altrimenti le strade si chiudono
al crocevia dell’istante
e con loro un po’ di cielo rasoterra
si ammucchia nella scodella
così
per mancanza di una mano sulla spalla
con quel niente da dire
opera di resistenza
che ben conosciamo
al centro del cerchio oscuro
pregno della vertigine
la solitudine agisce sottovoce
nella sua nudità
ogni giorno rinasce
come un malinteso
gli occhi scendono nel pozzo
ghiotto di metafore
scrigno della demenza
che ci toglie la pelle
difficile – lo sarà sempre – l’attraversamento
l’importante è trovare il lato dello strappo
qui tace la leggenda
noi intanto
come le spezie viaggiamo
avanziamo
con i giorni incartati
e una bottiglia piena d’aria dell’infanzia
e domeniche al paese con le statue di terracotta
il richiamo del barcaiolo
misurando al millimetro la galleria degli eventi
e all’apparire della luna nuova
forse troveremo una nell’altra
– malgrado la debolezza facendo gli scongiuri –
il nutrimento
ai piedi di un albero
nel ventre di un pesce
al centro di una foresta
finalmente diremo
lasciare
l’invidia
mordersi
la
coda
capire
il
non detto
i
colpi
di
coda
riportare
i
frammenti
di
un
discorso
amoroso
dirsi
tutto
(si
dovrebbe
potere)
scambiarsi
i
titoli
dei
libri
migliori
scriversi
di
sogno
in
sogno
amarsi
inquiete
sorelle
senz’
ombra
di
calcolo
cancellare
in
un
attimo
ogni
senso
del
vago
infine
telefonarsi
di
notte
per
parlare
non
degli
eventi
ma
del
loro
significato
e
se
comunque
scappa
la
vita
e
il
suo
significato
accompagnarci
per
mano
nei
nostri
deserti
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