FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 2
aprile/giugno 2006

Cuore d'Africa

JORGE EDUARDO EIELSON:
l'uomo che annodava le stelle alle parole

di Martha Canfield


Jorge Eduardo Eielson è mancato all'età di 82 anni l'8 marzo scorso a Milano dove risiedeva da vari decenni. Il suo nome era diventato leggendario in Perù e in molti altri ambiti del mondo ispanico, sia per la sua luminosa arte plastica, i suoi oggetti, i suoi quadri, le sue installazioni, sia per la sua straordinaria opera poetica, costantemente rinnovata lungo la sua vita con una rara capacità - molto sua - di assimilare e spesso anticipare le novità. Il suo carattere dolcissimo, la sua disponibilità e generosità nei confronti di chi gli si avvicinava, in particolare i giovani che trovavano in lui un interlocutore agile e immediato, la sua semplicità unita a una eccezionale intelligenza multifacetica, tutto questo farà ancora più dolorosa la sua assenza e magari stimolerà in molti il desiderio di approfondire il suo legato per diffonderlo.
Come artista è stato o è presente in molte gallerie, musei ed eventi di livello internazionale, quali la Biennale di Venezia, il Museum of Modern Art di New York, Documenta di Kassel, la Galleria Lorenzelli di Milano, la Galleria Piccoli di Parma, ecc. La sua opera letteraria è pubblicata in Perù, Messico, Argentina, Venezuela, Colombia, Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Italia e, ripetutamente, in Spagna.

Nato a Lima, nel 1924, Eielson si rivelò subito un artista e uno scrittore molto dotato e precoce: ottenne a soli 21 anni il Premio Nazionale di Poesia del Perù e fece a Lima le prime mostre dei suoi quadri, ancora segnati dall'influenza di Klee e Miró. Nella sua produzione giovanile emerse subito una caratteristica divenuta costante: la molteplicità di interessi e la capacità di maneggiare codici espressivi differenti. Pochi anni dopo si trasferì definitivamente in Europa, ma la sua terra natia rimase molto presente, sia nell'opera artistica che in quella letteraria, come si vede, ad esempio, nella lunga serie di dipinti astratti intititolati Paesaggio infinito della costa del Perù. Più tardi il gesto di strappare e annodare capi di vestiario (jeans e camicie) e poi tele di diversa misura e colore confluisce nella ricreazione del khipu, l'antico nodo della civiltà incaica. Nella sua narrativa il Perù appare come luogo della memoria e come scenario di drammi sociali intimi e paradigmatici. Nella poesia si presenta in modo meno evidente, anche se non mancano i riferimenti per associazione a città del presente come Roma.

Non è facile definire un artista complesso e molteplice come Eielson, ma forse la cifra che meglio lo presenta sta nel suo amore per la novità, nella sua instancabile vena ludica e infine - non è un paradosso - nella sua luminosa serenità. Essa si deduce tanto dalla calma vibrante delle sue tele annodate quanto dalla sua stessa poesia. Dal primo linguaggio di ricca retorica e di indagine esistenziale, costruito a partire dalla distorsione dei modelli classici e di certe figure mitiche, secondo la lezione avanguardistica (da Reinos del '45 alle ricreazioni di Aiace, Antigone, Roland e la Maria evangelica, quest'ultima del 49), Eielson passa alla poesia visiva, alle formule laconiche e paradossali ispirate ai koan del buddismo zen, e in seguito alla poesia di autoanalisi, dove prevale l'indagine sul corpo associato allo spazio urbano (vedi Noche oscura del cuerpo, 1952, e Habitación en Roma, 1955). L'ultima e recentissima fase corrisponde a una poesia attenta all'effetto plastico sulla carta stampata, con associazione evidente tra il linguaggio verbale e quello non verbale (vedi Nudos, del 2002), mentre comunque lo slancio lirico lo porta a ricreare paesaggi vissuti e particolarmente amati, come la Sardegna, a ritrarre persone vicine al suo cuore, e cioè a "celebrare" con un canto nuovo, capace di rendersi "visibile" (vedi Celebración, 2001, e Canto visible, 2002).

