FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 64
luglio 2023

Estate

 

L'ANGOLO DI ED

a cura di Giuseppe Ierolli



Un pomeriggio d'estate


F104-J122

A something in a summer's Day
As slow her flambeaux burn away
Which solemnizes me.

A something in a summer's noon -
A depth - an Azure - a perfume -
Transcending extasy.

And still within a summer's night
A something so transporting bright
I clap my hands to see -

Then vail my too inspecting face
Lest such a subtle - shimmering grace
Flutter too far for me -

The wizard fingers never rest -
The purple brook within the breast
Still chafes it's narrow bed -

Still rears the East her amber Flag -
Guides still the sun along the Crag
His Caravan of Red -

So looking on - the night - the morn
Conclude the wonder gay -
And I meet, coming thro' the dews
Another summer's Day!

    Un qualcosa in un Giorno d'estate
Mentre lenta i suoi fuochi consuma
Che mi rende solenne.

Un qualcosa in un meriggio d'estate -
Un'intensità - un Azzurro - un profumo -
Che trascende l'estasi.

E ancora in una notte d'estate
Un qualcosa che così radiosamente rapisce
Che batto le mani al vederla -

Poi nascondo il mio viso troppo curioso
Per paura che una tale sottile - luccicante grazia
Fluttui troppo lontana da me -

Le magiche dita non riposano mai -
Il purpureo ruscello nel petto
Incessante logora il suo esiguo letto -

Ancora alza l'Oriente la sua ambrata Bandiera -
Guida sempre il sole lungo la Rupe
La sua Rossa Carovana -

E così mirando - la notte - il mattino
Si conclude la lieta meraviglia -
Ed io incontro, spuntato dalla rugiada
Un altro Giorno d'estate!

Un inno a un giorno d'estate che nasce, vive, muore e risorge. Nelle prime tre strofe il lento svolgersi del mattino, del mezzogiorno, della sera, con l'interazione di "a something" e "a summer" appena variata nella terza dallo spostamento al verso successivo di "a something". Nella quarta la paura che una tale meraviglia finisca troppo presto, svanisca prima di riuscire a goderla. Nella quinta e nella sesta le magiche dita della natura continuano instancabili il loro lavoro, il colore purpureo dell'alba riprende il suo corso incessante (ma in questi due ultimi versi possiamo anche leggere il sangue che scorre veloce nell'esiguo letto delle vene, per l'emozione di fronte a un tale spettacolo) e il sole compie il suo giro perenne. Nell'ultima la sintesi di un ciclo che non cesserà mai di stupirci.

 

F549-J307

The One who could repeat the Summer day -
Were greater than itself - though He
Minutest of Mankind should be -

And He - could reproduce the Sun -
At period of going down -
The Lingering - and the Stain - I mean -

When Orient have been outgrown -
And Occident - become Unknown -
His Name - remain -

    Colui che fosse capace di replicare un giorno d'Estate -
Sarebbe più grande di esso - anche se
Fosse il più minuscolo del Genere Umano -

E se - fosse capace di riprodurre il Sole -
Nel momento del suo calare -
L'Indugiare - e lo Scolorare - intendo -

Quando l'Oriente è stato superato -
E l'Occidente - divenuto Ignoto -
Il Suo Nome - rimarrebbe -

L'impossibilità di replicare, di riprodurre con linguaggio o arte umana la grandezza e l'infinita bellezza della natura, qui rappresentata in due dei suoi momenti più presenti nei versi di ED: un giorno d'estate e il tramonto.

 

F610-J354

From Cocoon forth a Butterfly
As Lady from her Door
Emerged - a Summer Afternoon -
Repairing Everywhere -

Without Design - that I could trace
Except to stray abroad
On miscellaneous Enterprise
The Clovers - understood -

Her pretty Parasol be seen
Contracting in a Field
Where Men made Hay -
Then struggling hard
With an opposing Cloud -

Where Parties - Phantom as Herself -
To Nowhere - seemed to go
In purposeless Circumference -
As 'twere a Tropic Show -

And notwithstanding Bee - that worked -
And Flower - that zealous blew -
This Audience of Idleness
Disdained them, from the Sky -

Till Sundown crept - a steady Tide -
And Men that made the Hay -
And Afternoon - and Butterfly -
Extinguished - in the Sea -

    Fuori dal Bozzolo una Farfalla
Come una Signora dalla sua Porta
Emerse - Un Pomeriggio d'Estate -
Rassettando Dappertutto -

Senza un Intento - che io potessi scorgere
Tranne di andarsene in giro
Per eterogenee Imprese
Che i Trifogli - conoscevano bene -

Far vedere il suo grazioso Parasole
Che si richiude in un Campo
Dove Uomini lavoravano il Fieno -
Poi lottare accanitamente
Con una Nuvola che le si contrappone -

