FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 53
settembre/dicembre 2019

Immersioni

 

FISH

di Emanuela Chiriacò
(con un disegno di Stefano Cardinali)



Prima di entrare in casa, Jamie Osterberg si fermò a fissare l’unica foglia rimasta in cima all’albero del giardino antistante. Una lieve folata di vento la staccò e come una velina sottile rossa e croccante prese a danzare scomposta. Atterrò vicino ai suoi piedi con il palmo rugoso rivolto verso l’alto, e con un flebile tremore sembrò salutare lui e l’arrivo dell’inverno. Jamie aprì la porta e sentì le voci di sua madre, della signora Fitzpatrick e della signorina Maxwell riunite in salotto per il consueto tè del venerdì. Suo padre era in cucina a prepararsi un sandwich. Appena entrò vide un’ampolla vuota sul tavolo e dietro una busta trasparente annodata piena d’acqua con dentro un pesce rosso.

«È un regalo per te» – disse suo padre – «ti piace? Nonno Osterberg ha detto di chiamarlo per spiegarti cosa fare.»

Jamie incredulo che suo padre non si rendesse ancora conto dei suoi sedici anni, mormorò un grazie indeciso, prese il telefono e chiamò suo nonno.

«Sono Jamie, papà mi ha detto di chiamarti. Cosa devo fare con il pesce rosso?», ebbe la tentazione di chiedergli cosa diavolo devo farci? ma si trattenne.

«Ci vogliono due minuti, figliolo, due minuti due volte al giorno» disse suo nonno «quattro minuti in tutto. Apri il barattolino del mangime, ne pizzichi un po’, lo butti nell’ampolla e aspetti che si posi sul fondo. Il pesce mangerà tutto e tu sarai libero di fare le tue cose.»

Mentre versava il pesce nella boccia pensò che lo avrebbe chiamato banalmente Fish; poi lo portò in camera, e si preparò per uscire. Da un mese a questa parte, la band con cui suonava si riuniva quotidianamente per lo spettacolo della scuola. Le prove si tenevano nel garage di Nicholas Vaughn, a soli tre isolati.

Nick aveva già inforcato la chitarra elettrica, Duncan Kilkenny il basso e Lucinda Marie Horowitz era seduta alla batteria; Jamie acciuffò il microfono, lo picchiettò un paio di volte e fece il suo annuncio: «Ragazzi, è ufficiale! Ho un pesce rosso» – e rise – «me lo ha regalato mio padre» – e rise ancora – «durante il tragitto mi è venuta l’idea per un cazzo di pezzo che potremmo portare come inedito allo spettacolo».

«Basta che non sia un pezzo del cazzo» - disse Nicholas ridendo – «Dai scherzo! Faccelo sentire e decidiamo insieme.»

«Una canzone su un pesce rosso? Che idea stupida! Non mi pare il caso di complicarci la vita, il tempo a disposizione è poco» borbottò Lucinda.

«Sì, mancano solo quattro giorni e l’idea forse è stupida» – aggiunse Duncan per compiacere Lucinda di cui era innamorato – «ma vorrei ascoltarla anch’io, di solito sono proprio le idee del cazzo quelle che funzionano meglio.»

Mentre il monologo di Antigone recitato da una certa Rose Archer della prima A con voce bassa e monocorde iniziava a intorpidire il pubblico, la signorina Hart, responsabile degli eventi scolastici, fece cenno a Jamie di tenersi pronto che subito dopo sarebbe toccato a lui e al suo gruppo.

Entrarono in scena con una certa preoccupazione ma non appena iniziarono a suonare e Jamie intonò This is a Fish, la sala assonnata sembrò svegliarsi, e pian piano tutti i presenti iniziarono a ballare.

Durante il tragitto verso casa, Jamie pensava al suo primo trionfo, al piacere che aveva provato nel sentir battere le mani e all’eccitazione che il suo nome urlato gli aveva procurato, e perso in quei pensieri, il viaggio da affrontare con Fish e i suoi genitori per raggiungere i nonni a Charlevoix gli parve meno fastidioso del solito.

Al loro arrivo, la cena era già in tavola. Dopo aver posato Fish sul tavolino del salotto, Jamie prese posto alla sinistra di suo nonno che puntandogli l’indice storto come una radice di pino che fugge dal terreno sembrò battere il tempo in direzione del suo naso, e seguendo il solito tragitto narrativo preciso e mai violato, disse: «Lo sai figliolo che Michigan deriva dal termine meicigama che nella lingua Chippewa significa "grande acqua"? Domani mattina ci potresti pattinare, il lago è tutto ghiacciato adesso!»

