FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 2
aprile/giugno 2006

Cuore d'Africa

I FANTASMI AFRICANI PARLANO INGLESE
Note in margine ai racconti di Amos Tutuola

di Federico Platania


Entrambi i lunghi racconti che compongono La mia vita nel bosco degli spiriti dello scrittore nigeriano Amos Tutuola fondono insieme i modelli narrativi del romanzo di iniziazione e della quest tipica delle favole (un personaggio che abbandona la sua vita di tutti i giorni per partire alla ricerca di qualcosa).

Nel primo testo, Il bevitore di vino di palma, un uomo che, appunto, non fa altro che bere vino di palma dalla mattina alla sera, si mette in viaggio per recuperare colui che questo vino gli spillava, smarrito nella Città dei Morti. Nel secondo, La mia vita nel bosco degli spiriti, un bambino fugge dalla sua casa minacciata dalla guerra e si perde nella Selva dei Fantasmi, dove incontrerà una serie sorprendente di personaggi e avventure. Come spesso accade nella favole, l'obiettivo originario che aveva spinto alla partenza viene disatteso, ma si torna a casa con una ben più fruttuosa esperienza di vita.

Una curiosità: il titolo di questo libro ispirò un disco composto a quattro mani da David Byrne e Brian Eno: quel My Life In The Bush Of Ghosts che nonostante l'età resta una pietra miliare insuperata nel campo della musica elettronica e dello sperimentalismo più brillante.

Non sono pochi i motivi per leggere questo libro, ma uno prevale su tutti: l'incredibile lingua in cui è scritto (ottimamente tradotta da Adriana Motti che si è trovata di fronte ad un non facile compito). Tutuola scrisse questo libro negli anni Cinquanta, quando la zona dell'Africa Occidentale in cui viveva doveva ancora diventare l'attuale Nigeria. E lo scrisse nell'inglese maccheronico parlato dagli africani di etnia yoruba, di cui Tutuola faceva parte. Un inglese sgrammaticato (il cosiddetto pidgin english, noto a linguisti e antropologi), ricco di ripetizioni e molto disinvolto in fatto di preposizioni, declinazioni e avverbi. Tutto questo mentre gli esponenti della classe colta africana avevano faticosamente imparato a parlare un inglese impeccabile! Loro, indignati, gridarono allo scandalo. Gli inglesi, estasiati, gridarono al capolavoro (memorabile restò una entusiastica recensione di Dylan Thomas sull'Observer).

E in effetti Tutuola realizzò un'opera rivoluzionaria: si riappropriò della lingua dei suoi colonizzatori adattandola alla libertà espressiva della tradizione orale della sua gente, quella dei cantastorie e dei folktale.

Amos Tutuola, La mia vita nel bosco degli spiriti (Adelphi, 1983 - pagg. 253 Euro 15,00)



Amos Tutuola AMOS TUTUOLA

Amos Tutuola (1920-1997) nacque ad Abekouta (Nigeria) da una famiglia di religione cristiana e di umili origini. Lui stesso, nell'arco della sua vita, si mantenne grazie a semplici mestieri: domestico, coltivatore di cacao, fabbro, fattorino. Fu proprio durante quest'ultimo impiego che, sfruttando i molti tempi morti del lavoro, si dedicò alla scrittura. Il bevitore di vino di palma e La mia vita nel bosco degli spiriti furono le sue prime prove che riscossero un immediato successo (sebbene lui scelse di continuare a fare il fattorino per diversi anni).
Da lì ebbe origine la sua carriera di scrittore che proseguì con Simbi e il satiro della giungla oscura fino ai più recenti Ajaiyi e la sua povertà ereditata e La strega erborista della città remota.
Chi lo ha conosciuto di persona racconta che il suo modo di parlare non aveva nulla da invidiare all'enfasi estrosa e fiabesca dei suoi racconti.

 

federico.platania@virgilio.it