FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 59
novembre 2021

Rovine

 

VERSO LA FOLLIA DEL SACRIFICIO
Jeannette L. Clariond, Davanti a un corpo nudo

di Marco Testi



Un poema nella nostra scena letteraria è cosa abbastanza rara. Ma ciò che rende Davanti a un corpo nudo della scrittrice messicana Jeannette L. Clariond un unicum è però anche altro: qualcosa che il lettore attento alle mode epocali non si aspetterebbe, un poema religioso oggi, quando il poema ma soprattutto la dimensione della religiosità sono oggetto di sospetto e etichettatura di fuori tempo massimo, tradotto dallo spagnolo da Alessio Brandolini (che ha curato la prefazione) strutturato come i prosimetri d’un tempo, con l’alternanza di una prosa assai vicina al limite primonovecentesco -soprattutto i vociani- del frammento, e con versi brevi e liberi, che affrontano un altro motivo apparentemente dimenticato dalla macchina editoriale: la sofferenza del Cristo, la croce, la deposizione e la permanenza nel sepolcro.

Dimensione esplorata già da Jacopone da Todi, qui sostenuta da una profonda sensibilità, in cui dolore e agape si incontrano in una poetica che trova precedenti visionari anche in Giovanni della Croce e in Teresa d’Avila, senza dimenticare Emily Dickinson. L’impossibilità di comunicare l’approssimarsi a una presenza divina nel momento apparentemente insensato della condivisione del dolore e dell’agonia nella poetica di Clariond si avvicina per alcuni versi a Teresa d’Avila e alla terribile e indicibile fusione di patimento e amore, eros e thanatos, assumendo nuove dimensioni di confine nel panorama della poesia contemporanea. L’eros, oltre che l’agape, è una dimensione ormai riconosciuta dell’incontro tra umano e divino, dimensione di confine, che si esprime con un linguaggio simbolico che possa comunicare, se si può usare questo termine, lo stato di alterazione psichica. Anche il Dante riportato alla superficie mediatica nella ricorrenza dei sette secoli dalla morte, aveva esperito la difficoltà di dire l’oltre. E le medesime fonti dantesche, anzi quella parte germinale proveniente dai poemi omerici e latini, non a caso ricorrevano all’invocazione alle muse e alla divinità per aver l’aiuto necessario a dire l’indicibile di eventi in cui il numinoso toccava le umane superfici.

La retorica delle figurae nasceva da questo tentativo di superare la difficoltà a esprimere l’incontro con il divino attraverso la parola d’occidente. In Davanti a un corpo nudo la poetessa torna alle parole della natura, del giardino, come aveva fatto uno dei modelli o comunque punto di riferimento imprescindibile, la Dickinson, ma anche alle suggestioni dantesche del paesaggio edenico evidenti nel Purgatorio, soprattutto nella misteriosa e affascinante figura di Matelda.

Il procedimento retorico della individuazione e talvolta dell’epifania degli elementi naturali assume le dinamiche di un tentativo di comunione con un Eden perduto, non solo nella memoria dei testi religiosi, ma anche in un presente di rovina e distruzione della Grande Madre. La materia assume, anzi, riprende il suo ruolo magico di manifestazione divina attraverso l’aiuto dei sensi nascosti che ci portano oltre la separazione antropica tra corpo e anima, eros e spirito. L’amore di un dio che decide di farsi corpo destinato alla violenza senza apparente senso comunica un lampo, un momento impercettibile e innumerabile in cui dall’incontro-scontro dei contrari emerge il senso ultimo. Le parole di Davanti a un corpo nudo esprimono una ricerca di senso nata prima delle codificazioni logico-razionali e del cristianesimo medesimo, che trova le sue radici nel tentativo di arrivare anche solo a sfiorare il significato di un inizio indicibile e non razionalizzabile.

Il corpo nudo del dio fattosi vittima provoca reazioni ambigue, che oscillano dalla paura alla fuga, fino all’amore estremo e al ricongiungimento. Nel corpo “sbiadisce il volto-nome-amore”: la carne è sottoposta alla dualità vuoto-pieno, alla ricerca di soddisfacimento e contemporaneamente a una sazietà fatta di tedio e immobilità mortale.

Davanti a un corpo nudo tenta, anche attraverso i rimandi a Memling e Paolo Uccello di arrivare all’impossibile racconto dell’incontro con una divinità che ha conosciuto per se stessa l’ade, la fine, il termine umano. Clariond è, tra i pochi qui in occidente, a tentare di dire la struggente nostalgia di qualcosa che è già stato nostro, tentativo riuscito a pochi, soprattutto donne, tra cui Emily Dickinson e Marilynne Robinson.

