda y ciega, en medio Te vieron los desiertos, las ciudades, Nadie sabe, no sé, cuál fue tu rumbo, Nadie sabe. No sé. Pero te alzas
Ti devastarono l'infanzia, Leyla Khaled. Come una spiga E prendesti a vagare E un giorno, Leyla Khaled, notte pura, E iniziarono a chiamarti con nomi Tu, sorda e cieca, in mezzo Ti videro i deserti, le città, Non si sa, non so, quale è stata la tua direzione, Nessuno sa. Non so. Ma ti alzi
Una tierra con cedros, con olivos, Traían en los labios El mar cambió de nombre En riberas y montes levantaron la casa
Una terra con cedri, con olivi, Conservavano tra le labbra Il mare cambiò nome Su rive e su montagne costruirono case
Mis ojos niños vieron El silencio se oía como una "Son los cedros del Líbano
I miei occhi di bambina videro Il silenzio si percepiva come una "Sono i cedri del Libano
Pienso en ti.
Ti penso.
Amiga mía, dices, Y te cuento mi infancia El valle, la montaña, Y yo, tú bien lo sabes, Un día junto al muelle Me lo llevé al oído, reconocí el rumor Por mis venas que parten Aún me besa los labios Amiga mía, dices,
Amica mia, dici, E ti racconto della mia infanzia La valle, la montagna, E io, tu lo sai bene, Un giorno vicino al molo Lo portai all'orecchio, ne riconobbi il suono Attraverso le mie vene che partono Ancora mi bacia le labbra Amica mia, dici,
"Claveles, claveles, "Rosas, amapolas, Y detrás del grito "Se pusieron blancas Y yo le agradezco "Dalias encendidas, "Flores nuevecitas, Y detrás del grito
"Garofani, garofani, "Rose, papaveri, E dietro al grido "Sono diventate bianche E io lo ringrazio "Dalie accese, "Fiori appena sbocciati E dietro al grido
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Traduzione dallo spagnolo di Giulia Spagnesi |
Meira Delmar Nel 1921 a Barranquilla (Colombia) nacque Olga Isabel Chams Eljach, figlia di due libanesi, Julian E. Chams e Isabel Eljach. Col tempo, una volta definita la sua vocazione di scrittrice, avrebbe scelto per sé il nome, molto simbolico, di Meira Delmar, talvolta trascritto Del Mar. Studiò nel collegio femminile della città e alla Scuola di Belle Arti dell'Università dell'Atlantico. A nove anni, nel 1931, Olga raggiunse con i suoi genitori e i suoi fratelli il Libano. Il viaggio via mare fu un'avventura interminabile e, soprattutto, indimenticabile. Pochi anni dopo, nel 1937, apparvero nella sezione "Poetesse d'America" di una rivista de L'Avana chiamata «Vanidades», alcune poesie con la firma di Meira Delmar. I quattro componimenti poetici, Tú me crees de piedra, Cadena, Promesa e El regalo de la lluvia erano i primi componimenti di Olga Isabel Chams Eljach, che aveva già scelto lo pseudonimo con il quale sarebbe diventata famosa. La giovane autrice scelse il suo cognome d'arte per via del suo grande amore per il mare, che la accompagnerà sempre e comunque. Per il nome, invece, fece ricorso alle sue origini arabe e, partendo da Omaira, studiò tutta la serie di possibilità e variazioni che questo nome le poteva offrire. Infine, scelse Meira.
Nel 1995 uscì Laúd memorioso e Antología e in questo stesso anno si congedò dalla Biblioteca e fu eletta Membro Onorario della Società Bolivariana della Regione Atlantico.
Meira Delmar ha riversato nella produzione letteraria non soltanto le tradizioni arabe della sua famiglia e degli amici ma anche l'esperienza diretta del Libano, conosciuto direttamente in un viaggio indimenticabile e ai confini della magia.
L'intera opera poetica di Meira Delmar è ricolma di fiori. Se fosse accettabile stilare una statistica con le piante e i boccioli che più frequentemente ritroviamo nelle sue poesie, ai primi posti si troverebbero i gelsomini e le rose. Tuttavia, lungo i versi della poetessa si incontrano moltissime specie appartenenti tanto alla flora colombiana quanto al paesaggio mediorientale. L'amore per i giardini nasce nella sua infanzia, nella sua casa natale. Anche la sua grande conoscenza dei fiori e della loro cura è da ricercare nel patio della sua fanciullezza. Sua madre, infatti, seguendo le tradizioni arabe, si occupava amorevolmente del giardino intorno alla villa e riempiva di fiori ogni minimo spazio libero della casa. Il gelsomino, pianta tipicamente araba, era il più comune e preferito della famiglia Chams Eljach.
Nella raccolta Reencuentro c'è una poesia fuori dal coro. Non solo è strana per l'argomento di cui tratta ma è un unicum nell'intera opera letteraria di Meira Delmar; l'Elegia a Leyla Khaled presenta temi completamente estranei alla sua poetica. Prima di pubblicare questa poesia, Meira non si era interessata in modo particolare alla storia contemporanea del medio Oriente e non sembrava coinvolta nelle vicende in corso o, comunque, non aveva mai riversato nelle sue poesie accadimenti, persone o fatti storici. Con Elegia a Leyla Khaled, invece, esce dai suoi ricordi, dal intimismo profondo e passionale cantato nelle sue poesie, per narrare - per la prima volta - una vicenda reale e lontana. Leyla Khaled, nata ad Haifa nel 1944 in una famiglia di sette sorelle e cinque fratelli, è conosciuta come attivista contro l'occupazione dei coloni ebrei. All'età di quattro anni, fu costretta a lasciare la sua casa e divenne un'esiliata. Trovò rifugio presso dei parenti a Tiro ed evitò di finire in una tenda profughi. Il padre, che si era unito alle forze rivoluzionarie, raggiunse la famiglia soltanto un anno dopo. La madre di Leyla non accettò mai la sua condizione di esiliata e continuò a ripetere ai figli che la loro unica casa era ad Haifa e che il Libano era solo una sistemazione temporanea. Inoltre, ogni anno nel giorno in cui erano stati scacciati dalla loro casa, la madre vestiva a lutto e si rifiutava di cucinare come segno del suo dolore.
Meira Delmar non ha mai conosciuto Leyla Khaled. Quando la terrorista visitò Barranquilla, la poetessa non lo seppe per tempo e così non riuscì a incontrarla. Ma la sua storia la colpì al punto di risvegliare in lei dei sentimenti legati alla patria dei suoi antenati, il Libano, e a spingerla a scrivere sulla sua drammatica ed emblematica storia.
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