«Sì, certo nonno. Me lo racconti ogni volta che ci vediamo e il lago è ghiacciato anche da noi!» – disse alzando gli occhi verso l’alto, poi premendo i rebbi della forchetta sul purè di patate continuò – «Dopo cena, ti va di ascoltare la canzone che ho scritto per Fish?»

«Jamie, non essere scortese con il nonno. E poi non lo vedi che è stanco, non può stare appresso alle tue cose. Lascialo in pace!» disse sua madre.

Se le parole di sua madre lo ferirono, il silenzio complice di suo padre gli parve insostenibile tanto da alzarsi e congedarsi con la scusa di non avere più fame. Fish volteggiava senza sosta nella boccia, forse agitato dall’intermittenza delle luci dell’albero di Natale, e Jamie tamburellò sul vetro per attirare la sua attenzione, prima di prenderlo in braccio e salire le scale.

Le lattine di birra rubate dal frigo si erano tenute fresche sul davanzale e con la schiena poggiata sull’imbotto della finestra beveva e guardava un po’ Fish impegnato nel suo viaggio senza meta e senza sosta e un po’ i puntali degli alberi che si muovevano lenti sotto un vento gelido; il cielo era carico e la neve sembrava pronta a cadere. Quando scolò l’ultimo sorso della terza lattina, i suoi movimenti erano rallentati e goffi. Abbassò la ghigliottina, tirò distrattamente la tenda e cadde sul letto.

Il mattino seguente, il profumo insistente della colazione lo svegliò. Aprì gli occhi collosi e se li strofinò, poi si asciugò la bocca con le nocche della mano e volse lo sguardo verso Fish ma la boccia non c’era. Con i gomiti si puntò per alzare la schiena e restò seduto qualche istante prima di cacciare i piedi nelle pantofole. Dove diavolo è Fish? Forse il nonno lo ha preso per dargli da mangiare.

In bagno svuotò la vescica ammirando compiaciuto il getto giallo acido che centrava il buco con precisione quando gli parve di scorgere una goccia rossa scura galleggiare. Avvicinandosi, capì che era solo il riflesso della tendina del bagno.

Avrebbe voluto tornare a letto ma esitò, tirò la tenda della camera con un colpo secco e in quel preciso istante cacciò un urlo che fece precipitare tutti su per le scale.

Sentiva chiamare il suo nome in rapida sequenza ma non riusciva a rispondere.

Entrarono in fila indiana e notarono subito il rosso della pelle di Fish illuminato dalla luce obliqua di un pallido raggio che filtrava dal cielo marezzato. Se ne stava lì sul davanzale con una pinna piegata e l’altra aperta catturato come un fermo immagine tridimensionale nella boule ghiacciata. La miniatura di un piccolo cristo monco.

«James Newell Osterberg Jr. questa volta l’hai combinata grossa!» sentenziò sua madre.

Suo padre con la mano affusolata e nodosa gli catturò scapola e clavicola e premette: «Figliolo, non è successo niente, non è successo niente!»

Il non senso delle loro parole lasciò Jamie immobile e opaco con le braccia conserte e le labbra schiuse in un allungamento forzato. Il tarlo della mancata appartenenza e la malora affettiva che gli procuravano, gli riverberavano in testa un’unica domanda ossessiva: come cazzo fanno a essere mia madre e mio padre?

Quando vide sua madre, suo padre e sua nonna salire in macchina per andare in città per gli ultimi acquisti natalizi, Jamie scese al piano di sotto.

Suo nonno gli allungò i pancake, lo sciroppo d’acero, e un caffè, poi con un sorriso bonario gli disse:

«Preparati ragazzo, io, te e Fish oggi andiamo a Petoskey, sul lago Torch. Gerald Schipinski ci aspetta.»

«Chi diavolo è Gerald Schipinski?»

«Un ragazzo meno fortunato di te.»

L’affermazione gli parve quanto meno improbabile al pensiero di sua madre in quanto tale, di tutte le volte che la beccava a frugare tra le sue cose per scoprire se facesse sesso o si drogasse, e del mutismo complice di suo padre.

Con quei pensieri sghembi nella testa, si infilò gli scarponcini, prese Fish, lo pose sul retro del pick up e partirono per Petoskey.

«Chi è Gerald Schipinski, nonno?»