Il momento in cui la meta spirituale raggiunta dal poeta e dall'artista Eielson risulta più chiaro e illuminante è senza dubbio quando si configura quel segno emblematico del suo codice che è il nodo. Con esso il movimento si ferma - o al massimo diventa lenta inerzia -, le tele si fissano, il tempo interrompe il suo corso e l'anima, finalmente libera da qualsiasi motivo di angoscia, si concentra nella contemplazione. I nodi di Eielson producono una eccezionale sensazione di immobilità e di benessere. Secondo Álvaro Mutis, attraverso le sue tele «si entra in un mondo di serenità e di limpida bellezza». Che tuttavia non è trovato o scoperto, bensì conquistato duramente attraverso il difficile percorso iniziatico descritto nell'opera poetica. Nel poema chiave Notte oscura del corpo, dopo aver viaggiato attraverso tessuti, ghiandole, escrementi, sangue, l'io purificato trova le stelle del cielo inferiore: stelle come nodi, secondo quanto recita il titolo di uno dei suoi quadri -, le quali, afferrando l'infanzia dal fondo della memoria, la fissano nel presente per illuminare e confortare. Passato e presente, io e non-io, unione e separazione: l'insegnamento che riceviamo da Eielson, attraverso la sua costante, vertiginosa e diversificata sperimentazione, è un insegnamento di serenità conquistata che sfocia, precisamente, in queste fonti di piacere immobile che sono i suoi nodi. In questa serenità si scorge ciò che l'uomo va cercando da sempre: l'armonia degli opposti. In questa congiunzione, vita e morte si riuniscono con la naturalezza di un ciclo circolare senza fine:

SO PERFETTAMENTE CHE LA MIA CASA

È una stella
Che si chiama vita
E che quella stella è la terra
E che dopo avrò un'altra casa
In un'altra stella
Chiamata morte

(da Sin título, 2000)

Infine, nella perfetta parabola disegnata dall'insieme della sua opera, dopo avere inserito i celebri nodi in installazioni dove il corpo umano appariva coperto da abbondanti drappeggi finiti con inevitabili nodi, negli anni più recenti egli ha preferito presentare il corpo - femminile, come prima, ma anche maschile - sempre immobile, in una sorta di sereno rapimento che sconfina nel sogno o nell'estasi, è coperto da tele senza nodi - ecco la grande novità - a suggerire la facilità dello spogliamento, segno di essenzialità e di purezza. Lo spettatore è contagiato da questa atmosfera di sospensione e di piacere indefinibile. I corpi nudi e coperti, ma facilmente scopribili, diventano visione e promessa. Des-anudar (snodare), des-nudar (denudare), des-cubrir (scoprire): forse la gioia, una volta che l'artista ci ha insegnato a contemplare i nodi, quegli oggetti di assoluta intensità energetica, è ora radicata nella liberazione tanto dal vestito-maschera che copre travisando, quanto dal nodo stesso che contiene e trattiene, che stringe e genera e per ciò induce ad attendere, spinge nella tensione dell'attesa.

Come un monaco buddista, Eielson, lungo tutta la sua vita e la sua opera, è stato capace di sorprenderci perfino nella ripetizione e di cambiare precisamente ciò che avevamo appena capito. Perché, come suggerisce una specie di koan che affiora tra le linee dei suoi versi (ancora da Sin título, 2000), per annodare realmente non basta annodare solamente:

SE TUTTO CIÒ CHE SI ANNODA

Si annoda solamente
Tutto diventa nulla
Se si annoda una scarpa
Si annoda anche il piede
E la scarpa diventa tutto
Se non si annoda niente non c'è nodo
Né piede né nulla e al posto di tutto
C'è di nuovo una scarpa la cui misura
È un numero nullo che ci annoda al nulla
E di nuovo
Alla scarpa