Dove Altri - Fantasmi come Lei -
In Nessun Posto - sembravano andare
In Circonferenza senza scopo -
Come fosse un'Esibizione intorno al Mondo -

E nonostante l'Ape - si industriasse -
E il Fiore - sbocciasse zelante -
Questo Pubblico di Oziosi
Non li degnava di uno sguardo, dal Cielo -

Finché non si insinuò il Tramonto - una Marea costante -
E gli Uomini che avevano sistemato il Fieno -
E il Pomeriggio - e la Farfalla -
Si estinsero - in quel Mare -

Un quadro naturale descritto nel suo ciclico rinnovarsi, con una domanda di fondo alla quale è impossibile rispondere, che ci lascia interdetti quando cerchiamo di scoprirne il segreto (v. 5). Forse soltanto la natura stessa riesce a comprendere il suo segreto (v. 8), in quella "circonferenza senza scopo" (v. 16) che appare al più una "esibizione intorno al mondo" (v. 17) a chi cerca di carpirne il senso con gli occhi della razionalità.
Nella strofa finale tutti i protagonisti (gli uomini che lavorano i campi, la farfalla, tutto quel pomeriggio pieno di vitalità) si estingue in un tramonto che, come il mare, nasconde tutto sotto la sua coltre in attesa dell'inevitabile risveglio. L'ultima immagine può però anche essere letta in un altro senso, non in contrasto ma complementare: la vita segue il suo naturale, inspiegabile corso ed è destinata fatalmente a soccombere al tramonto-morte, in quel mare che può essere il nulla infinito o l'immortalità.

 

F811-J930

There is a June when Corn is cut
And Roses in the Seed -
A Summer briefer than the first
But tenderer indeed

As should a Face supposed the Grave's
Emerge a single Noon
In the Vermillion that it wore
Affect us, and return -

Two Seasons, it is said, exist -
The Summer of the Just,
And this of our's, diversified
With Prospect - and with Frost -

May not our Second with it's First
So infinite compare
That We but recollect the one
The other to prefer?

    C'è un Giugno quando il Grano è tagliato
E le Rose nel Seme -
Un'Estate più breve della prima
Ma più tenera in verità

Come se un Volto creduto nella Tomba
Emergesse in un singolo Mezzogiorno
Nel Vermiglio colore che aveva
Ci commovesse, e sparisse -

Due Stagioni, si dice, esistono -
L'Estate del Giusto,
E questa nostra, diversificata
In Aspettativa - e in Gelo -

Non potrebbe la Seconda con la Prima
Così infinita confrontarsi
Tanto da tenerci solo il ricordo dell'una
Preferendo l'altra?

Nelle prime due strofe la descrizione di due estati: quella canonica che va da giugno ad agosto, e l'altra, l'indian summer (o estate di San Martino) che talvolta ci sorprende al limitare dell'inverno, come se all'improvviso ricomparisse qualcuno che credevamo morto. Nelle due strofe finali le due estati diventano metafora delle due parti della nostra esistenza: la prima è quella infinita e atemporale dell'immortalità, della certezza di una luce forte e calda a cui non seguirà mai il gelo dell'inverno; la seconda è quella caduca e breve della nostra esistenza terrena, che ogni volta ci ammalia e ci commuove con il suo spettacolo di improvvisa rinascita, anche se poi sappiamo di dover affrontare il gelo dell'inverno. Insomma, l'estate eterna ci attira, se dovessimo scegliere la preferiremmo all'altra, ma, ci chiediamo, perché non può esistere un modo per averle entrambe? Non si potrebbe entrare nell'estate eterna portando con sé almeno il ricordo di quella terrena, così capricciosa ma anche così tenera?
Nell'ultima strofa ED ci pone, con la leggerezza di una ingenua domanda, di fronte ad uno dei temi più sentiti da chi crede nell'aldilà, nell'immortalità dell'anima: sapere se in questa ipotetica eterna estate potremo mantenere il ricordo della nostra vita terrena. Altrimenti, che gusto ci sarebbe ad assaporare una gioia eterna senza più la memoria di quella che è stata la nostra vita mortale, sia pur breve e sofferta?

 

F915-J956

What shall I do when the Summer troubles -
What, when the Rose is ripe -
What when the Eggs fly off in Music
From the Maple Keep?

What shall I do when the Skies a'chirrup
Drop a Tune on Me -
When the Bee hangs all Noon in the Buttercup
What will become of Me?

Oh, when the Squirrel fills His Pockets
And the Berries stare
How can I bear their jocund Faces
Thou from Here, so far?

'Twould'nt afflict a Robin -
All His Goods have Wings -
I - do not fly, so Wherefore
My Perennial Things?

    Cosa farò quando l'Estate turbinerà -
Cosa, quando la Rosa sarà matura -
Cosa quando le Uova s'involeranno in Musica
Dalla Custodia dell'Acero?