Una poetica che ripercorre le strade d’infanzia alla ricerca, direbbe Jung, del Rizoma. Anche se Dickinson, Robinson e Clariond si sono spinte oltre. L’intrecciarsi di sofferenza e gioia, speranza e follia nell’amore umano, troppo umano, trova in questo poema una arcaica motivazione, che scaturisce dalle narrazioni mitiche del sacrificio, che tentano di penetrare nel mistero dell’offerta di sé per cancellare il sospetto di assenza del divino e del senso stesso che sembra ritornare in questo nostro tratto di cammino.


Jeannette L. Clariond, Davanti a un corpo nudo, a cura di Alessio Brandolini, Edizioni Fili d’Aquilone, Roma 2021, pp. 114, 15 euro.




POESIE DI JEANNETTE L. CLARIOND
da Davanti a un corpo nudo


*

Signore, me ne sto inginocchiata davanti al tuo corpo nudo per chiederti di scendere e non sia eterno il mio dolore. Dal tuo volto chinato so che saprai ascoltarmi e intendere la mia pena, quel lago di mille onde che divora le mie viscere. Così entro tra le tue piaghe, grido rossastro del gobbo rugginoso.(*) Quando vedo il tuo volto mi affligge parlare di queste piccole cose che sono niente dinanzi al dolore che incorona la tua fronte. So che tu meglio di chiunque saprai ascoltarmi in questo immenso abbandono che vive in me fin dall’infanzia perché i bambini, che hai liberato e per i quali hai aperto le porte del tuo regno, vengono al mondo sotto il confuso amore dei genitori terreni.

(*) Oxyura leucocephala (in spagnolo: malvasía), uccello della famiglia degli Anatidae, dalla caratteristica livrea color ruggine, il capo bianco con vertice e parti inferiori nere. Nuota con una caratteristica postura, testa infossata, niente collo visibile, schiena fortemente arcuata, che è all’origine del nome italiano.


*

Quando osservo il tuo corpo, voglio che nulla mi disturbi né azzittisca la mia preghiera. Parlare con te è l’unico modo, oh mio amato, di entrare nelle tue piaghe, asciutta ferita del mondo che non posso più vedere perché l’ho tramutata in tumulti di luce. Qualcuno che non sapeva nulla di te, né conosceva il segreto del tuo nome, oscurò la saggezza eterna del tuo corpo. Oggi so che per alleviare la sete occorre attraversare la carne.

Viviamo l’ineluttabile solitudine di un assorto e profondo cielo.


*

Dal tuo corpo
discendi.
Ti guardo
come la valle
alla collina.
Sotto il saio
un tratto
delinea il calore
della tua carne.
Ho dato
tutto
con il fine
di rendere visibile
il mio desiderio:
tremo
sotto le ali
della pianura.
Tu ed io
ci illuminiamo
come due stelle
che da sempre
si sarebbero incontrate.
Ignoriamo
l’eterno
tra due esseri
dove non c’è mai stato bisogno
dove non c’è mai stata sete
dove c’è solo il tremore di quel bacio.


*

La bellezza non va mai a scapito dei sensi, avanza con lo spirito del vento. Annusa il ramo fiorito della morte. Si riversa sul biancospino, sulla quercia, sui corpi che galleggiano sulla sabbia della taciturna cresta. La bellezza illumina il futuro, le umide ombre delle colline. Pudica, consiglia allo schivo dolore che cresce come una bestia affamata nella prateria. Al momento della parola ogni calice è bello se sogna di essere un miscuglio di te e di me. Il suo sogno non cerca il cielo ma il senso della luce. Ah, che le tue mani siano un solo ramo con le mie.

Lentamente entrerai in me fino a incontrarti.





Jeannette L. Clariond
è nata a Chihuahua, in Messico, nel 1949 e vive a Monterrey.
Laureata in filosofia si è poi specializzata in letteratura spagnola e metodologia della scienza. Poeta, traduttrice (dall’italiano e dall’inglese), saggista ed editrice. Tra i suoi libri di poesia si segnalano: Mujer dando la espalda (Messico, 1991); Newaráriame (Messico, 1993); Desierta memoria (Messico, 1998 e Spagna 2002); Todo antes de la noche (Spagna, 2003); Amonites (Messico, 2004); Siete visiones (con Gonzalo Rojas, Spagna, 2004); Nombrar en vano (Messico, 2004); Los momentos del agua (Spagna, 2007; versione bilingue spagnolo-inglese, Messico, 2007); Leve sangre (Spagna, 2010); Cuaderno de Chihuahua (Messico, 2013), Marzo 10, NY, (versione bilingue spagnolo-inglese, Spagna, 2014), Tonalpohualli (Messico, 2017) e Ante un cuerpo desnudo (2019, Spagna - Premio Internacional de Poesía “San Juan de la Cruz”).
Ha ottenuto numerosi riconoscimenti e vinto importanti premi letterari. Diversi suoi libri sono stati tradotti e pubblicati all’estero.
Nel 2021 è stato pubblicato in Italia Davanti a un corpo nudo (Edizioni Fili d’Aquilone, a cura di Alessio Brandolini).


testimarco14@gmail.com