In una lunga conversazione avuta con Eielson, che in seguito ha dato luogo alla pubblicazione di un libro (El diálogo infinito, México, 1995), gli avevo domandato la ragione intima per la quale lui aveva chiesto - e cercato di organizzare - la dispersione delle sue ceneri nello spazio cosmico con l'aiuto di una nave spaziale. E lui mi rispose:
«Lo vorrei. Come altri artisti che ammiro e amo, anche io ho cercato di fare della mia vita un capolavoro. Non credo di esserci riuscito. Ma cercherò di farlo con la mia morte. È l'ultima possibilità che mi resta».
Noi che siamo stati accanto a lui in buona parte della sua vita e anche nella sua morte, possiamo assicurare che ci è riuscito: semplicemente, meravigliosamente riuscito.




POESIE SCELTE

Génesis

Una palabra sola como el sol
Una palabra azul como la tierra

La palabra Adán durmiendo
Junto a la palabra Eva

(Da Tema y variaciones, Ginevra 1950)

 

Via Veneto

me pregunto
si verdaderamente
tengo manos
si realmente poseo
una cabeza y dos pies
y no tan sólo guantes
y zapatos y sombrero
y por qué me siento
tan puro
más puro todavía
y más próximo a la muerte
cuando me quito los guantes
el sombrero y los zapatos
como si me quitara las manos
la cabeza y los pies

 

Primavera en Villa Adriana

esta mañana de abril
las hojas verdes cubren
el corazón de paolo
que no puede caminar
ni decir una palabra
porque la vida pesa
esta mañana de abril
como un templo de papel
en el oxígeno puro
y si dijera una palabra
tan sólo una palabra
ardería el mundo entero

 

Campidoglio

usted no sabe cuánto pesa
un corazón solitario
hay noches en que la lana oscura
la lana tibia que me protege
llega hasta el cielo
y mientras duermo mientras respiro
mientras sollozo
se me derrama la leche hirviendo
sobre la cara
y entonces una máscara magnífica
con la sonrisa del rey de espadas
cubre mi llanto
y todo eso no es nada todavía
usted no me creerá
pero luchar luchar luchar
todas las noches con un tigre
hasta convertirlo en una magnolia
y despertarse
despertarse todavía y no sentirse
aún cansado y rehacer aún
raya por raya el mismo tigre odiado
sin olvidar los ojos los intestinos
ni la respiración hedionda
todo eso para mí
es mucho más fácil mucho más suave
créame usted
que arrastrar todos los días
el peso de un corazón desolado

 

Foro romano

todas las mañanas cuando me despierto
el sol arde fijo en el cielo
el café con leche humea en la cocina
yo le pregunto a quien me acompaña
¿cuántas horas he dormido?
pero nadie me responde

abro los ojos y los brazos buscando un apoyo
toco mi mesa de madera y la noche cae con violencia
un relámpago apaga la luz del sol
como la luz de una vela
vuelvo a preguntar
¿el café con leche de hace siglos humea aún en el polvo?
pero nadie me responde

en la oscuridad me levanto y lo bebo
pero compruebo que la leche está helada
y el café encendido yace como el petróleo
a varios kilómetros bajo tierra:
una silenciosa columna se desploma entre mis brazos
convertida en cenizas
bruscamente el sol vuelve a elevarse
y a declinar rápidamente
en una tempestad de hojas y pájaros rojizos
dentro de mi habitación el crepúsculo brilla un instante
con sus cuatro sillas de oro en las esquinas
trato de recordar mi infancia con las manos
dibujo árboles y pájaros en el aire como un idiota
silbo canciones de hace mil años
pero otra columna de cenizas se desploma entre mis brazos
y mis manos caen cubiertas de repentinas arrugas

claramente ahora el agua del lavabo
me recuerda mis primeros baños en el río
vagos rumores desnudez perfumes viento
cerdos empapados bajo la sombra de los naranjos
¿mi memoria es quizás tan inmortal como tu cuerpo
cuando te desnudas ante mí
tú que no eres sino un pedazo de mármol
montaña de polvo
columna
reloj de ceniza
hueso sobre hueso que el tiempo avienta en mis ojos?
¿no recuerdo acaso las últimas horas de la noche
cuando te besaba enfurecido sobre mi catre de hierro
como si besara un cadáver?
yo le pregunto a quien me acompaña
amor mío velocísimo
¿cuánto tiempo ha pasado desde entonces
cuántas horas
cuántos siglos he dormido sin contemplarte?
pero nadie me responde