«Era l’ultimo figlio di Greg e Brenda Schipinski, i proprietari di un’azienda agricola che produce granaglie. Un giorno di sei anni fa Gerald guidava il trattore e teneva una pistola accanto per sparare ai corvi che stavano danneggiando il raccolto. Durante una frenata, la pistola è caduta e non avendo la sicura inserita ha scaricato tutti i proiettili. Uno lo ha centrato al cuore. La famiglia devastata dalla sua morte ha commissionato un monumento commemorativo, la statua di un Cristo in marmo bianco. Durante il trasporto in nave dall’Italia agli Stati Uniti però la statua è rimasta danneggiata. Gli si è staccato un braccio e alla consegna, la famiglia ha rifiutato di pagare i 2.500 dollari dovuti. Dal momento che pesa 1.800 libbre ed è alta 11 piedi non era possibile rimandarla indietro e l’agenzia assicurativa ha deciso di metterla all’asta. L’ha acquistata il club dei sommozzatori di Wyandotte per collocarla a Little Traverse Bay per onorare un subacqueo che è annegato nel lago Torch. Adesso è dedicato a tutti quelli che sono morti in acqua.»

«Caz…volo! Ma è una storia pazzesca, una storia rock. E anche tu nonno lo sei! Ma noi che ci andiamo a fare?»

«Andiamo a seppellire Fish. Quando l’ho visto ho pensato subito al Cristo dei ghiacci! Tu intanto fammi sentire il tuo pezzo!»

La voce di Jamie sommerse il Ford F-100 verde chiaro che a velocità sostenuta percorreva quei ventisei chilometri necessari per raggiungere la destinazione. Appena finito, disse:

«Allora che ne pensi? Ti piace?»

«Sì, hai scritto un gran bel pezzo ragazzo! Come si chiama il tuo gruppo?»

«The Iguanas.»

«Allora dovresti farti chiamare Iggy.»

«Iggy? Sì, Iggy, non è male!»

«Farai strada nella musica ragazzo, lo so!»

Poi all’improvviso suo nonno aprì il finestrino e cacciò fuori la testa, annusò l’odore degli alberi, e la pelle cresciutagli sotto al collo ricordava la ruvidezza dei loro tronchi, ma non appena il freddo intenso gli intorpidì la faccia riavvolse la manovella, e con una voce mesmerica e lontana disse:

«Questa è la storia di una terra che finisce dove la grande acqua comincia. Questa è la storia della mia memoria che inizia a vacillare e del tuo sogno che prende forma. Questa è la storia di un rapporto tormentato tra un ragazzo e un pesce rosso. Questa è la storia di James Newell Osterberg Sn., James Newell Osterberg Jr. e del povero Fish. Non dimenticarla mai figliolo! Anche quando ti sembrerà di mettere insieme squarci di ricordi sbiaditi, rimarrà comunque la storia del nostro Natale del 1963.»

La croce se ne stava lì nella sua teca di ghiaccio, coperta da una tenda nera circondata dal nulla più bianco del bianco. Forse per le dimensioni o per l’impatto della prima volta, un senso di distacco quasi timoroso portò Jamie a indugiare solo sul volto e sulle labbra ma se ne allontanò subito, e si mise a camminare per scegliere il punto in cui riporre la boccia che aveva catturato Fish per sempre.

La neve aveva ripreso a cadere sfarinandosi, e prima di risalire sul furgoncino, nonno Osterberg gli disse: «Resta concentrato sulla musica Iggy, non lasciarla mai e tieni sempre a mente che per diventare famosi non basta essere bravi, bisogna costruirsi un personaggio. Fossi in te prenderei spunto dal Cristo di Petoskey, canterei a torso nudo! E adesso monta su e cantami ancora This is a Fish».





Questa è una storia di fantasia; è la storia dei sedici anni di James Newell Osterberg Jr. noto come Iggy Pop mista a quella vera del Cristo di Petosky (solo i nomi di battesimo dei coniugi Schipinski sono inventati). Ho immaginato che Iggy Pop incontrando Emir Kusturica e Goran Bregovic gliel’abbia raccontata e che l’inesistente This is a Fish sia diventata This is a film (Traccia n.10 della colonna sonora del film Arizona Dreams di Emir Kusturica).
Ringrazio Stefano Cardinali per la bellissima illustrazione.


Thisis a film about a man and a fish
Thisis a film about dramatic relationship between man and fish
The man stands between life and death
The man thinks
The horse thinks
The sheep thinks
The cow thinks
The dog thinks
The fish doesn’t think
The fish is mute, expressionless
The fish doesn’t think because the fish knows everything
The fish knows everything


emanuela.chiriaco@hotmail.com
cardstefano@libero.it