Cosa farò quando dai Cieli cinguettanti
Cadrà una Melodia su di Me -
Quando l'Ape s'attaccherà ogni Meriggio al Ranuncolo
Cosa sarà di Me?

Oh, quando lo Scoiattolo si riempirà le Tasche
E le Bacche occhieggeranno
Come potrò sostenere i loro Volti giocondi
Tu da Qui, così lontano?

Non si affliggerebbe un Pettirosso -
Tutti i Suoi Beni hanno Ali -
Io - non so volare, perciò a che Servono
Le mie Cose Perenni?

L'arrivo dell'estate porterà alla rinascita della natura: lo sbocciare delle rose, il cinguettio degli uccelli, l'infaticabile lavoro dell'ape e dello scoiattolo, il crescere delle bacche. Ma tutto questo rifiorire, questa gioia che pervade il mondo, perde d'importanza finché chi si ama è lontano. Un pettirosso non si preoccuperebbe di questa lontananza, perché ha ali che lo possono portare dappertutto, io che non le ho, che non posso volare, mi chiedo allora: a che serve tutto ciò che ho, se non ho ciò che vorrei?
Al primo verso "trouble" significa generalmente "preoccupare, rendere ansioso, affliggere". Credo però che in questo verso ED abbia utilizzato quello che nel Webster è chiamato "primary sense", derivato dal latino "turbo, turbinis", ovvero: "volteggiare, agitare, roteare". Perciò ho tradotto con "turbinare", per mantenere anche un'assonanza fonetica con l'originale.

 

F1380-J1353

The last of Summer is Delight -
Deterred by Retrospect.
'Tis Ecstasy's revealed Review -
Enchantment's Syndicate.

To meet it - nameless as it is -
Without celestial Mail -
Audacious as without a knock
To walk within the Vail.

    La fine dell'Estate è Delizia -
Frenata dalla Rimembranza.
È rivelata Rivisitazione dell'Estasi -
Assemblea d'Incanto.

Incontrarla - senza nome com'è -
Senza Corazza celeste -
Audace come senza bussare
Introdursi in un Velo.

La bellezza dell'estate che finisce è offuscata dal ricordo dello splendore che ci ha donato, ma è un ricordo che sembra rivelarci ancora una volta quell'estasi e quell'incanto che provavamo vivendola. E ancora, è un tempo senza nome, non più estate e non ancora autunno, che ha ormai perso la sua lucente corazza; cercare di svelarne la misteriosa essenza è come voler entrare senza bussare in una casa incorporea, che sfugge ai nostri sensi.

 

F1483-J1506

Summer is shorter than any one -
Life is shorter than Summer -
Seventy Years is spent as quick
As an only Dollar -

Sorrow - now - is polite - and stays -
See how well we spurn him -
Equally to abhor Delight -
Equally retain him -

    L'Estate è più corta di qualsiasi cosa -
La Vita è più corta dell'Estate -
Settant'anni si spendono in fretta
Come un singolo Dollaro -

Il Dolore - ora - è garbato - e resta -
Guarda come siamo bravi a disdegnarlo -
Egualmente aborrire la Gioia -
Egualmente trattenerla -

Tutto ciò che è gradevole sembra così corto: l'estate, ancora di più la vita, che sembra svanire in un istante, anche se si riesce a viverla fino in fondo. La stessa cosa accade per i sentimenti che proviamo: disdegnamo il dolore, ma lui, se pur con garbata cortesia, resta sempre al nostro fianco. Il contrario accade per la gioia: quanto sarebbe bello invece disdegnare allo stesso modo anche lei e riuscire però a trattenerla a lungo con noi.

 

F1622-J1773

The Summer that we did not prize
Her treasures were so easy
Instructs us by departing now
And recognition lazy -
Bestirs itself - puts on it's Coat
And scans with fatal promptness
For Trains that moment out of sight
Unconscious of his smartness -
    L'Estate che non apprezzammo
Tanto facili erano i suoi tesori
Ci istruisce ora che se ne sta andando
E il riconoscimento è tardo -
Si scuote - mette il Soprabito
E vaglia con fatale prontezza
Treni in quel momento fuori di vista
Inconsapevoli della sua sveltezza -

Le cose si apprezzano soltanto nel momento in cui le stiamo perdendo, ed è quasi sempre troppo tardi; così, l'estate vissuta senza apprezzarne troppo i tesori ci insegna a valutarla degnamente mentre si sta accomiatando, quando diventiamo consci di quei tesori che ci sembravano così facili da godere e di cui sentiremo certo la mancanza.
Gli ultimi tre versi li ho interpretati come un'immagine dell'estate che va alla stazione, legge attentamente gli orari delle partenze e resta in impaziente attesa del primo treno, che ancora non si vede, un treno che è inconsapevole di quel passeggero che va di fretta perché deve lasciare il posto all'autunno che arriva.

 


Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F").

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