(Da Habitación en Roma, Roma 1952)

 

Me gustaría escribir

Me gustaría escribir
Como si cantara como si bailara
Como si subiera y bajara
Una escalera cualquiera
En una ciudad cualquiera
Me gustaría escribir
Como si durmiera como si jugara
No escribo yo sin embargo
Sino el otro el que verdaderamente
Canta y baila sube y baja
Una escalera cualquiera
En una ciudad cualquiera
Siempre rodeado de espuma
De palpitantes objetos rosados
Que sollozan y que gozan
Siempre provisto de una pluma
Una hoja de papel inmaculado
Miserable criatura
Que parece de carne y hueso
Porque respira tose se desespera
Escribe versos sombríos
Sin razón y sin sentido
Vetustos adjetivos y verbos
Que ya nadie conjuga
Que hace millares de años
Eran quizás estrellas
Que ahora son palabras
Puntos comas y latidos
Quizás poesía

 

Alguien dice

Alguien dice
Que en la noche del cohete
Y la computadora
Los verdaderos poetas
Ya no escriben
Sino piensan solamente
Avanzan sin tropiezo
Entre la nada y la materia
Atraviesan cifras y galaxias
Que quizás no existen
Yo mientras tanto
Escribo solamente
Solamente escribo
Otros dicen
Que los verdaderos poetas
Se ocupan del amor
De la primavera y de la muerte
Yo solamente escribo
Escribo solamente
Todo es palabra para mí
Palabras centelleantes son los días
Palabras mi corazón y mis costillas
Y los diez mil objetos
Zapatos sillas y botellas
Que me rodean como lobos
Palabras solamente
Y las diez mil parejas
Que copulan en la tierra
Como si fueran pájaros o peces
Palabras solamente
Porque la poesía
Que ahora mueve mi mano
Mueve también millares
Y millares de luceros
Como si fueran cerillas
No dice nada la poesía
Que ya no canta ni sonríe
Ni solloza entre las flores
Sino calla simplemente
En el tintero
¿Qué puedo yo agregar
A tanto silencio
Sino silencio
Más silencio
Sólo silencio?

 

Sueño que escribo

Las aguas del abismo
Donde me enamoraba de mí mismo

Francisco de Quevedo

Sueño que escribo    y mientras sueño
Escribo este poema
Sueño que soy niño todavía
Y que mi hermana viste noche y día
Una muñeca de cabellos rubios
Sueño una abuela dormida en una silla
Y mi hermano mayor en bicicleta
Sigo soñando que escribo
O quizás escribo cuando sueño
O sueño mientras escribo
O quizás soy viejo y mi pasado
Es un telón que sube y baja sin reposo
Un incesante torbellino de átomos azules
Que mi corazón y mi cabeza no comprenden
Pero yo veo siempre a mi hermana
Vistiendo una muñeca de cabellos rubios
Una abuela dormida en una silla
Y mi hermano mayor en bicicleta
Sueño que escribo    pero quizás
No sueño    y ni siquiera duermo
Y no hay ninguna hermana vistiendo
Una muñeca de cabellos rubios noche y día
Ninguna abuela dormida en una silla
Ningún hermano mayor en bicicleta
Sino tan sólo yo que escribo
Y que soy niño todavía

(Da De materia verbalis, Roma 1957-58)

 

