FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 60
marzo 2022

Luna

 

LA LUNA
Cerimoniosi silenzi

di Simona Garbarino



1)

Nata di lunedì.
Qualcosa mi autorizza
a ritenermi un po’ figlia,
un po’ sorella della Luna.
Forse da lei arriva
la mia bizzarra eredità:
costante inclinazione
agli sbalzi d’umore,
viscerale passione
per le tempeste,
sguardo di lupi,
incanto di presepi in controluce.
Passi cauti,
mi muovo al suo fianco.
Sussurriamo.
Lei mi racconta la sua solitudine,
io le rinnovo la mia.
Ma lei mi conosce:
da tempo mi osserva,
qualche volta mi invita.
Sedute,
l’una accanto all’altra,
facciamo gare di sospiri.


2)

Mi siedo, tanto vale.
D’altra parte una sala d’aspetto prelude a questo: aspettare.
Le pareti sono nude di un color pioggia sincera,
non vedo tavoli
né piante infiocchettate con trascorsi da inaugurazione.
La sala ospita solo me
e un’ordinata composta obbediente fila
di sedie grigio perla.
Intorno un silenzio profondo
come di neve.
Io sto.
Seduta,
respiro regolare
attendo un cenno,
un invito silente da parte della luna.
Dovrebbe arrivare a momenti.
Lei non ama le parole chiassose
le risate sparate al cielo:
lei ama la danza sulle punte
il fruscio delle cose segrete
Chopin
e la timidezza.
Forse per questo, siamo diventate amiche.


3)

Ci sei?
Si, dico a te.
Che c’è?
Non sei di luna stasera?
Esci fuori, non fare la scontrosa.
Ho bisogno di te.
Io ti amo, mia luna!
Io ti amo!
Affacciati.
Raccogli la mia tristezza.
Baciami sulla fronte.


4)

Non trovavo le parole.
Non le trovavo più.
Erano scivolate via.
Il dolore me le aveva nascoste,
pigiate in una sacca,
accalcate in una scatola,
chissà.
Erano tutte partite
senza nemmeno un saluto.
Orfana cercavo un’eco,
qualche traccia del loro passaggio.
Più nulla.
Passarono giorni, mesi, anni.
Poi una notte arrivasti tu,
Luna.
Fosti tu a richiamarle,
e il mio urlo di parole
fu così straziante
che persino tu
piangesti.


5)

Sotto il tuo abbraccio
tutto sembra più giusto.
Le forme si addolciscono,
i suoni del mondo si addormentano.
Qualcuno si abbraccia,
qualcuno muore,
qualcuno chiude una porta,
qualcun altro sale in un tassì.
La vita continua ma c’è silenzio.
C’è la vita in punta di piedi
ma non per questo meno dolente,
o meno operosa.
Tu appari così distante.
Solo nelle stanze dell’amore
regali il tuo sguardo umido,
carezzevole di baci e di brina.


6)

Lì,
uno di fronte all’altra.
Gomitolo di anni.
L’amore fantasma e immemore
di cento secoli fa,
ci si ritrova ora,
tesi e incompiuti,
parole sopra le teste.
Un pallido desiderio
di intrecciare mani,
inclinarsi per annusarsi ancora,
ciascuno dalla propria riva.
Silenzi dalle lunghe falcate.
Ci alziamo cadenti,
sonnambuli.
Una donna ascolta Mina
seduta sul bordo di una fontana:
“Non voglio ballare
c’è solo mezza luna stanotte”.
Dove hai la macchina?
Io di là.
Tu?
Di qua.
Fatti sentire.
No, sono all’antica.


7)

Avvoltolati in noi stessi
si piange la sera,
rigorosamente,
ciascuno nel proprio letto,
qualcuno anche in bagno.
Gli specchi sono tolleranti.
La luna anche.


8)

Se mi accompagnassi anche di giorno, Luna,
forse riuscirei a scorgere le ombre nere ed allungate
degli uomini indifesi
e provarne pietà,
corpi resi pesanti dalle tante attese.
Forse.
O forse diresti:
quelle che vedi, sono le tue.


9)

Non mi ispiri neanche un po’,
algida bastarda.
Stufa di questi idilli nei tuoi confronti,
io non ti guardo, né ti cerco.
Quel tuo pallore mi irrita.
Tanta bellezza per chi? Perché?
Forse è l’invidia che mi fa parlare.
Tu stai, e gli altri si muovono.
Io mi muovo, e gli altri stanno.
Scoperto l’arcano.


10)

Tutti a parlare bene della Luna.
Io voglio parlarne male,
malissimo.
Maledetta te.
Maledetta te che hai guardato muta
l’uccisione degli innocenti,
maledetta te che non lo hai salvato,
maledetta te che non ci hai protetti.
Sii maledetta per le notti di nero dolore,
maledetta per quel silenzio sulle nostre urla di carne viva,
maledetta per le coperte di ghiaccio,
maledetta per i sudori freddi lungo la schiena,
maledetta.
Per tanto altro io ti maledico,
per me,
per noi,
per chi legge questa maledizione.
Ecco, finalmente l’ho detto.
E ora ritirati pure,
offesa a morte.
Non me ne frega niente.
Qualcuno doveva pur dirlo.


garbarino.attila@gmail.com