FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 67
luglio 2024

Primavera

 

MARCO TESTI, LA CETRA E LA PENNA

di Alessio Brandolini



Quante canzoni abbiamo ascoltato nel corso della nostra vita? Fin dall’infanzia o ancor prima, quando i nostri genitori sorridendo ci cantavano una ninna nanna o le filastrocche che sapevano a memoria. E poi sotto la doccia, pedalando o in auto, sempre ripetiamo intere strofe di vecchi brani di cui a volte non sappiamo nemmeno bene il significato ma sì l’allegria che contengono e quella leggerezza che fa volare. Canzoni “leggere” assorbite e gustate da chi le ascolta, le canta o semplicemente se le ripete nella mente più e più volte e nel frattempo – inconsapevolmente – cambiano l’umore, la vita, fanno sognare e stare meglio.

Marco Testi è un noto critico letterario ma anche romanziere, esperto di musica e chitarrista egli stesso e questo suo ultimo lavoro, La cetra e la penna, entusiasma e sorprende il lettore per la sua vasta conoscenza, la chiarezza espositiva, le annotazioni, i riferimenti letterari e musicali e, allo stesso tempo, per la sua agilità di lettura, la novità dell’argomento, la scorrevolezza ma che bene approfondisce le varie tematiche senza pedanterie e analizzando i testi delle canzoni, accostandoli l’un l’altro, suscitando curiosità, voglia di conoscenza e, soprattutto, di riascoltare i brani citati.

Un bel libro diviso in diciotto capitoli che traccia la storia della canzone italiana, incrociando la letteratura mondiale alla musica popolare che poi è il sottotitolo del volume: “Dalla letteratura alla canzone d’autore”. Separazione di generi, quello della poesia e della canzone, un po’ antiquata ma utile a non smarrirsi nel vasto (infinito) mondo artistico, per mantenere una divisione concettuale tra la parola “letteraria” e quella cantata, tra musica e letteratura. Differenza sottile perché spesso – e il libro di esempi in tal senso ne fa parecchi – i due mondi si accavallano, convivono, si alimentano a vicenda. Separazione pratica per approfondimenti e analisi specifiche, di settore, per entrare nelle storie e nelle evoluzioni di un particolare mezzo artistico, come quello della canzone italiana d’autore che ha un suo punto di partenza, una specifica evoluzione.

La poesia alle sue origini veniva recitata sempre accanto alla musica, nell’antichità classica greca e romana lo strumento preferito era la cetra e di solito lo stesso musicista, suonando, declamava poesie. La metrica si è evoluta per ricreare tramite i versi dei suoni, musicalità, ritmi per guidare il lettore durante la lettura e in qualche modo portarlo oltre la stessa parola scritta, nella magia della poesia, appunto, che apre nuovi sentieri e finestre sul buio, fa scoprire altri mondi. Il testo poetico si è conquistato nel corso dei secoli la propria indipendenza dal canto, dalla musica ma quel legame originario non si è mai dissolto del tutto. Il canto ha preso la strada della melodia, del ritornello, del tormentone estivo, dei gruppi rock, della canzone d’autore e ha percorso (ed esplorato) diverse strade. Il libro di Marco Testi segue con esattezza questi percorsi: la canzone italiana, quella francese, angloamericana, brasiliana… Ognuna con le sue caratteristiche, i classici, le improvvise aperture, i capolavori. Parla dei maestri imprescindibili della canzone d’autore ma, simultaneamente, anche maestri di letteratura, non solo Dylan, premiato nel 2016 con il Nobel, ma anche Leonard Cohen, Georges Brassens, The Beatles, Elvis Presley, The Rolling Stones, David Bowie, Lou Reed e molti, molti altri. Qui si dimostra come la canzone derivi direttamente dalla letteratura, dai classici, persino dalla Bibbia. Nella scrittura dei testi della canzone d’autore i riferimenti sono molteplici, talvolta spiazzanti, così accade anche nel rock progressivo italiano. Per esempio il gruppo degli Osanna, nato a Napoli agli inizi degli anni Settanta, incide un brano della colonna sonora del film Milano calibro 9 (1972) con musica di Luis Bacalov e testo poetico che deriva da un brano dei Byrds, a sua volta proveniente da una canzone di Pete Seeger che riecheggiava una poesia di Eliot il quale citava le Ecclesiaste… E allora: come separare la canzone dalla letteratura?