Ceremonia solitaria ante un espejo cualquiera

A veces siento el fragor de las estrellas
En los huesos. Otras veces
En la planta de los pies. A veces canto
A veces lloro    me despierto entre sonrisas
Me acuesto entre quejidos
Confundo mi cabeza con mi ombligo
Mi corazón con mis zapatos. A veces grito
Estornudo    abrazo muebles    puertas    criaturas
Que me observan y no tienen ojos
Que me llaman y no tienen boca
Me miro en el espejo y veo un gorila solitario
Que devora terciopelo. Veo también
Millares y millares de personas
Todas iguales a mí    todas cubiertas de espuma
Toco una pared cualquiera
Y la confundo con la luna
Subo y bajo escaleras invisibles
Calles repletas de sombras
Autobuses encallados. Pero sobre todo
Sueño cosas absurdas
Un pedazo de pan con mantequilla
Por ejemplo    una taza de leche en el alba
Una caricia en la mejilla
Para luego despertarme y darme cuenta
Que nada de eso es posible    que verdaderamente
Tengo la cabeza en el ombligo
El corazón en los zapatos
Como millares y millares de personas
Todas cubiertas de espuma
Todas iguales a mí

 

Ceremonia solitaria en compañía de tu cuerpo

Penetro tu cuerpo tu cuerpo
De carne penetro me hundo
Entre tu lengua y tu mirada pura
Primero con mis ojos
Con mi corazón con mis labios
Luego con mi soledad
Con mis huesos con mi glande
Entro y salgo de tu cuerpo
Como si fuera un espejo
Atravieso pelos y quejidos
No sé cuál es tu piel y cuál la mía
Cuál mi esqueleto y cuál el tuyo
Tu sangre brilla en mis arterias
Semejante a un lucero
Mis brazos y tus brazos son los brazos
De una estrella que se multiplica
Y que nos llena de ternura
Somos un animal que se enamora
Mitad ceniza mitad latido
Un puñado de tierra que respira
De incandescentes materias
Que jadean y que gozan
Y que jamás reposan

(Da Ceremonia solitaria, Milano 1964)

 

Canción

Esta mañana
En una esquina del jardín
He enterrado mi corazón
No sé realmente
Si se trata de mi corazón
O de mi saxofón
Es posible también
Que mi corazón
Sea sólo una combinación
De mi sexo con mi saxofón
O que no exista el jardín
Sino tan sólo una canción
Que yo confundo con mi corazón
Y con mi saxofón.

 

Balanza

Es sólo un rayo
Proveniente de la nada
O quizás una mirada
Y yo que vivo
Con la luz
De un vaso de agua
En una mano
Y todo el peso
Del planeta
En la otra mano.

(Da Pequeña música de cámara, Milano 1965)

 

Amo los astros los amaneceres

Las aguas amargas
Las anguilas y las algas
Los árboles antiguos y las alimañas
Amo los armarios y las agujas
Las habitaciones amplias y sin almohadones
Los ángeles atroces pero arrodillados
Los amores de antes algo amarillentos
Casi siempre absurdos y aterciopelados
Y todas las palabras que empiezan por A
Aunque no digan
Ah

(Da Sin titulo, Milano 2000)

Genesi

Una parola sola come il sole
Una parola azzurra come la terra

La parola Adamo che dorme
Accanto alla parola Eva

 

 

Via Veneto

mi domando
se veramente
ho le mani
se possiedo realmente
una testa e due piedi
e non soltanto guanti
e scarpe e cappello
e perché mi sento
così puro
più puro ancora
e più prossimo alla morte
quando mi tolgo i guanti
il cappello e le scarpe
come se mi togliessi le mani
la testa e i piedi

 

Primavera a Villa Adriana

questa mattina di aprile
le foglie verdi coprono
il cuore di paolo
che non può camminare
né dire una parola
perché la vita pesa
questa mattina di aprile
come un tempio di carta
nell'ossigeno puro
e se dicesse una parola
soltanto una parola
il mondo intero brucerebbe

 

