FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 2
aprile/giugno 2006

Cuore d'Africa

AFRICA EXPRESS, IL VIAGGIO COME LUOGO

di Giorgio Cosulich


Africa Express ha il significato di un lungo viaggio sulle rotte interne della speranza, a bordo di alcuni treni che percorrono quelle rotte quotidianamente, su è giù tra l'origine e la fine di percorsi individuali e collettivi.

Negli ultimi venti anni il flusso migratorio clandestino dall'Africa verso le coste europee ha avuto un moto inesorabile, e oggi il fenomeno ha raggiunto tali proporzioni da essere ritenuto preoccupante da parte delle comunità dei paesi industrializzati, che tentano di porre un argine.
Tuttavia la migrazione africana verso l'Europa rappresenta solo una parte di un più ampio fenomeno che riguarda invece l'interno del continente.
Per cultura ancestrale e per necessità moderne i popoli africani danno vita a flussi migratori interni: ogni giorno milioni di persone, si spostano da una città ad un'altra, da una regione ad un'altra, da uno stato ad un altro.
La migrazione rappresenta per gli Africani una necessità vitale di conoscenza, scoperta, scambio, opportunità che tradotti in termini correnti significa "speranza" per una vita migliore.
Per tale ragione, nel tempo alcune località africane, città, villaggio, o semplicemente luogo geografico sono diventate un punto di catalizzazione per le rotte della speranza e, a torto o a ragione, esse oggi rappresentano un punto di passaggio obbligatorio o una meta definitiva.

La ferrovia, un tempo strumento di sfruttamento dei bianchi sugli indigeni, si è trasformata in una delle maggiori opportunità e delle più autentiche espressioni di libertà del popolo africano. In Africa i treni non sono solo un mezzo di trasporto per uomini, animali e cose, ma rappresentano anche il palcoscenico delle esigenze individuali e collettive, e dello scambio di conoscenza, di informazioni, di esperienze.
Il treno da mezzo di trasporto, diventa dunque un luogo. Luogo che produce una dilatazione del tempo e perpetua un movimento lento ed inesorabile nello spazio, perché la meta finale è un concetto astratto, distante come l'infinito. Ciò che conta è il tragitto, metro dopo metro, difficoltà dopo difficoltà, pensiero dopo pensiero.
Metaforicamente, quindi, il treno diventa la risorsa per il raggiungimento di uno sviluppo collettivo, ma anche per la conquista di una libertà individuale che, insieme, siano in grado di soddisfare una sempre più crescente e urgente richiesta di emancipazione.

 

giorgio@vision-images.com



Addis-Abeba - Gibuti Express
Dall'Etiopia a Gibuti

Inizia a piovere. Carichi di coperte e di borse, corrono tutti alla ricerca disperata di un riparo. Troviamo anche noi scampo sotto i portici, tra la gente che si insulta e fa a pugni per dormire. Piove fitto. Guardiamo inorriditi il caos e decidiamo, Worku , la mia guida, ed io, che dobbiamo metterci in fila, altrimenti rischiamo di fare il viaggio in piedi.
Il treno comincia ad animarsi intorno alle 6, con la prima luce del sole che entra rosa dai finestrini nudi. Il vagone mi dà il buongiorno con : "Guardate un ferengi" Ferengi è lo straniero. Chi ha preso il treno durante la notte, al buio non mi ha visto e adesso scopre che nel treno c'è un bianco.
Tutti mi guardano per buoni dieci minuti.

"Hai visto come fanno le donne? Si prendono una panca tutta per loro. Dormono per tutto il viaggio e nessuno dice nulla. Questa volta lo facciamo anche noi: una panca per te e una panca per me" mi dice Worku. Scegliamo due panche vicino ad un finestrino che abbia il vetro più o meno intatto. Ci sdraiamo e ci addormentiamo.

 



Dakar - Bamato Express
Dal Senegal al Mali
Dall'entrata della stazione arrivano voci concitate. Strusciando con la pancia contro quasi tutti riesco ad arrivare all'entrata della stazione e varcare il cancello.
Finalmente si parte, c'è una grande confusione, la gente si saluta con lunghi abbracci, comincia a mettere a posto i bagagli e le mercanzie, trova posto a sedere, si mette a mangiare, a bere , a discutere.
Una delle guardie del treno, che ha avuto l'incarico di vigilare sul mio lavoro, decide che è ora di fotografare e mi ordina di seguirlo. Saltando da un vagone all'altro dall'esterno, arriviamo in fondo al treno ed in fondo all'ultimo vagone e la guardia si gira e mi dice: "Allora, comincia a fotografare da qui fino all'altro capo del treno", e ripercorre il vagone in senso contrario aspettandomi vicino alla porta d'uscita. Non posso fotografare così, come se fossi un bigliettaio.

Durante una sosta cerco di fotografare un gruppo di donne che stanno appoggiate ad un muro. La maggior parte di loro si volta dall'altra parte, una mi tira una pietra.

Il fischio del capo stazione. Il treno si muove. Saluti sul confine attraverso il finestrino, in pochi attimi siamo nuovamente da soli in mezzo al deserto.
 



(Una nuova Africa, di Ambra Laurenzi)