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La prima volta che ti ho visto, eri di spalle. La sensualità si nasconde anche nei rovesci. Camminavi altrove e io sentivo già una mancanza e una malinconia prima di aver visto i tuoi occhi ed il tuo sorriso, prima di aver sentito la tua voce. Ti allontanavi da me come avresti fatto qualche mese dopo, partivi verso la mia assenza senza accorgertene ed io rimanevo lì a guardare l'ovale del tuo bel culo.
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In pochissimi giorni la tua presenza mi è diventata indispensabile e cerco a tutti i costi un nuovo incontro, un plausibile pretesto, qualsiasi motivo per stare con te. Cancello riunioni, fingo di essere sofferente, arrivo in ritardo, salgo su treni e faccio giri assurdi che mi portano ripetutamente davanti alla tua porta. Ma non oso suonare il campanello e mi vergogno di questa ansia che non sa aspettare una tua telefonata o un tuo prossimo passo, e che non sa rispettare il protocollo seduttivo. Torno indietro, delusa per la mia mancanza di coraggio, e ti trovo pazientemente seduto sugli scalini ad aspettarmi con un libro sotto il portico di casa mia.
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Mesi d'estate come un intermezzo blu nel frenetico trascorrere del tempo. Giornate a far niente, notti infinite e prive di quotidianità, la vita davanti e lontani i problemi. Ore divise tra sesso, vino e poesia. Uscire occasionalmente dal letto per salire in macchina e guidare senza meta verso dove ci porta la luce, seguire le strade romane e perderci nei borghi antichi dove resistono ancora chiese del dodicesimo secolo e profanare insieme l'erba alta dei giardini parrocchiali
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Svegliami. Apri la porta col silenzio del feltro, lascia fuori stanza la tua parvenza, entra con le prime ore, infilati tra le pieghe del letto e infondi il tuo calore nelle mie parentesi. Taci. Lascia brezze e canti di uccelli colmare la calma, rimani immobile mentre cedo i miei sogni ad un tuo abbraccio. Stringimi. Fammi rinascere dall'ombra con soave letizia e la promessa di un caffè per salutare una nuova giornata. Ciao, è l'ora. Mormorami albori per impaurire l'indolenza e portami un croissant.
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Iniziano a cadere le foglie dagli alberi, ultimi giorni di verde in cui le piante fingono di essere vigorose per non indebolire. Ottobre si fa ruggine e si carica di pensieri nostalgici che mi ricordano quando i limoni erano in fiore e mi baciavi nel giardino. Ogni petalo che cade è un minuto in più che ci allontana da quella primavera in cui ci incontravamo sotto i castagni, tra ortensie e nontiscordardimé.
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Non so quante volte abbiamo fatto l'amore né quante volte ancora succederà, non so se i nostri corpi si abitueranno mai l'uno all'altro fino a sprofondare entrambi in una calma priva di erotismo o se, al contrario, saranno sempre sorpresi come se fosse il primo incontro. Meglio lasciare domande, dubbi e futuri incerti dietro la porta e continuare a fare quello che ci pare
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Sono mesi che dura il nostro viaggio, spero di non arrivare mai. A volte, quando dormi, oso sussurrare parole mai pronunciate perché non c'è bisogno, perché i corpi parlano da soli, perché il vocabolario amoroso pare sempre più ridicolo di quel che vorrebbe veramente significare, perché ho paura di spaventarti, perché non mi hai mai detto niente ed io non voglio essere l'unica a verbalizzare questa affezione. Lasciami amarti così, in silenzio.
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Il letto è vuoto quando mi sveglio, nessun rumore di doccia o caffè, nessun respiro, nessun profumo, il vuoto delle lenzuola gelide, l'assenza tua come morte, non rimane nemmeno la traccia della tua silhouette nel materasso, fantasma sparito nell'alba dei sospiri nonostante una permanenza di calore tra le mie cosce. Sfuggono immagini sfocate di una notte rovente di cui rimane solo il vapore nella brina mattutina. Dove sei? Cerco la tua presenza con domande che rimbalzano sui muri di pietra e cadono sul pavimento di legno scuro. Bisognerà aspettare il crepuscolo per la speranza di un tuo ritorno, o sognare nella vasca con bolle di sapone e mani subacquee.
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Due giorni che sei sparito, non rispondi più al telefono e non so come insistere. Non ricordo parola o gesto mio che ti avrebbe ferito, offeso o fatto arrabbiare, non c'è nulla che possa spiegare questo silenzio insolito tra di noi. Ti sei sviato dal nostro cammino e, mentre attendo e cado nella tua trappola, tu sarai già tra braccia altrui a pestare ed estinguere i mesi trascorsi assieme. Non voglio piangere questo cliché, né paragonare i miei seni con altri più giovani che stringi ormai.
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Non sei mio marito, nessun contratto ci ha mai legati, non c'è stato tempo, eravamo ancora nel periodo che trasforma due amanti in coppia, avevamo creato un rapporto di bramosia, senza parole, senza definizione, e te ne sei andato, ed io non sono niente, non sono tua moglie, non sono la madre dei tuoi figli, non abbiamo vissuto insieme né costruito nulla, abbiamo passato un anno sdraiati nelle città sognate, abbiamo viaggiato per potere scopare ovunque ed ora non ci sei più.
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Il tuo spazzolino da denti è rimasto in bagno, anche il tuo asciugamano. In cucina c'è una tazza mezza piena di caffè amaro che non hai avuto tempo di finire perché avevi fretta ed era troppo calda. Nel cestino di vimini rimangono i tuoi calzini puzzolenti, una maglietta sudata e pantaloni pieni di terra a causa di una lunga camminata in montagna. Te ne sei andato senza fare valigie, hai lasciato la tua esistenza in sospeso ed ogni oggetto mi fa credere ad il tuo prossimo ritorno.
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