Campidoglio

lei non sa quanto pesa
un cuore solitario
ci sono notti in cui la lana scura
la lana tiepida che mi protegge
arriva fino in cielo
e mentre dormo mentre respiro
mentre singhiozzo
mi si versa il latte bollente
sul viso
e allora una maschera magnifica
col sorriso del re di spade
copre il mio pianto
e tutto questo non è niente ancora
lei non mi crederà
ma lottare lottare lottare
tutte le notti con una tigre
fino a trasformarla in magnolia
e svegliarsi
svegliarsi ancora e non sentirsi
stanco e rifare ancora
striscia dopo striscia la stessa odiata tigre
senza dimenticare gli occhi gli intestini
né l'alito fetido
tutto questo per me
è molto più facile molto più leggero
mi creda
che non trascinare ogni giorno
il peso di un cuore desolato

 

Foro romano

tutte le mattine quando mi sveglio
il sole brucia fisso nel cielo
il caffellatte fuma in cucina
io domando a chi sta con me
quante ore ho dormito?
ma nessuno mi risponde

apro gli occhi e con le braccia cerco un punto d'appoggio
tocco il mio tavolo di legno e la notte cade con violenza
un lampo spegne la luce del sole
come la luce di una candela
torno a domandare
il caffellatte secolare fuma ancora sulla polvere?
ma nessuno mi risponde

nel buio mi alzo e me lo bevo
ma confermo che il latte è gelato
e il caffè acceso giace come il petrolio
molti chilometri sotto terra:
una colonna silenziosa precipita tra le mie braccia
diventata cenere
bruscamente il sole torna a levarsi
e a tramontare velocemente
in una tempesta di foglie e di uccelli rossicci
dentro la mia stanza il tramonto splende un attimo
con le sue quattro sedie d'oro agli angoli
cerco di ricordare la mia infanzia con le mani
disegno alberi e uccelli per aria come un idiota
fischio canzoni di mille anni fa
ma un'altra colonna di cenere mi crolla tra le braccia
e le mie mani cadono coperte di rughe improvvise

chiaramente ora l'acqua del lavandino
mi ricorda i miei primi bagni nel fiume
vaghi rumori nudità profumi vento
maiali fradici sotto l'ombra degli aranci
la mia memoria è forse immortale come il tuo corpo?
quando ti spogli davanti a me
tu che non sei altro che un pezzo di marmo
montagna di polvere
colonna
orologio di cenere
osso sopra osso che il tempo mi scaraventa contro gli occhi?
non ricordo forse le ultime ore della notte
quando ti baciavo infuriato sulla mia branda di ferro
come se stessi baciando un cadavere?
io domando a chi sta con me
amore mio velocissimo
quanto tempo è passato da allora
quante ore
quanti secoli ho dormito senza contemplarti?
ma nessuno mi risponde

 

 

Mi piacerebbe scrivere

Mi piacerebbe scrivere
Come cantare come ballare
Come salire e scendere
Una scala qualunque
Di una qualunque città
Mi piacerebbe scrivere
Come dormire come giocare
Nondimeno non scrivo io
Bensì l'altro colui che veramente
Canta e balla sale e scende
Una qualunque scala
Di una città qualunque
Sempre avvolto nella schiuma
Tra palpitanti oggetti rosa
Che singhiozzano e gioiscono
Sempre fornito di penna
Di un foglio di carta immacolata
Misera creatura
Che sembra di carne e ossa
Perché respira tossisce si dispera
Scrive versi cupi
Senza ragione né senso
Vetusti aggettivi e verbi
Che nessuno ormai addotta
Che migliaia di anni fa
Erano forse stelle
Divenuti ormai parole
Battiti virgole e punti
Forse poesia

 

