FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 54
gennaio/aprile 2020

Fiabe & Follia

 

SCHIZOFRENIA

di Elizabeth Quila



*

Tu mirada se quedó en el reflejo,
de mi espíritu viejo que, tus parpados cerrados,
cual prisión perpetua,
me impiden morir al no dejarme escapar.
Me introduje en tus pupilas
y ahora escupo el llanto desde tu sonrisa bruja
que manipula mis recuerdos.
Despliego tus anhelos en otra convexidad
ahora que mi piel sin memoria
empujan tus manos a otro cuerpo
y tu boca prolonga mi aliento en otro grito,
en el instante en que sus minutos de felicidad
son mi obsidiana de pavor ante el olvido.


*

Il tuo sguardo rimase nel riflesso,
del mio vecchio spirito che, le tue palpebre chiuse,
quale perpetua prigione,
ostacolano la mia morte non facendomi fuggire.
Entrai nelle tue pupille
e ora sputo il pianto dal tuo sorriso strega
che manipola i miei ricordi.
Distendo i tuoi desideri in un’altra convessità
adesso che la mia pelle senza memoria
spingono le mani verso un altro corpo
e la tua bocca prolunga il mio respiro in un altro grido,
nell’istante in cui i suoi minuti di felicità
sono la mia ossidiana di spavento davanti l’oblio.


*

Sin provocar dolor,
guardándotelo para ti, para nosotras,
naciste mujer.
Avizorando que el mundo,
para nosotras,
sería salvaje dentro de la supuesta urbanidad.
Nació mi sino y la bendición del olvido.  
Llegaste de forma opuesta a cómo te irías,
décadas de pesadillas después.
Naciste trayéndome el nombre
que un día olvidaría.
Llegaste en silencio, sin llanto ni aspavientos,
quizá racionando
todas las lágrimas que habríamos de verter
las dos mujeres que te sucederíamos.
Siempre callada.
Tu madre, moriría desangrada, sin entrañas,
dando a luz el comienzo de una oscuridad.
Con tu séptima Navidad,
te convertiste en huérfana y madre a la vez.
Los años pasaron, como todo lo inexorable,
sin pausa ni prisa.
Mi madre sería la primera testigo,
en primera fila,
de cómo el olvido
comenzó a reírse de tus recuerdos.
Luego, un día, te marchaste.
La misma noche en que yo llegué.
De ti solo quedaron fotografías,
imágenes sin campo,
profundidades difusas, atemporales.
Efigies de sal humedeciendo mis pupilas.
De ti quedó la varita del hada del olvido,
que le entregaste a mi madre,
en el relevo.
Ese pedazo de maldición
que escondo en mi ningún sitio,
donde mis entrañas ya no gritan por salir
y ser parte del eslabón.
Mal o poco, puedo agradecerte el legado,
recrear lo que pudo ser tu presencia,
cuando a estas instancias
ya navego sin remo ni brújula
en mi propia ausencia de dimensiones paralelas.


*

Senza causare dolore,
mantenendolo per te, per noi,
sei nata donna.
Osservando che il mondo,
per noi,
sarebbe selvaggio all’interno della presunta urbanità.
Nacque il mio destino e la benedizione dell’oblio.
Arrivasti in modo opposto di come te ne saresti andata,
dopo decenni di incubi.
Nascesti portandomi il nome
che un giorno avrei dimenticato.
Arrivasti in silenzio, senza pianto né affanno,
forse razionando
tutte le lacrime che avremmo versato
le due donne, noi che saremmo venute dopo di te.
Sempre tranquilla.
Tua madre, sarebbe morta dissanguata, senza viscere,
dando alla luce l’inizio di un’oscurità.
Al tuo settimo Natale,
diventasti orfana e madre allo stesso tempo.
Gli anni passarono, come tutte le cose inesorabili,
senza soste né fretta.
Mia madre divenne la prima testimone,
in prima fila,
di come l’oblio
iniziò a ridere dei tuoi ricordi.
Poi, un giorno, te ne sei andata.
La stessa notte in cui sono arrivata io.
Di te rimasero solo le foto,
immagini senza campo,
profondità diffuse, atemporali.
Effigi di sale che inumidiscono le mie pupille.
Di te restò la bacchetta della fata dell’oblio,
che regalasti a mia madre,
nel cambio.
Quel pezzo di maledizione
che nascondo in me in nessun luogo preciso,
dove le mie viscere più non urlano per uscire
e far parte del legame.
Male o poco, posso ringraziarti del lascito,
ricreare ciò che poteva essere la tua presenza,
quando a tali istanze
già navigo senza remi né bussola
nella mia stessa assenza di dimensioni parallele.


*

Te supe mendigo
por la mirada extendida hacia tu penumbra,
por tus manos cerradas
a la luz de mis pasos ignorándote,
mientras tus pies descalzos
transitan sobre la tierra de mis sueños.
Mas, la pordiosera soy yo,
extraña de todos,
carente de mí,
vestida de mentiras,
desnuda de calor,
aterida de sin razón,
mordiendo la manzana amarga de tu olvido
estremeciendo el veneno
donde ya no está tu voz.


*

Ti facevo mendicante
per via dello sguardo teso verso la tua penombra,
per le tue mani chiuse
alla luce dei miei passi che ti ignoravano,
mentre i tuoi piedi nudi
transitano sulla terra dei miei sogni.
Invece, la mendicante sono io,
estranea a tutti,
priva di me,
vestita di menzogne,
spoglia di calore,
intirizzita senza una ragione
e mordo l’acida mela della tuo oblio
scuotendo il veleno
dove non c’è più la tua voce.


I testi tradotti provengono dalla raccolta inedita Esquizofrenia (2020).

Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini


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