FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 67
luglio 2024

Primavera

 

ESITANTI PRIMAVERE

di Franca Figliolini



PRIMAVERE
        Quali radici si afferrano, quali rami crescono
        su queste rovine di pietra?

                       T. S. ELIOT, LA TERRA DESOLATA
Sebbene gli anni si contino a primavere
e così l’intensificarsi delle guerre,
l’uscita dalle trincee della fanteria
nei campi di fango e terra nera
pronti a ricoprirsi di grano papaveri fiordalisi e cadaveri,
ancora oggi così per sempre così
senza soluzione di continuità
fino all’Armageddon;
sebbene inoltre molto sia cambiato
tra piogge assassine, grandini rovinose,
siccità roventi, venti funesti,
ondate di calore e improvvisi freddi
che scricchiolano nelle ossa
dell’età che avanza; sebbene, dicevo,
accada tutto questo,
succede anche che tra le crepe del marciapiede
tornino a crescere i denti di leone
i platani si rivestano di verde
mentre il rigoglio di oleandri e bouganville
sfida sfacciato l’azzurro del cielo.
Gli esseri volanti rinnovano i loro canti
e io la mia illusione: che tutto ricominci,
che tutto sarà risolto e vivido di bellezza.

(14-6-2024)


HANAMI

          (A Matteo N.)
Non avremmo mai passeggiato insieme
sotto la cascata rosa
né mai lo faremo, ma di questo
non parliamo: parliamo della bellezza
che fiorisce intrepida e solenne
facendo tesoro dell’ingiuria dell’inverno.
I rami neri si piegano sotto il peso
dei fiori gloriosi. Una pioggia di petali
avvolge le nostre ombre.


IN ATTESA DELLA PRIMAVERA

vorrei qualcosa di leggero, un tocco, un segno
sulla fronte. Qualcosa con le caratteristiche
dell’innocenza, che azzeri l’attesa in cambio
del presente, perfonda d’azzurro tutto,
tutto ciò che mi circonda. Esseri viventi e cose
trascesi nel colore, vividi e sublimi. Tutto così
d’attimo in attimo immortale.


EPPURE È MAGGIO

Senti come il vento scuote le cime dei platani
frusta la ringhiera del balcone
- prigione minore autoimposta dalla futile disciplina
della tristezza.
Fuori, d’altronde, accade di tutto
e sempre lo stesso, per l’ignominia
e il dolore delle genti e di quelli che amo,
fino al mio personale:
la ferita continua della vita e della morte
che incalza e strazia.
Eppure è maggio, e gioco a vantare la luce
e i suoi riflessi, l’effimera bellezza dei fiori,
la macroscopica tavolozza di azzurri del cielo
e del mare ondivagante
o la forza dell’amore, che acquietano,
quand’anche, la calamita ossimorica,
l’eterno contrario che ci travolge.
Sono niente, sono tutto: in venti metri quadri di spazio
infinito, risolto dalle ragioni della geometria
vago
cercando qualcosa da trovare.


SOLSTIZIO

rari amori miei
splendenti come gioielli
incastonati nella collana dei giorni,
ciascuno col suo colore che vibra,
nondimeno la primavera
andrà salutata lo stesso
anche se i fiori più appariscenti
sono come sempre bombe
e morti squarciati
vittime sacrificali di retoriche omicide
lontani/vicini, ovunque
si volga lo sguardo
da questo nostro covile
più o meno tranquillo
che oggi rifulge di sole
e immeritato tepore


I COLORI DI ROMA

grida quel gabbiano
tra i tanti gabbiani:
volteggia ad ali spiegate sul biancore del marmo
nei pressi del fiume,
là dove si piega e si stonda
ad abbracciare i vicoli e le piazze
oltre le cime dei platani che inverdiscono
in questa primavera esitante
che si confonde nel grigio.
Ah, sì! questo grigio di Roma
queste tinte sfumate dei palazzi
che sottendono l’azzurro e l’esplosione dei colori
e che disegnano lo sguardo
inchinandolo alla bellezza,
costringendolo a non vedere altro
a non amare altro:
è qui
è qui il motore immobile la causa apparente

qui

la radice profonda dell’appartenenza
il grido al cielo
l’illusione di eternità


NEL PRATO (*)

perdermi perdermi
nell’erba tra i fiori
compenetrata di colore abbandonarmi
al giallo al verde al viola
che vibrano
nella loro frequenza vibrano
attraversando la mia pelle vibrano

orgasmo dell’esistere così
semplicemente
rosse le guance e le labbra
abbandonata
pura biancovestita
le narici piene degli odori della terra

vi allungherò le dita
perché mettano radici

(*) Il titolo è lo stesso del quadro di C: Monet “Dans la prairie”.



PRIMAVERA COSMICA (*)

Profonda eco inatteso richiamo
come un chiarore si diffonde
nel corpo. Le mani si aprono
gli occhi si spalancano
colmi di liquido stupore.
Guarda come tutto si protende
si inarca fibra dopo fibra si apre
allo sconfinato azzurro

Eccomi sono qui toccami

(*) Il titolo è lo stesso di un quadro di František Kupka.




francafi@gmail.com