FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 65
novembre 2023

Autunno

 

TOPI SULLE TRAVI

di Giancarlo Cavallo




PROLOGO

I morti non sono morti, no
abitano dentro di noi
da qualche parte
e aspettano
aspettano


I

Le voci all’improvviso
confuse come da generazioni
una sconosciuta passante per strada
quasi una vecchia fotografia sbiadita
nemmeno un nome, no, nemmeno un nome
solo tempo accumulato su cristalli d’argento
qualcuno che guarda tanto aldilà del tuo sguardo
da un secolo a un altro, da un altro millennio, occhi
ti scavano dentro un solco profondo fino a raggiungere
la parola padre, la parola madre, la parola figlio, futuro
è il segreto racchiuso nello sguardo che ti guarda mentre tu
ancora una volta scruti interrogando lo specchio del silenzio
ci siamo venuti inconsapevolmente incontro sconosciuti parenti
rimasti per decenni fermi nel tempo mentre io stavo invecchiando
o solo vecchia carta stinta pronta a svanire col mio stesso futile destino.


II

Voci dicevo, voci
assenti, dimenticate, sparite
per sempre in questo film muto
nessuno ricorda le voci eppure bastava
una sola parola, un gemito, un urlo, per dire
se un uomo, una donna, un vecchio, un bambino
se il mare ora fosse in tempesta oppure in bonaccia
se casualmente quel giorno qualcuno avesse incontrato
il proprio ineluttabile destino, la subdola linea della morte
quella troppo breve dell’amore o l’infinita solitudine perfino
ma queste voci fatte di silenzio dicono di tempi e ansie e sogni
dicono, senza parole e senza suoni, il rumore dei topi sulle travi
lo scoppio sordo e cupo della disgrazia la pudica carezza sulla guancia
il bacio mai dato l’offesa ricevuta lo scorrere del fiume dei giorni dall’alba
al tramonto e una notte di luci troppo fioche per vincere un tale tripudio di stelle.


III

Chissà se di notte
qualcuno apre ancora
una vuota valigia di vento
appende i ricordi all’immaginario
fragile filo della memoria e dell’inganno
spolvera lettere piene d’amore e frasi fatte
beve il vino triste del solitario fante di coppe
e poi si perde nel dedalo di strade mai costruite
mentre dal ponte dei suicidi rugginosa gorgheggia
la sirena dei buoni propositi e dei rimpianti fraudolenti.
Dimmi: quanto ti è costato il ritratto, la durata
del tempo di posa, la lastra l’attesa lo scatto,
era nuovo il vestito o preso in fitto?
E il cappello ha coperto davvero
ogni recondito pensiero?




IV

Il fantasma
del tuo pianoforte
ha lasciato un’impronta
sul muro un’ombra sonora
Butterfly lieve farfalla s’aggira
tra le candele sorrette dall’ottone
tasti neri tasti bianchi vecchie foto
in bianco e nero fiori secchi dentro
le pagine ingiallite di un vecchio libro
fiori dipinti sopra un foglio col tuo nome
vissi d’arte vissi d’amore morii di un maligno
incurabile male e forse non smisi allora di amare.
Restano soltanto le mie parole per il tuo vivido sterile
fiore le foto di un tempo forse felice un disco di coccio
troppe volte graffiato dall’impietosa punta del grammofono.


V

Da quanto
si è fermata
la clessidra
da quanto
ha smesso
di avere senso
la parola tempo?
Una patina sbiadita
sul sogno di una vita
in questa eclissi di senso
scorrono rapidamente
memorie di memorie
e la pioggia più
non bagna
la terra delle tombe.




VI

L’altra oscura fascinosa metà della luna
vestita di guerra di neve e farina
vestita di piume e sfortuna
di specchi d’amore infranto
di morte cresciuta dentro
per tutta la vita.
Ferita Gemma appena sbocciata
primavera gelata per sempre
negli acidi di una foto
in perdute lettere d’amore
rimpianto e fedeltà interminate.
Per te canto una canzone dimenticata
che riecheggiava dai vicoli oscuri di Napoli
fino in Albania in Brasile e nelle dolenti
scure tradotte che andavano al Piave.


VII

Allineare
l’occhio, la mente
e il cuore per vedere
oltre l’avvicendarsi alterno
di chiaro e scuro sul cartoncino
quello che non c’è sul retro e sul bordo
un dolore sordo un’immensa gioia
il riaffiorare di un volto noto
il lancinante ricordo.
I fragili ritratti delle foto
di avi e lontani antenati
soli sopravvissuti
all’incessante
rumore
del tempo.


VIII

La chiocciola
lenta del tempo
scala l’alto muro
dell’eterno ritorno
del bisogno di futuro.
Un bimbo ansioso aspetta
di vederla uscire dal guscio
di crescere e diventare grande
è già l’uomo con la barba della foto
è ancora il minuscolo cavaliere del sogno
incerto e misterioso del divenire
è già lucida bava che il sole
ora dipinge d’argento
mentre in silenzio
la sta seccando.




IX

Fiori
non fiori
fiori secchi
fiori dipinti
fiori nelle foto
finzioni di vite sfiorite
appassite seccate disfatte.
Scoloriti inodori eppure fiori
se nella mente ancora risuona
il lieve crepitio della carta stagnola
se un silenzioso vento porta il profumo
inconfondibile di un tempo in nero e bianco
tracce che al tatto sussurrano grate parole
sorgerà dopo di me ancora il sole
su sconosciuti vasti prati fioriti.


X

Topi sulle travi
della mente e del cuore
impercettibile eco d’anime
ricorrente notturno rumore
fantasma ineffabile su lastra
fotografica tempo inesorabilmente
fermo memoria di memoria
intrappolata nella rete
secolare degli sguardi
voci perdute gesti
dimenticati
la spazzola scivola
sui lunghi bianchi capelli
vedo nello specchio del silenzio
ora il mio volto confondersi nel loro.


EPILOGO

E aspettano, aspettano…
Futura memoria
quasi un ossimoro
sogno incubo
desiderio bisogno
morte vita
piuma d’angelo
scala di grigi
topi sulle travi
inesorabile lieve
rumore del tempo.


gccaval@gmail.com