Qualcuno dice

Qualcuno dice
Che nella notte dello sputnik
E del personal computer
I veri poeti
Non scrivono più
Ma pensano soltanto
Avanzano senza intoppi
Fra la materia e il nulla
Attraversano cifre e galassie
Che magari non esistono
Intanto io
Scrivo solamente
Solamente scrivo
Altri dicono
Che i veri poeti
Si occupano dell'amore
Della primavera e della morte
Io solamente scrivo
Scrivo solamente
Ogni cosa è parola per me
Parole scintillanti sono i giorni
Parole il mio cuore e le mie costole
E i diecimila oggetti
Scarpe sedie e bottiglie
Che come lupi m'assediano
Parole soltanto
E le diecimila coppie
Che sulla terra si accoppiano
Come fossero volatili o pesci
Parole soltanto
Perché la poesia
Che ora muove la mia mano
Muove pure migliaia
E migliaia di comete
Come fossero cerini
Non dice nulla la poesia
Che ormai non canta né sorride
Né singhiozza in mezzo ai fiori
Ma semplicemente tace
Dentro il calamaio
Cosa potrei accostare
A così tanto silenzio
Se non silenzio
Ancora silenzio
Soltanto silenzio?

 

Sogno che scrivo

Le acque dell'abisso
Dove mi innamoravo di me stesso

Francisco de Quevedo

Sogno che scrivo    e mentre sogno
Scrivo questa poesia
Sogno che sono ancora un bimbo
E mia sorella veste giorno e notte
Una bambola dai capelli biondi
Sogno che la nonna dorme su una sedia
E mio fratello maggiore in bicicletta
E continuo a sognare che scrivo
O forse scrivo mentre sogno
O sogno mentre scrivo
O forse sono vecchio e il mio passato
È un sipario che sale e scende senza sosta
Un incessante turbinio di atomi celesti
Che il mio cuore e la mia testa non capiscono
Eppure vedo sempre mia sorella
Che veste una bambola bionda
La nonna che dorme su una sedia
E mio fratello maggiore in bicicletta
Sogno che scrivo    ma forse
Non sogno    e neanche dormo
E non c'è nessuna sorella che veste
Una bambola dai capelli biondi giorno e notte
Nessuna nonna addormentata su una sedia
Nessun fratello maggiore in bicicletta
Ma soltanto io che scrivo
E che sono ancora bimbo

 

 

Cerimonia solitaria davanti a uno specchio qualsiasi

A volte sento il fragore delle stelle
Nelle ossa. Altre volte
Sulla pianta dei piedi. A volte canto
A volte piango    mi risveglio fra sorrisi
Mi corico fra lamenti
Confondo la mia testa con l'ombelico
Il mio cuore con le scarpe. A volte urlo
Starnutisco    abbraccio mobili    porte    creature
Che mi osservano e son prive di occhi
Che mi chiamano e son prive di bocca
Mi guardo nello specchio e vedo un gorilla solitario
Che trangugia velluto. Vedo pure
Migliaia e migliaia di persone
Tutte uguali a me    tutte coperte di schiuma
Sfioro una parete qualsiasi
E la confondo con la luna
Salgo e scendo invisibili scalini
Strade piene di ombre
Autobus incagliati. Ma soprattutto
Sogno cose assurde
Un fetta di pane col burro
Per esempio    una tazza di latte all'alba
Una carezza sulla guancia
Per dopo risvegliarmi e capire
Che niente di tutto ciò è possibile    che davvero
Ho la testa nell'ombelico
Il cuore nelle scarpe
Come migliaia e migliaia di persone
Tutte coperte di schiuma
Tutte uguali come me

 

Cerimonia solitaria in compagnia del tuo corpo

Penetro il tuo corpo il tuo corpo
Di carne penetro sprofondo
Fra la tua lingua e il tuo sguardo puro
Prima con i miei occhi
Il mio cuore le mie labbra
Dopo con la mia solitudine
Con le mie ossa il mio glande
Entro ed esco dal tuo corpo
Come se fosse uno specchio
Passo tra peli e gemiti
Non so quale è la tua pelle o la mia
Quale il mio scheletro o il tuo
Il tuo sangue brilla nelle mie arterie
Simile a una stella
Le mie braccia e le tue braccia sono quelle
Di un astro che si moltiplica
E ci riempie di dolcezza
Siamo un animale che si innamora
Metà cenere e metà battito
Una manciata di terra che respira
Di materie incandescenti
Che ansimano e godono
Senza riposarsi mai

 

 

Canzone

Stamani
In un angolo del giardino
Ho sotterrato il mio cuore
Non so se veramente
Si tratti del mio cuore
O del mio sax
È possibile pure
Che il mio cuore
Sia soltanto una combinazione
Del mio sesso con il mio sax
E che non ci sia il giardino
Ma soltanto una canzone
Che io scambio con il mio cuore
E con il mio sax.