Un testo appreso da giovani e poi riascoltato, magari a sorpresa, alla radio, ci fa subito tornare a vivere giorni felici o, al contrario, l’antica paura di non intraprendere la strada giusta, di non incontrare una ragazza da amare e di essere amati, titubanze che poi da adulti si rivivono con nostalgia e che la musica, le canzoni di allora ci hanno aiutato a superare, ci hanno accompagnato come amici fedeli e donato speranza e fiducia. Canzoni che ci riportano indietro nel tempo e sono un messaggio in bottiglia già letto tante volte eppure con qualcosa incessantemente di nuovo da aggiungere. Canzoni che sono anche un mistero per via di quel miscuglio di forti emozioni che ci coinvolgono e innalzano sottili ponti tra presente e passato.

Cos’è la canzone? Conta di più la musica o il testo scritto?
Ognuno avrà la sua opinione in base al carattere, al proprio sentire. Marco Testi sottolinea però una cosa fondamentale: “La canzone è la storia di un continuo rovesciarsi di azioni, sentimenti, pensieri e dell’intermittenza di una volontà che cede alla situazione, al momento, alla sensazione”. La canzone rispecchia sì i tempi in cui viviamo, la società, i sogni di un’epoca, i problemi del lavoro, di coppia, l’amicizia, la solitudine ma un buon testo è sempre qualcosa di sorprendente: nuovi ritmi, combinazioni di accordi diversi, altre parole schiudono porte dissimili da quelle consuete e gettano sguardi obliqui sul presente, veicolano messaggi che fanno riflettere sul proprio sé e sull’ecosistema in cui viviamo. La canzone è un breve viaggio che può condurre molto lontano, descrive emozioni ed esalta la possibilità di viverle più intensamente, affina le possibilità di percezione dei sensi e della mente.

Battiato, Tenco, Dalla, Vasco, Lolli, Battisti, Vecchioni, Guccini, Cocciante, De André, Branduardi, De Gregori, Paoli e quanti altri ancora? Per restare solo nell’ambito italiano. Canzoni che durano poco più di tre minuti e che in noi lasciano un segno indelebile tra musica, testo scritto, interpretazione vocale, arrangiamento: diverse storie e arti si mescolano, si uniscono in pochi minuti. Quasi un miracolo che poi trasportiamo in noi per sempre, con gioia e riconoscenza.
Il sentiero poetico è universale e la poesia passa anche attraverso la canzone: molti i riferimenti letterari, indietro fino a Leopardi, Dante, Rimbaud, fino alle Ecclesiaste con quel “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire”, filo rosso di tante canzoni.

La cetra e la penna di Marco Testi è un viaggio carico di emozioni che suscita ricordi e voglia di mettersi all’ascolto, di tirare fuori un vecchio disco in vinile, spolverarlo per bene e stenderlo sotto la “testina fonografica”. Oppure, sfruttando le nuove tecnologiche che rendono tutto più facile, dire al nostro “assistente vocale” dotato di intelligenza artificiale: “fammi ascoltare L’animale di Battiato” e parte la voce del cantante siciliano, oppure diciamo: “metti Il cielo in una stanza” ed ecco la voce di Gino Paoli o quella di Mina o di tanti altri che hanno interpretato questa splendida canzone scritta nel 1960 e arrangiata nel 1962 da Ennio Morricone. Un brano rivoluzionario: senza rima baciata né ritornello, cantato quasi parlando, in raffinata simbiosi tra testo poetico e melodia, tra musica e parole. Un brano considerato tra i più belli della canzone mondiale. Ecco perché quando diciamo al nostro “assistente vocale” metti Il cielo in una stanza si spalanca il tetto della nostra casa e le stelle ci sembrano più vicine.


Marco Testi, La cetra e la penna, Àncora Editrice, Milano 2024, pagg. 206, euro 19.


alexbrando@libero.it