 

Bilancia

È soltanto un raggio
Procedente dal niente
O forse è uno sguardo
E io che vivo
Con la luce
Di un bicchier d'acqua
In una mano
E tutto il peso
Del pianeta
Sull'altra.

 

 

Amo gli astri e le albe

Le acque amare
Le anguille e le alghe
Gli alberi annosi e gli animali
Amo gli armadi e gli aghi
Le abitazioni ampie e senza arredi
Gli angeli atroci ma abbassati
Gli amori antichi un po' annebbiati
Quasi sempre assurdi e ammalianti
E tutte le parole che iniziano per A
Anche quelle che non fanno
Ah

(traduzioni di Martha Canfield)




Bibliografia di Jorge Eduardo Eielson

 

Opere poetiche

  • Reinos, Lima, ed. della rivista "Historia", 1945; 2a ed. La Clepsidra, Lima, 1973.
  • Canción y muerte de Rolando, La Rama Florida, Lima, 1959.
  • mutatis mutandis, La Rama Florida, Lima, 1967.
  • Poesía escrita, a cura di Ricardo Silva-Santisteban, Instituto Nacional de Cultura, Lima, 1976.
  • Poesía escrita, Vuelta, México, 1989.
  • Noche oscura del cuerpo, Jaime Campodónico Ed., Lima, 1989.
  • Antología, a cura di Rafael Vargas, F de CE, Lima/México, 1996.
  • Poesía escrita, a cura di M. Canfield, Norma, Bogotá, 1998.
  • Sin título, Pre-Textos, Valencia, 2000.
  • Celebración, Jaime Campodónico, Lima, 2001.
  • Canto visibile (con testo a fronte, versioni di M. Canfield, illustrazioni di Michele Mulas), Ori, Pistoia, 2002.
  • Nudos, Colección "Péñola blanca", Fundación César Manrique, Lanzarote, 2002.
  • La vida es una obra maestra, Ave del paraíso, Madrid, 2003.
  • Arte poética, a cura di Luis Rebaza Soraluz, Fondo Editorial de la Pontificia Universidad Católica, Lima, 2005.
  • De materia verbalis, Editorial Aldus/El Dorado-Snark Editores, México, 2005.
  • Del absoluto amor y otros poemas sin título (Milán 2001-2004), Pre-Textos, Valencia, 2005.


Opere in prosa

  • El cuerpo de Giulia-no (romanzo), Joaquín Mortiz, México, 1971.
  • Primera muerte de María (romanzo), Fondo de Cultura Económica, México, 1988.
  • El diálogo infinito, conversaciones con M. Canfield, Artes de México, México, 1995.


Traduzioni

  • Le corps de Giulia-no (trad. Bernard Lelong), Albin Michel, Paris, 1980.
  • Nuit obscure du corps (trad. Claude Couffon, testo a fronte), Altaforte, Paris, 1983.
  • Poesia scritta (a cura di M. Canfield, testo a fronte), Le Lettere, Firenze, 1993.
  • Ptyx (trad. in finlandese di Renato Sandoval e Irma Siltanen, con testo a fronte), Università di Helsinki, Helsinki, 1994.



Vedi anche:
Jorge Eduardo Eielson, "Gardalis"
a cura di Martha Canfield (numero 3, lug/set 2006)

Jorge Eduardo Eielson: Di stanza a Roma
di Andrea Santon (numero 7, lug/set 2007)